Il bullismo omfobico esiste e miete vittime

  

Gentile Redazione di Repubblica Torino,

Vi scrivo in merito al commento apparso il 26 settembre sulla prima pagina della cronaca di Torino a firma di Ettore Boffano.

E’ davvero incredibile assistere al logoramento progressivo del dibattito sui diritti delle persone gay, lesbiche, bisessuali e transessuali: si è partiti, ormai alcuni anni fa, da una richiesta di affermazione di alcuni diritti positivi da parte del movimento, a cominciare dal riconoscimento pubblico delle coppie omosessuali. La classe dirigente ha presto accantonato questa richiesta, giudicandola estremistica; si è così passati a ragionare sui diritti dei singoli conviventi. Ma anche questo tipo di discorsi è stato presto abbandonato. Ci siamo illusi, noi del movimento, che almeno avremmo potuto registrare il consenso del mondo politico sulla domanda di protezione dell’integrità fisica e psicologica delle persone, attraverso la richiesta di una legislazione di tutela contro la violenza omofobica a transfobica, e tramite interventi educativi di lungo periodo da portare avanti a partire dalle scuole. Anche perché, è bene ricordarlo, l’omofobia è in drammatico aumento in varie parti d’Europa, come hanno bene messo in evidenza un recente rapporto pubblicato da Human Rights First e, nel caso italiano, una relazione consegnata dai e dalle rappresentanti del movimento LGBT alla Commissione Giustizia della Camera, dov’era in discussione il cosiddetto “pacchetto anti-violenza”. Sul versante del bullismo omofobico, occorre poi ricordare che in un recente studio, condotto da ILGA Europe e presentato al Consiglio d’Europa, si mette in evidenza come il tasso di suicidio degli adolescenti omosessuali sia più alto rispetto alla media, e ciò sarebbe legato al clima di “marginalizzazione, stigmatizzazione e discriminazione” che essi vivono.

Ma nonostante tutto ciò, apprendiamo oggi dalle parole di Boffano che il problema è stato enfatizzato, estremizzato addirittura, dai media, ovviamente istigati dalle solite tendenziose associazioni LGBT. Che le cause del suicidio di Matteo non sono certo da imputare al clima di intolleranza che lui stesso aveva denunciato a sua madre, ma a “circostanze che riguardano la sfera privata della sua vita e della sua famiglia”. Che l’archiviazione del caso dimostra l’assenza di responsabilità e che, dulcis in fundo, occorre indagare se le accuse rivolte ai compagni di scuola e agli insegnanti, oltre a ledere dignità e prestigio della scuola, non abbiano anche “segnato la coscienza e la vita di un gruppo di adolescenti”.

Insomma: come ci si può rendere responsabili di un così eclatante stravolgimento della realtà? E’ evidente che il caso è stato archiviato, con una decisione legittima oltre che prevedibile, perché la magistratura non ha riscontrato prove sufficienti per porre a carico di singoli l’accusa di istigazione al suicidio. Ma questo, sarebbe giusto ricordarlo, non cancella le responsabilità morali che molti, troppi, hanno in questa vicenda, compresi coloro che ancora, a distanza di mesi, continuano a negare l’esistenza del bullismo omofobico, che è sotto gli occhi di tutti e miete le sue vittime, impegnati a proteggere il buon nome dei singoli istituti e a mettere al riparo la propria coscienza da critiche sacrosante e richiami al senso di responsabilità.

Non vorrei che, sulla scia di quel logoramento progressivo del dibattito di cui parlavo in precedenza, assistessimo ad arretramenti ulteriori, trovandoci tra qualche tempo ancora qui a discutere e a chiederci, magari, se Matteo si sia davvero tolto la vita o se si sia trattato, come si dice in questi casi, di un tragico incidente. Sarebbe drammatico, perché intanto l’omofobia, l’intolleranza e la violenza avrebbero continuato, nel silenzio, a logorare tante giovani vite.

Antonio Soggia
Presidente del Comitato Provinciale Arcigay di Torino “Ottavio Mai”
Consigliere Nazionale Arcigay

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