La Chiesa si è interrogata su omosessualità e famiglia

  

Monsignor Anatrella: «Frutto di pulsioni, non di una identità, non può diventare un modello sociale come il matrimonio etero»

Famiglia = Maschio + Femmina? Ideologia gender e Natura umana»: filosoficamente e politicamente impegnativo il titolo del convegno che si è tenuto ieri al Centro Pastorale Paolo VI e promosso dagli uffici pastorali famiglia e salute della diocesi di Brescia assieme ad altre realtà cattoliche.
«Non un convegno contro qualcuno», ha precisato don Maurizio Funazzi, direttore dell’ufficio pastorale salute, consapevole del fatto che «il tema è scottante, come dimostrano i tanti messaggi che ci sono pervenuti chiedendoci perché affrontiamo tale questione».
DON FUNAZZI ha ragione: la tematica fa discutere, non solo a Brescia, e non da oggi. E’ del maggio scorso un contestatissimo convegno cui partecipò Joseph Nicolosi, uno dei padri delle cosiddette «teorie riparative», che postulano l’omosessualità come una malattia e ne cercano rimedi medici. Teorie contestate anche sul piano scientifico dall’Organizzazione Mondiale della Sanità così come dall’Ordine degli Psicologici della Lombardia.
«Non vogliamo medicalizzare l’omosessualità – ha spiegato don Funazzi -: non vogliamo combattere una malattia, ma prenderci cura delle persone, anche credenti, che incontriamo e hanno problemi con la propria identità sessuale. Non siamo contro, quindi, ma a favore di persone che vivono pulsioni indesiderate e che in noi trovano aiuto».
Alla base del discorso c’è l’i- dea che l’omosessualità porti infelicità, fortemente contestata da tante realtà omosessuali e non, in testa l’Arcigay, che anche in occasione del convegno di Nicolosi avevano replicato organizzando iniziative che mettevano al centro la gioia di essere omosessuali.
«Se i gay sono infelici è per lo stigma sociale di cui sono vittime, dovuto alle teorie riparative che invece di risolvere l’infelicità la accentuano», ha commentato Luca Trentini, già presidente del circolo Arcigay di Brescia e oggi segreterio nazionale del movimento.
L’incontro di ieri, quindi, si è inserito in un aspro dibattito già in corso, che ha avuto un momento di alta discussione, poiché l’ospite d’onore, monsignor Tony Anatrella, ha tenuto due relazioni di notevole taglio filosofico e psicologico.
L’ACCADEMICO di Francia, nonché psicanalista e specialista in psichiatria sociale, ha affrontato la questione discutendo attorno alla teoria del genere, corrente filosofica molto sviluppata negli Stati Uniti e apprezzata dal pensiero femminista, secondo la quale, in estrema e riduttiva sintesi, il genere femminile come quello maschile sono solo costruzioni sociali e storiche.
«Sono teorie destabilizzanti, confondono l’essere, che è dato dalla natura come maschio o femmina con la personalità psicologica e sociale – ha osservato monsignor Anatrella -. Dire che differenza tra uomo e donna è dovuta dalla società e dalla cultura e non invece dalla biologia porta una confusione epistemologica grave. Esistono solo due identità sessuali e non altre».
Secondo monsignor Anatrella non ha senso parlare di eterosessualità, omosessualità o bisessualità: «Le ultime due sono nel registro delle tendenze, non delle identità, sono legate a pulsioni non abbastanza elaborate. L’eterosessualità invece è una relazione di complementarietà tra due persone con due identità diverse».
OCCORRE DUNQUE «guarire» dall’omosessualità? «Non dico che sia una malattia – ha ribadito Anatrella – ma la testimonianza di un disagio che è conseguenza di uno sviluppo psicologico problematico. Bisogna aiutare la persona a percorrere le tappe mancanti».
Ciò che infastidisce e spaventa la chiesa è la rilevanza sociale che la questione ha assunto: «gli omosessuali ci sono sempre stati e ci saranno sempre – ha concluso Anatrella -: il problema nasce quando si esce dalla sfera privata: si vuole fare dell’omosessualità un modello sociale e dare alle coppie omo le stesse caratteristiche delle coppie etero, questo è il punto. Non ci può essere che un solo modello di coppia, e di famiglia: quello formato da un uomo e da una donna».
Una posizione che l’ortodossia cattolica difende a spada tratta, «senza accorgersi di quanto sia anacronistica, perché la famiglia è un soggetto in divenire, che si trasforma con la società – ha commentato Trentini -: la chiesa pretende l’imprimatur sulla parola famiglia cristallizzandola in un concetto sorpassato e compiendo, come al solito, una forzatura ideologica. Stupisce che la chiesa cattolica bresciana, nelle sue massime espressioni, ospiti e propagandi queste vere e proprie falsità, facendo prevalere una visione ideologica e inumana».


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