‘8 giugno scorso, Arcigay ha scritto una lunga lettera al Ministro della Salute Livia Turco in merito alla questione della donazione del sangue per le persone omosessuali. La lettera riprende sostanzialmente le richieste già effettuate nel marzo scorso al’ex-ministro Francesco Storace e inviate per conoscenza anche alla Segretaria della Commissione nazionale per i Servizi Trasfusionali, al Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, al Presidente ed al Coordinatore della Commissione Salute della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.
Il Ministro della Salute ha risposto ad Arcigay il 12 settembre scorso.
In sintesi le richieste di Arcigay erano:
a) la conferma della centralità del invece che della’categori’ quale variabile di rischio;
b) ‘esplicitazione che né il comportamento omosessuale né tantomeno l’identità omosessuale possano essere di per sé trattati alla stregua di cause di esclusione;
c) la promozione di un programma nazionale di aggiornamento professionale rivolto agli operatori sanitari sui temi del colloquio clinico con pazienti omosessuali;
d) la predisposizione, di concerto con le associazioni di categoria, di una campagna informativa sui criteri di idoneità alla donazione, in grado di spiegare chiaramente ed in modo trasparente, anche alle persone omosessuali, le ragioni delle eventuali esclusioni fondate sui comportamenti a rischio;
e) la comunicazione dei risultati dell’inchiesta nazionale annunciata dal precedente Ministro On. Francesco Storace lo scorso settembre per accertare lo stato dell’arte dei centri trasfusionali in fatto di selezione dell’idoneità dei donatori omosessuali;
f) la convocazione, dopo anni di silenzio, della Consulta delle Associazioni di lotta contro l’AIDS.
Ecco qui pubblicate integralmente la lettera di Arcigay e la risposta della Turco
Al Ministro della Salute
On. Livia Turco
Ministero della Salute
Lungotevere Ripa 1
00153 Roma
Bologna, 7 giugno 2006
Oggetto: persone omosessuali e accertamento dell’idoneità alla donazione del sangue
Ministro Turco,
Raffaele Lelleri, responsabile Salute Arcigay
In questo periodo è in corso la stesura del Decreto riguardante i criteri di accertamento dell’idoneità fisica del donatore e della donatrice di sangue (art. 3, IV comma, Legge n. 219/2005).
A questo riguardo desideriamo trasmetterLe, in qualità di cittadini e cittadine omosessuali, di donatori così come di pazienti, alcune considerazioni che riteniamo di rilievo.
Il protocollo attualmente in vigore consente di utilizzare anche il sangue dei donatori omosessuali che risultino idonei. Ciò grazie all’abrogazione, nel 2001, dell’ingiustificato divieto che li escludeva in toto.
Ciononostante, vi sono ancora centri trasfusionali che non accettano donatori omosessuali, contro il parere pubblicamente espresso dal precedente Ministro On. Francesco Storace e da altri autorevoli esponenti quali il Governatore della Regione Veneto Giancarlo Galan, i Presidenti dell’AVIS nazionale e del Veneto Andrea Tieghi e Alberto Argentoni, il Presidente di ANLAIDS prof. Fernando Aiuti.
