California e matrimoni gay, la battaglia che divide gli USA

  

SAN FRANCISCO – Quando nel 1952 Estelle Lau e Mason Gaffney si trasferirono a Columbia in Missouri, dopo essersi sposati all’International House dell’Università di Berkeley in California, scoprirono che il loro matrimonio era fuorilegge. Ci pensò l’agente che gli stava vendendo casa a farglielo sapere, spiegandogli che uno qualunque dei vicini, se non li avesse presi in simpatia, avrebbe potuto denunciarli. La loro colpa era di avere origini razziali diverse: erano entrambi cittadini americani ma Estelle era nata alle Hawaii da genitori cinesi mentre Mason era un bianco di origine anglosassone che aveva ottenuto un posto come professore di economia nell’università locale. Il loro matrimonio era stato possibile soltanto perché nel 1948 la Corte Suprema della California aveva annullato il divieto alle unioni interrazziali sostenendo che i cittadini dovevano avere "la libertà di sposare la persona che sceglievano". Per molto tempo a San Francisco si potè fare quello che in molti Stati rimase vietato fino al 1967, all’epoca della battaglia per i diritti civili.

Oggi quasi nessuno se ne ricordava, più ma sessant’anni dopo è stata nuovamente la Corte Suprema californiana a usare le stesse parole quando il 15 maggio ha annullato la legge che stabiliva che i matrimoni sono possibili solo tra un uomo e una donna vietando quelli tra persone dello stesso sesso.

A chiedere l’intervento dei giudici è stato Stuart, il figlio di Estelle e Mason, uno dei primi gay a sposarsi a San Francisco. E Stuart tiene nel suo ufficio, all’Aids Research Institute dell’Università della California, la foto in bianco e nero della madre in abito da sposa, con il bouquet tra le mani e un fiore tra i capelli: "La decisione della Corte fa riferimento proprio al precedente del 1948, un’altra volta il destino della mia famiglia è legato alle scelte dei giudici, di nuovo si ribadisce che il diritto di sposarsi non ha senso se non puoi farlo con chi ami".

A parlare con Stuart e con il suo neosposo John Lewis, avvocato cinquantenne, sembra tutto semplice e lineare, ma la loro storia potrebbe decidere l’esito delle prossime elezioni americane. Il 4 novembre i cittadini della California dovranno indicare non solo il presidente ma anche se sono favorevoli o contrari ai matrimoni tra persone dello stesso sesso. Una serie di gruppi "pro-family", con l’appoggio dei repubblicani, hanno presentato un referendum (chiamato Proposition 8) in cui si chiede di eliminare il diritto di sposarsi per le coppie omosessuali. Il partito di Bush spera di sfruttare la mobilitazione conservatrice per vincere non solo il referendum ma anche lo Stato, e chi conquista la California ha vinto le elezioni. John McCain lo sa e si è schierato per il referendum, Barack Obama invece è contrario e propone di lasciare intatta la libertà stabilita dalla Corte.


Già nel 2004 la mobilitazione sui valori fu determinante per la vittoria di George Bush
: il suo stratega elettorale Karl Rove riuscì a far mettere al voto in molti Stati in bilico tra i due partiti una serie di referendum sui matrimoni gay, l’aborto e le cellule staminali che portarono alle urne in massa gli evangelici e la destra religiosa e trainarono la volata repubblicana. "Non penso che funzionerà di nuovo – sostiene John – perché in questi quattro anni il clima nel Paese è cambiato, la gente è stanca di crociate e divisioni e perché ha visto che i matrimoni celebrati a San Francisco non hanno avuto nulla di scandaloso ma sono stati un momento di gioia e di felicità non solo per le coppie ma anche per le loro famiglie e gli amici. E anche il rispetto delle scelte e della dignità di un’altra persona è un valore, e molti lo hanno capito".

I sondaggi al momento sembrano dargli ragione: il 51 per cento degli elettori di dice contrario al referendum e il 42 a favore e il governatore Schwarzenegger ha detto di rispettare la decisione della corte e si è congratulato con le coppie che si sono sposate.

Che il clima sia diverso lo dice anche il manifesto dei grandi magazzini Macy’s, che pubblicizza le sue liste nozze e si congratula con le nuove coppie. Certo l’opinione degli elettori è cosa che muta in fretta e Stuart e John non sono tranquilli: "Se nel 1948 ci fosse stato un referendum – racconta Stuart – allora io non sarei qui perché i miei genitori non avrebbero potuto sposarsi: secondo un sondaggio Gallup solo il 4 per cento degli americani era favorevole ad un matrimonio tra un bianco e un nero o un cinese". E John ammette le sue ansie: "Guardo le persone per la strada e penso che ognuna di loro dovrà decidere della mia vita privata e mi chiedo se ci toglieranno il diritto che
abbiamo conquistato".

Anche perché se vincesse il sì al referendum sarebbe la seconda volta che le loro nozze sono annullate: il 12 febbraio del 2004 il sindaco Gavin Newsom decise di permettere i matrimoni: "L’annuncio – racconta John – arrivò alla fine di una manifestazione per le pari opportunità, ero lì e chiamai Stuart sul cellulare e gridai: "Corri qui subito, abbiamo la chance che aspettiamo da una vita".

Da 17 anni vivevano insieme e quel giorno furono tra i primi dieci a sposarsi, Stuart aveva i jeans e una felpa blu, John un paio di pantaloni della tuta e una maglietta viola, non c’erano parenti e amici: "Ma per la prima volta nella vita ci sentimmo considerati come cittadini con pieni diritti". Dopo di loro furono celebrati altri 4000 unioni in un mese, poi la Corte suprema bloccò tutto dicendo che il sindaco non aveva l’autorità e sei mesi dopo tutti i matrimoni vennero annullati: "Ci sentimmo ricacciati indietro, eravamo di nuovo cittadini di seconda classe senza il diritto di sposare chi si ama".

Decisero di fare causa insieme con altre 14 coppie e a maggio hanno vinto la loro battaglia: questa volta alla cerimonia il 17 giugno c’erano i parenti, gli amici e le foto li mostrano vestiti con lo smoking e con un identico papillon blu elettrico. Poi c’è stato il ricevimento in un ristorante turco, come torta nuziale la baklava e i vecchi compagni di scuola che riempiono la macchina di schiuma da barba. Ma niente viaggio di nozze, per scaramanzia preferiscono stare a San Francisco fino al voto e darsi da fare per far fallire il referendum: "Sarebbe terribile tornare dal viaggio e vedere che tutto è stato cancellato di nuovo, ma se vinceremo allora potremo finalmente partire. Andremo a Kauai, l’isola giardino
delle Hawaii".

"Comunque andrà – conclude Stuart – penso che faremo in tempo a vedere il giorno in cui ovunque sarà permesso sposare chi si ama, come è successo ai miei genitori".

Chi non può invece permettersi il lusso di aspettare sono Del Martin e Phillis Lyon, due donne di 87 e 84 anni, vivono insieme dall’inizio degli anni Cinquanta e hanno fondato la prima organizzazione lesbica d’America, anche loro si sono sposate due volte e sperano che questa sia quella buona: "Sarebbe la ciliegina sulla torta di una vita e ci direbbe quanta strada è stata fatta".


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