Trieste discriminante? C’è bisogno di un “altro” statuto

  

«Trieste inclusiva?». Bella domanda. “Una mozione per non discriminare” era iltitolo dell’incontro che si è tenuto al Centro servizi volontariato di Galleria Fenice su iniziativa dell’Associazione radicale Certi diritti, Circolo Arcobaleno Arcigay Arcilesbica, Avvocatura per i diritti Lgbt, Rete Lenford. Nell’incontro è stata presentata una proposta di deliberazione al Consiglio comunale di Trieste volta a garantire il pieno rispetto del principio di non discriminazione anche a livello locale. A partire dalla proposta di modifica di alcune parti dello Statuto della Città di Trieste con l’inserimento al punto 4 dell’articolo 5 di questa dicitura: «promuove l’integrazione sociale della sua popolazione, operando per non impedire qualsiasi forma di discriminazione legata al genere, all’orientamento sessuale, all’etnia, alla religione o alle convinzioni personali, alle disabilità e all’età». Un diritto riconosciuto dall’articolo 3 della Costituzione italiana. C’è poi la richiesta di adesione del Comune a Re.a.dy. (Rete nazionale delle pubbliche amministrazioni antidiscriminazioni per orientamento sessuale e identità del genere) della quale fa già parte, per esempio, il Comune di Torino e a qui, a breve, dovrebbe aderire anche Milano. «Il nostro auspicio spiega Clara Comelli dell’Associazione radicale Certi diritti – era che vi fosse la massima e trasversale condivisione dei consiglieri sul documento proposto». L’invito all’incontro, infatti, era stato inoltrato a tutti i consiglieri. «Le associazioni – continua Clara Comelli – si aspettavano una larga e trasversale partecipazione, ma così non è stato». All’incontro, infatti, erano presenti i consiglieri di maggioranza del PD Giovanni Maria Coloni, Pietro Faraguna, Maria Grazia Cogliati, Loredana Lepore e Manuel Zerjul e, come unico rappresentante dell’opposizione, il consigliere Paolo Menis del Movimento 5 Stelle Trieste. Presenti ai lavori anche gli assessori Laura Famulari e Antonella Grim. All’Assessore alle politiche sociali è stato rivolto l’invito ad inserire nella stesura del regolamento della Consulta per la famiglia (che dovrebbe avvenire entro la fine dell’anno) la richiesta che a far parte dei componenti della Consulta sia anche un rappresentante dell’Associazione Famiglie Arcobaleno ovvero l’Associazione di genitori omosessuali. «Tale richiesta – spiega Clara Comelli – va nella direzione di considerare le nuove realtà emergenti nella nostra società e cioè quelle delle famiglie omogenitoriali».


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