In merito alla questione teniamo a sottolineare che:
• quello del donatore non è né può in alcun modo essere considerato un diritto assoluto: a prevalere deve infatti essere sempre il diritto del ricevente;
• è nell’interesse di tutti, e quindi anche nel nostro, che il sistema sia quanto più sicuro possibile. Un elevato livello di prudenza nella selezione dell’idoneità è più che legittimo. Al fine di garantire condizioni di questo tipo, è fondamentale che le scelte e le politiche siano fondate su dati oggettivi di realtà e non invece viziate da equivoci, luoghi-comuni, improprie generalizzazioni, apriorismi o persino pregiudizi — il costo da pagare sarebbe, altrimenti, duplice: non solo in termini di inefficacia del sistema, ma anche di vera e propria discriminazione delle persone;
• a questo proposito, ci preoccupa in particolar modo la ri-proposizione, da parte di alcuni, del solo comportamento omosessuale quale criterio di esclusione: si tratta di un atteggiamento di fatto falsamente colpevolizzante per alcuni (le persone omosessuali, nel nostro caso) e de-responsabilizzante per altri (le persone eterosessuali). Ancora radicato è il rischio, a nostro parere, che si applichino due pesi e due misure a seconda dell’orientamento sessuale dei donatori sessualmente attivi;
• anche tra i maschi omosessuali esistono radicali differenze nei comportamenti sessuali. Non ci sembra quindi adeguato considerarli un gruppo omogeneo rispetto alla valutazione del rischio, che dovrebbe invece includere elementi comportamentali particolarmente rilevanti — e trasversali — quali, ad esempio, il numero di partner, le pratiche sessuale e, soprattutto, l’utilizzo o meno del preservativo nei rapporti sessuali.
In ogni caso, il discorso non va affrontato solamente in termini di ‘diritti reclamati’ e ‘diritti negati’, poiché risulterebbe fuorviante e riduttivo.
Siamo infatti completamente d’accordo con il Presidente della Società Italiana di Medicina Trasfusionale e Immunoematologia (SIMTI), Pietro Bonomo, che in una lettera pubblica dell’8 settembre 2005 commenta che, nella medicina trasfusionale, altre sono le dimensioni alla base della qualità: “Possono esistere norme, leggi e codici di auto-regolamentazione, ma la garanzia ultima per la sicurezza del malato sarà sempre la sensibilità clinica ed umana del medico che, nell’ambito riservato di un rapporto con il singolo donatore, sappia cogliere anche gli aspetti intimi del suo stile di vita”.
Alla luce di tali riflessioni e con l’obiettivo di tenere contemporaneamente in debita considerazione tutti i fattori in campo, Le facciamo gentilmente le seguenti richieste:
• che il Decreto di prossima uscita sui protocolli di accertamento dell’idoneità fisica del donatore e della donatrice confermi l’orientamento del Ministero da Lei retto sulla centralità dei ‘comportamenti’ a rischio piuttosto che delle ‘categorie’, coerentemente con quanto già definito sia nel Decreto del 26 gennaio 2001 che nel recente Decreto del 3 marzo 2005;
• che al fine di evitare interpretazioni erronee e pregiudizievoli, nonché gravi disomogeneità di applicazione della normativa a livello territoriale, sia esplicitato che né il comportamento omosessuale né tantomeno l’identità omosessuale possano essere di per sé trattati alla stregua di cause di esclusione;
• che venga promosso un programma nazionale di aggiornamento professionale degli operatori sanitari sui temi del colloquio clinico con pazienti omosessuali, affinché questo sia più rispettoso, deontologicamente corretto e soprattutto efficace. Come scrive Pietro Bonomo, “la selezione clinica del donatore [deve essere…] basata su un rapporto fiduciario tra donatore e medico, nel quale il primo riversa la sua disponibilità responsabile, il suo spirito di volontariato e di solidarietà, e il secondo la sua professionalità, le sue conoscenze basate sulla evidenza medica e scientifica, la sua sensibilità clinica e la sua capacità di una corretta informazione al donatore”. In Italia, vari esperti, provenienti anche dal privato sociale, lavorano da anni in questo settore e potrebbero essere utilizzati a questo fine;
• che, come è già avvenuto nel Regno Unito ed in Belgio, il Ministero predisponga, di concerto con le associazioni di categoria, una campagna informativa sui criteri di idoneità alla donazione, in grado di spiegare chiaramente ed in modo trasparente, anche alle persone omosessuali, le ragioni delle eventuali esclusioni fondate sui comportamenti a rischio;
• che vengano resi noti i risultati dell’inchiesta nazionale annunciata dal precedente Ministro On. Francesco Storace lo scorso settembre per accertare lo stato dell’arte dei centri trasfusionali in fatto di selezione dell’idoneità dei donatori omosessuali. Sono state evidenziate responsabilità amministrative e comportamenti sanzionabili? A che punto è la sollecitazione promessa diretta alle Regioni affinché facciano dei controlli diretti in questo comparto? Siamo a conoscenza di servizi dov’è esposto materiale informativo che riporta ancora le categorie di esclusione precedenti al 2001: il Ministero le ha rilevate? Che azioni correttive ha intrapreso?
