Il 19% delle persone lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e trans) ha subito discriminazioni sul posto di lavoro mentre il 48% teme di poter essere trattato ingiustamente a proposito delle informazioni personali che comunica sul posto di lavoro. Sono alcuni dei dati emersi da ‘Io Sono Io Lavoro”, l’indagine condotta da Arcigay a proposito del trattamento subito sul posto di lavoro dalle persone lgbt con il contributo del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.
Attraverso 2.229 questionari compilati da persone lgbt, 52 interviste a testimoni qualificati e 17 storie di discriminazione sul lavoro “prende finalmente forma un fenomeno finora inesistente nella riflessione scientifica e per il quale non esiste ancora alcun sistema consolidato di rilevazione”, si legge in una nota dell’associazione. “Grazie a questa ricerca la discriminazione delle persone gay, lesbiche, bisessuali e trans sul lavoro assume una dimensione reale sia attraverso i dati qualitativi che quantitativi”, dichiara Paolo Patane’, presidente nazionale Arcigay. “Con la comprensione delle cause e della modalita’ della discriminazione di gay, lesbiche, bisessuali e trans sul lavoro- continua Patane’- possiamo finalmente definire delle strategie di prevenzione e contrasto non su situazioni presunte ma sul clima, spesso pesante, che si respira in imprese, aziende o enti pubblici. L’urgenza e’ quella di convincere le vittime a denunciare: la ricerca e’ chiarissima su questo. Gay, lesbiche, bisessuali e trans, se vittime di discriminazione, sono impotenti e non hanno punti di riferimento. Lavoreremo su questo”.
Qualche dato: Il 19,1% delle persone lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e trans) intervistate riferisce di essere stata discriminata sul lavoro. Quanto alle discriminazioni la forma piu’ grave, il licenziamento, e’ stata esperito dal 4,8% degli intervistati, in particolare da trans. Oltre due intervistati su tre affermano di aver parlato con qualcuno dell’accaduto, la maggioranza di questi si e’ rivolto ad amici e parenti, colleghi di lavoro e medici o psicologi, senza pero’ trovare una effettiva soluzione all’accaduto.
Anche l’accesso al lavoro risulta difficoltoso: il 13% delle persone lgbt dichiara di aver vista respinta la propria candidatura per un posto di lavoro in ragione della propria identita’ sessuale. Il 48% del campione controlla scrupolosamente le informazioni personali che comunica sul posto di lavoro per non correre il rischio di essere trattato ingiustamente. Negli enti pubblici lo svelamento del proprio orientamento, e quindi la condivisione serena della propria realta’, e’ meno diffuso, mentre lo e’ maggiormente nelle cooperative e associazioni. La visibilita’ e’ piu’ elevata con sottoposti e colleghi, meno con datori di lavoro (52,5%), molto meno con clienti, utenti o committenti (24,6%). I settori lavorativi nei quali le persone lgbt sono maggiormente visibili sono nell’ordine: attivita’ artistiche sportive e ricreative, poi alberghiero e ristorazione, poi le libere professioni, poi il commercio. Le persone lgbt sono maggiormente invisibili, in ordine di invisiblita’, nelle forze armate, nei trasporti, nella scuola e nel’industria. A parita’ di lavoro, gli uomini omosessuali guadagnano dal 10% al 32% in meno dei loro colleghi eterosessuali; nella maggior parte dei casi l’ingiustizia subita resta non denunciata ne’ segnalata, portando, tra l’altro, a una grave mancanza di dati statistici e di informazioni tecniche sul fenomeno, gli autori delle discriminazioni sono solo o soprattutto uomini.
“Finalmente possiamo comprendere in profondita’ sia il numero di episodi di omofobia e di discriminazione sul posto di lavoro sia la necessita’ impellente di dare risposte adeguate e rispettose della vita delle persone lgbt- dice Patane’- Arcigay, con questa ricerca dimostra ancora una volta il suo impegno concreto e propulsivo nella storia di questo Paese. Per il diritto al lavoro senza discriminazione e per un’effettiva pari opportunita’ per tutti e tutte”.