Anch’io vittima del bullismo anti-gay

  

Mi chiamo Marco F., ho 18 anni, e voglio vuotare il sacco, per la prima volta.

Fin dalle elementari sono stato chiamato con appellativi dispregiativi, come "frocio" o "checca".

I miei compagni, ignari ma perfidi, mi sottoponevano per la mia diversità caratteriale (ero considerato troppo dolce), per il mio disamore verso il calcio (per loro era impossibile che non mi piacesse), per il fatto che non mi lasciassi coinvolgere nelle loro stupide iniziative o giochi, a scherzi e improperi, fino a tentativi di denudarmi in pubblico per accertarsi della mia sessualità.

Per la mia timidezza, le maestre non si sono mai accorte di tutto questo e 'unica volta che ho reagito con violenza a questi comportamenti, dando per difesa un calcio ad un mio compagno, mi hanno difeso, ma non sono riuscite a comprendere il gesto di quel bambino che non aveva mai alzato le mani verso qualcuno.

Con il passaggio alle scuole medie, il clima intimidatorio non è cambiato, anche perchè alcuni vecchi compagni delle elementari avevano influenzato quelli nuovi, portandoli a fare quello che loro facevano.

Un bambino di 11 anni non riesce a razionalizzare le proprie propensioni sessuali, quindi continuavo a subire passivamente, anche se la mia progressiva crescita psicologica faceva sì che le mortificazioni fossero solo verbali, grazie fortunatamente ad un maggiore controllo a cui vengono sottoposti gli alunni alle scuole medie.

Sia per la scaltrezza dei miei compagni a non pronunciare certe frasi in presenza degli insegnanti, sia per una certa tendenza al menefreghismo che caratterizza parte del corpo docente, ho dovuto continuare a "difendermi" da solo, perchè provavo vergogna oltre ad un po’ di orgoglio, a raccontare questi fatti agli adulti.

La parte peggiore della vita scolastica era 'ora di educazione fisica, quando ci dovevamo recare allo spogliatoio.

Lì, forti del fatto che nessuno li potesse sentire, si lasciavano andare alle battute più oscene, ipotizzando 'inesistenza del mio sesso fino al'omosessualità di mio padre.

Uno degli episodi peggiori, consumatosi stavolta in aula, è stato quando, mentre la “prof” di scienze spiegava il sistema respiratorio, alcuni compagni, sempre di sesso maschile, si sono avvicinati per accertarsi se la mia respirazione fosse addominale o pettorale, cioè maschile o femminile.

Naturalmente, dal'insegnante nessuna reazione.

Con il passaggio alle superiori, il cambiamento radicale delle persone, anche per quanto riguarda 'estrazione sociale, e una maggior consapevolezza sia mia che altrui delle questioni legate al'omosessualità, il clima, si è leggermente disteso, anche se inizialmente mi erano stai comunque affibbiati gli stessi appellativi che mi incollato negli anni precedenti.

Ora sono dichiarato con qualche compagna e il mio compagno di banco e va molto meglio.

Non ho mai pensato al suicidio, non 'ho fatto perchè ho un carattere forte e ho imparato a non curarmi delle opinioni altrui anche se questo obiettivamente mi a portato ad essere un po’ isolato.

Oggi si è ucciso un mio quasi coetaneo a Torino.

' il gesto estremo di una persona che non è stata capita e aiutata.

Per la sua gentilezza ed educazione, qualità che spesso si percepiscono come disvalori, è stati preso di mira.

Provo un profondo disprezzo verso le persone che lo hanno portato a fare quel gesto ed estrema solidarietà verso di lui e la sua famiglia.

So purtroppo che questi non sono sentimenti che cambiano le cose.

La scuola non può fare molto. Molte delle iniziative che da essa vengono promosse sono completamente ignorate dagli alunni.

Servirebbero iniziative rivolte non a noi giovani, ma agli adulti perchè si facciano carico di indirizzare i propri figli (noi!) alla tolleranza.

Marco F. – Roma


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