di LELLO PARISE
Per tre giorni Sante Longo perse la cappa. E adesso vuole impugnare la spada. Il congresso di Arcigay finisce con l’eterosessuale Francesco Brollo, un veneto trapiantato nel capoluogo pugliese con moglie e figlia al seguito, che sale sugli scudi. Ma dà il via ad una battaglia legale senza esclusione di colpi. «Sì, ricorrerò al collegio dei garanti» annuisce Longo, che come stanno le cose «non figuro nemmeno nel direttivo dell’associazione». Escluso. «Non so neppure bene il perché». Ci sarà una ragione. «So soltanto che quando mancava una settimana alla celebrazione del congresso, il consiglio direttivo aveva stabilito di indicare il sottoscritto come presidente. Era stata accolta la petizione di un gruppo di soci contro Brollo, che non ha mai messo piede in Arcigay. Una settimana dopo, però, mi spiegarono: “C’è un problema”. Sì, insomma, la mia nomination doveva essere formalizzata dieci giorni prima dell’adunanza. Per settantadue ore aveva avuto la meglio la precedente nomination, quella di Brollo. A me non hanno permesso neanche di depositare la scheda nell’urna».
«Per forza» replica Enrico Fusco, ex pirotecnico portavoce di gay e lesbiche all’ombra di san Nicola nonché grande elettore di Brollo: «Longo ha la tessera scaduta dal 2008. Ecco perché non poteva prendere parte alle votazioni». Quanto ad eventuali inciuci perché il regista di Venezia avesse la meglio, Fusco fa spallucce: «Noi abbiamo rispettato le regole. Interverranno i garanti? Non temiamo nessun tipo di giudizio». Piuttosto, «la scelta di Brollo significa abbattere steccati: il movimento omosessuale rappresentato dagli stessi omosessuali, non è che negli anni sia riuscito ad ottenere granché». Dunque, meglio cambiare. Non è la prima volta: già era accaduto a Messina e Catania che un etero governasse i gay. Ma per il continente, come direbbero i siciliani, si tratta di una novità assoluta. Si materializza nel tacco d’Italia. «Del resto» aggiunge Fusco «l’elezione di Nichi Vendola in Puglia è stata forse una provocazione? No, è solo un segno di civiltà, cosa di cui questo Paese ha tanto bisogno».
Tuttavia la “casa madre” di Arcigay non è che dà l’impressione di spalancare porte e finestre per salutare con gioia l’era Brollo. Il segretario nazionale Luca Trentini, che «ho partecipato al congresso», si limita a sottolineare: il vincitore «ha ottenuto sei sì e tre no». Franco Grillini, presidente onorario, gira il coltello nella piaga: «Un così ristretto numero di persone ha concorso a una decisione che riguarda tutti. In ogni caso, auguri». Tuttavia al fondatore di “Italia gay network” non vanno giù frasi, attribuite all’esordiente Brollo, del tipo “Sto facendo una violenza su me stesso”: «Dovrebbe essere felice e soddisfatto per un incarico impegnativo nella città del pride 2003 e nella regione del governatore Vendola, invece…». La conclusione di Grillini è per metà ironica e per metà avvelenata: «Un eterosessuale alla guida del circolo Arcigay? La cosa mi lascia francamente perplesso». Quindi la stoccata finale: tutto è «possibile o legittimo», comunque «mi riesce difficile pensare ad un Marchionne a capo della Cgil, tanto per fare un esempio».
Il sito barese di Repubblica è il palcoscenico dove vanno in scena umori e malumori all’indomani del Brollo day: da Gay convinto, che è lapidario: «Scusate, ma che cosa capisce un etero di problemi omosessuali?», a Bibi, che mescola buon senso ad indignazione: «Ritengo che il fatto stesso di sbandierare la propria eterosessualità significhi in qualche modo creare delle differenze. Perché è importante dichiarare i gusti sessuali del presidente di un’associazione? Quando arriveremo a disinteressarci dell’orientamento sessuale di chi ci sta di fronte?».