Infine, riteniamo improcrastinabile la realizzazione anche in Italia di una indagine epidemiologica di elevato profilo sulle persone omosessuali, che sappia distinguere tra comportamenti omosessuali a rischio e comportamenti omosessuali non a rischio, identificando e risolvendo così i fattori di confondimento spesso presenti negli studi di questo tipo.
La invitiamo a promuovere una ricerca di questo tipo che, specie se impostata e realizzata in modo partecipato, potrebbe fornire dati e informazioni validi e attendibili e contribuire in tal modo a risolvere definitivamente una serie di incognite.
Ministro,
siamo pronti a portare il nostro contributo per un sistema sanitario europeo, accogliente e rispettoso nei confronti di ciascuno e di ciascuna. Riteniamo di poter mettere a disposizione una serie di importanti risorse di comunità al riguardo.
Le chiediamo di riconoscere e valorizzare la presenza e l’esperienza di realtà del privato sociale come Arcigay, anche attraverso la modalità dei tavoli di partecipazione e condivisione come la Consulta delle Associazioni di lotta contro l’AIDS, che da molti mesi oramai attende di essere convocata.
Distinti saluti,
Sergio Lo Giudice, Presidente nazionale Arcigay
Raffaele Lelleri, Responsabile nazionale salute di Arcigay
Ministero della Salute,
12 settembre 2006
Gentilissimo Presidente,
Livia Turco, Ministro della Salute
le considerazioni espresse nella lettera del 9 luglio u.s., a firma S.V e del Responsabile nazionale Salute del’Arcigay, in merito alla delicata questione dei criteri generali per la selezione del donatore del sangue pongono correttamente in evidenza ‘interrelazione medico – aspirante donatore, snodo fondamentale del percorso per la sicurezza trasfusionale ed in particolare del’articolata e delicata fase del’accertamento del’idoneità del donatore.
Al riguardo, già nel 2001, anche sulla base delle indicazioni degli Organismi europei, nella nostra normativa è stato rimosso ogni riferimento a "categorie a rischio" focalizzando, invece, ‘attenzione sulla più ampia e variegata categoria dei "comportamenti a rischio". Nè sono stati a tut’oggi rilevati validi motivi per modificare detta impostazione, ribadita con i "Protocolli per ‘accertamento del’idoneità del donatore di sangue ed emoderivati", fissati con il decreto ministeriale del 3 marzo 2005.
Le segnalo, inoltre, che la recente disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazionale degli emoderivati, introdotta dalla legge 21 ottobre 2005, n. 219, prevede ‘istituzione di due nuovi organismi – la Consulta tecnica permanente ed il Centro nazionale sangue – ai quali è affidato un ruolo di rilievo nella predisposizione dei protocolli per ‘accertamento del’idoneità fisica del donatore o della donatrice.
La Consulta, inoltre, in quanto composta dai rappresentanti delle Regioni, delle Società scientifiche, delle Associazioni di donatori volontari e dalle Associazioni dei malati, sarà la sede in cui potranno essere affrontate tutte le problematiche connesse al complesso sistema trasfusionale e considerati i diversi contributi, con la finalità di tutelare la salute dei pazienti che necessitno di trasfusioni di sangue.
Colgo ‘occasione per inviarLe cordiali saluti.
Con viva cordialità ed amicizia,
Livia Turco