L’urlo dei giovani gay

  

DECALOGO PER UNA SCUOLA DI TUTTI. Nel Regno Unito un ragazzo di 17 anni, gay dichiarato, che aveva appena concluso una storia sentimentale, minaccia di buttarsi da un parcheggio di 5 piani. La gente sotto lo filma col telefonino e urla «Salta! salta! vogliamo vedere come rimbalzi!».

Un ragazzo irlandese di 18 anni dice: «Qui la vita è brutta come sempre. Se ti dichiari a scuola è come se tu non fossi umano, come essere confinati su un‘isola deserta».

Una ragazza italiana di 20 anni dice: «Sono sempre stata terrorizzata a morte che qualcuno potesse scoprirmi e ben lontana dall’avere amicizie in classe. Questo mi ha fatto sentire in un ghetto. Non ci è stata data alcuna occasione di visiblità o integrazione».

Una ragazza svedese di 20 anni dice: «Mi sarebbe piaciuto che i miei insegnanti non dessero per scontato che tutti siamo etero. Erano etero che parlavano ad altri etero a proposito di qualcosa che non riguardava affatto certe persone nella stessa stanza… almeno è come mi sono sentita».

Ragazzi gay, giovani lesbiche, teen ager bisex o che si cercano, sono riuniti a Torino per una settimana intera in occasione di un incontro internazionale organizzato da IGLYO (Organizzazione che riunisce i gruppi giovani lgbt dei sincoli paesi).

Nell’ultimo report di Iglyo il 61 per cento dei ragazzi ha detto che a scuola si viene discriminati. È stato messo a punto un decalogo con la rete europea degli studenti (info su https://www.arcigay.it/istruzione-piu-inclusiva-persone-lgbtq). Sono chiamati in causa i prof, gli studenti, i dirigenti, la società.

Dice Fabio Saccà, Arcigay – Rete Giovani, che i ragazzi non ne possono più e stanno reagendo. Solo in Italia sono «nati o rinati venti gruppi, alcuni dei quali hanno fatto comparire spesso per la prima volta il movimento gay/lesbico in città come Rovigo, Pavia, Ragusa, la stessa Torino». Come si fa? I ragazzi si danno un sacco di coraggio e alle discriminazioni urlano «basta».

Delia Vaccarello – L’Unità 14 ottobre 2008

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Articolo de La Stampa – 14.10.08 – di Maria Teresa Martinengo

La scuola scopre i gay “Prof, dipende dai geni?”
La metà degli studenti omosessuali discriminati in casa.
Per i ragazzi stranieri ancora più difficile raccontarsi in famiglia

Tra gli studenti e le studentesse lesbiche, gay, bisessuali e transgender (i cosiddetti LGBT), a Torino come nel resto d’Italia e in Europa il 60% ha pensato al suicidio, il 37,4% lo ha tentato. Tra i giovani lgbt il suicidio è tre volte più frequente che nel resto della popolazione. Non solo, due ragazzi omosessuali su tre (61,2%) subiscono discriminazioni a scuola, uno su due (51,2%) in famiglia, uno su tre (29,8%) nel gruppo dei pari. Su dati come questi e sulla messa a punto di strategie per combattere l’omofobia, fino a domenica rifletterà la Conferenza internazionale giovanile di «Iglyo» (che ha promosso la ricerca), sigla che riunisce studenti lgbt di 40 paesi.

L’incontro, in corso alla «Casa della mobilità giovanile» di corso Venezia, si svolge in collaborazione con la Rete Giovani di Arcigay. E Arcigay Torino presenta una serie di documenti che dicono quanto la condizione LGBT continui a essere poco conosciuta e, per questo, oggetto di discriminazione.

«Il problema resta non essere riconosciuti come identità, rimanere invisibili», dice Giovanni Caponetto, presidente di Arcigay Torino. I ragazzi arrivati dall’Olanda, come dall’Armenia o dal Kyrgyzstan si confronteranno, ad esempio, su domande e considerazioni raccolte durante un’assemblea sulla sessualità – faticosamente ottenuta – al liceo Marie Curie di Grugliasco: un campionario, più che di pregiudizi, di curiosità insoddisfatte. Ecco qualche esempio: come si fa a dire a una persona dello stesso sesso che ti piace? Perché alcuni genitori di fronte all’omosessualità dei figli si sentono falliti? Trovi facilmente persone del tuo sesso con cui avere una relazione?

E in tema di origine dell’omosessualità: essere gay dipende dalla genetica? Omosessuali si nasce o si diventa? È una malattia l’omosessualità? Tra le righe si affacciano sofferenze personali: L’omosessualità non può essere solo una scelta di vita non giudicata dalla gente? Se una persona si accorge di essere bisessuale, come fa a capire se è una fase adolescenziale? All’assemblea del Curie era presente un sacerdote. Al don domandano: ma i preti sono vergini? Se un cristiano diventa gay, la Chiesa perché deve proibirgli di esserlo? Così non è proibirgli di amare? Perché a volte la Chiesa offende i gay? La Chiesa non dovrebbe accettare tutti?

In un istituto professionale con utenza in prevalenza maschile, sono stati raccolti commenti sull’intervento dei volontari di Arcigay: «Mi è piaciuto molto incontrare queste persone perché non ho mai avuto modo di parlarci… chi pensa male di costoro è solo ignorante…». E un altro ragazzo: «Abbiamo fatto un gioco con delle domande e ognuno poteva esprimere il suo parere. Mi è piaciuto perché si è parlato di cose che nella vita normale non si parla».

«Un anno dopo un incontro in una scuola – dice Caponetto – in sede è arrivata una ragazza che aveva bisogno di parlare della sua condizione. Aveva tenuto il nostro volantino. Una delle grandi sofferenze dei giovani LGBT è la solitudine». Intanto, racconta Fabio Saccà, «riceviamo sempre più spesso e-mail da figli di immigrati maghrebini, romeni, cinesi: raccontano le difficoltà a parlare in famiglia della loro condizione di gay e lesbiche».


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