Ero pronto a partire per la Polinesia, tramite avventure nel mondo, che ha il vantaggio di non farti pagare una quota extra se sei single ed allo stesso tempo di metterti in contatto con una decina di persone nuove, anch’esse in cerca di amici, quando scopro per email, che il viaggio era stato annullato! La disperazione non mi ha colto nemmeno un secondo perché ho velocemente selezionato un nuovo viaggio e sono partito all’improvviso per il mitico Far West, che va dal Colorado alla California attraverso Utah, Nevada ed Arizona. Dalle mie foto si capisce subito che non ero pronto per la montagna e i deserti: cappellini e magliette sgargianti, macchina fotografica subaquea, mutino per affrontare lo snorkeling, pantaloni da spiaggia e così via, fino ai costumi da bagno usati come mutande di ricambio…
Ci ho messo più di tre giorni per ambientarmi, finché non ho comprato un cappello da vero cow boy ed ho iniziato a farmi delle foto alla Brodeback Mountain! Sono stato fortunato, perché nel mio gruppo c’era anche un altro ragazzo gay, molto simpatico, che però si è preso ben quatto giorni per ambientarsi e dichiararsi al gruppo, mentre io fin dall’inizio mi profondevo in spiegazioni sull’importanza di stare un giorno, anzi meglio una notte, in più a S. Francisco per visitare meglio Castro.
Nel ruvido farwest abbiamo incontrato pochissime persone, dato che vivono a chilometri di distanza l’uno dall’altro e quindi non abbiamo potuto capire gran che della vita gay finché a Camerun, quattro case e un albergo ai bordi del Gran Canyon, all’interno dello Stato Navajo, abbiamo finalmente trovato qualcuno: un Femminiello Navajo !!!
Ora si dà il caso che io sia di Napoli e che fossi convinto che i femminielli fossero il prodotto della nostra cultura partenopea, che non ammetteva la castrazione ma lasciava comunque degli spazi sociali, rituali, vivaci e perfino religiosi, tra i vicoli della grande città. Tra i Navajo invece, adornato da splendidi orecchini con brillante gigante e di una cresta gelatinata ben poco tradizionale, siamo stati serviti al tavolo da quest’uomo ormai sopra gli anta, che non nascondeva i suoi modi aggraziati nè le sue preferenze di vita.
Dalle poche parole scambiate con lui abbiamo capito che vive da emarginato, sicuramente, ma solo perché i nativi americani sono ancora una popolazione oppressa, e che in fondo è più fortunato di tanti altri che abbiamo visto languire disperati o lavorare duramente, per compensi evidentemente ridicoli come operai edili. Le colleghe del ristorante erano sicuramente imbarazzate da quest’uomo che gli faceva concorrenza, perché data la mole di turisti di passaggio è ovvio che proprio lui doveva avere avuto diverse gradevoli esperienze fugaci. I Navajo purtroppo sono un popolo dagli occhi a mandorla con la pelle scura, i faccioni quadrati ed una sincera tendenza all’obesità che prescinde dalla dieta ipercalorica tipica degli stati uniti e quindi sia io che il mio amico abbiamo fatto cadere presto la conversazione per evitare di destare false illusioni, visto che lui era ben fidanzato ed io banalmente amo i tipi sportivi.
Ovviamente le cose sono cambiate improvvisamente quando abbiamo raggiunto la Terra Promessa, ovvero la metropoli gay più famosa nel mondo: S. Francisco! Abbiamo subito abbandonato il gruppo al primo incrocio con Market street, ed abbiamo subito dato spettacolo, mentre il mio amico si spogliava in pubblico per vestirsi in modo adeguato alla serata, (cioè sia gay sia umida e fredda), mentre un paio di guardie dentro la banca a lato, tra cui un’orchessa in divisa di colore (cioè sia afro sia tinta bionda), forse lo filmavano per godersi la scena anche a casa.
Il primo tram proveniente dai Peer ci ha subito accolti e ci ha lasciati attoniti e felici precisi all’incrocio di Castro dove c’è il capolinea. La gigantesca bandiera che si erge all’incrocio ci era già stata annunciata, ma la miriade di bandiere gay appese a tutti i negozi e le case, nonché dentro i principali istituti bancari affianco a quella degli Stati Uniti, ci hanno fatto capire che avevamo davvero cambiato pianeta. In Italia la maggioranza dei gay ancora si vergogna del Pride o di trovare in spiaggia la bandiera iridata che ci magnifica orgogliosa nel mondo; a Castro invece nessuno può farne a meno, perché tutti hanno capito che è grazie a quel simbolo, alle marce ed all’unità della comunità Lgbt che si possono davvero conquistare libertà e diritti oggi ancora impensabili da noi.
La serata è stata bellissima, abbiamo girato tutti i negozi ancora aperti, tra cui uno shopping di cui vi lascio la foto dell’insegna, in cui si augura semplicemente il meglio alle novelle coppie di sposi e di spose. Non ci siamo fatti mancare una cena in un locale tipico nè abbiamo mancato di entrare in tutti i pub e le discoteche, il cui ingresso era sempre gratuito.
In questo si deve ammettere che è notevole la differenza con l’Italia: da noi devi mostrare di solito una tessera per entrare in locali angusti ed anonimi, altrimenti vietati al pubblico e la consumazione è sempre obbligatoria. Sono pochissimi i locali in Italia dove si può già entrare liberamente e che espongono vivacemente i simboli dell’arcobaleno e di Arcigay. Secondo me c’è una precisa responsabilità dei commercianti omosessuali, che devono cominciare ad essere più coraggiosi, in modo da interrompere questi meccanismi da "circolo privè", che ai miei occhi e a quelli di chiunque sia stato a S. Francisco appaiono quelli di uno "sfruttamento" dell’omosessualità, che così continua ad essere vissuta come qualcosa di vietato, da nascondere in posti anonimi e da vivere in modo esclusivamente privato.
Dopo tre giorni magnifici in cui tutto il gruppo ha chiesto di essere accompagnato a visitare Castro, in modo da capire e da vedere con i propri occhi una "normale" comunità gay, il viaggio è terminato e siamo tornati tutti in Italia. Il mio ultimo ricordo va a due precise pubblicità che circolano nei negozi e nelle fermate degli autobus della California: due bellissimi ragazzi, evidentemente gay, con la scritta "I VOTE" sulle magliette tese dagli splendidi pettorali, ma anche due abitini da neonati, lasciate stese dentro le vetrine, con sopra stampato "LE MIE MAMME" o "I MIEI PADRI" ovviamente… VOTANO !
Manlio Converti
www.manliok.blogspot.com
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