«Unioni civili, il welfare non c’entra»

  

Milano. Non si spegne la polemica sul registro delle coppie di fatto. «Basta bagarre, c’è da lavorare e molto», ha dichiarato il vice capogruppo Pd in Provincia, Roberto Caputo. «Un dibattito surreale», per il consigliere di Sel, Luca Gibillini. La delibera sull’istituzione del registro, pronta per essere de- positata in consiglio, non soddisfa nemmeno l’Arcigay. «Il registro deve riconoscere le unioni omosessuali», ha dichiarato Marco Mori, presidente dell’associazione, commentando la bozza del documento redatta dalla consigliera del Pd Marilisa D’Amico, presidente della Commissione affari istituzionali del Comune. La bozza della delibera, che dovrebbe essere presentata lunedì in consiglio, ma che rischia di rimanere ancora una partita aperta per mesi, intende infatti per unioni civili, «un insieme di persone legate da vincoli affettivi coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune». Quindi, «volutamente aperto a tutti», spiega la prima firmataria, Marilisa D’Amico.
E allora a cosa serve? Esiste già lo stato di famiglia che certifica la convivenza tra due o più persone. «L’iscrizione al registro diventa un elemento probatorio», puntualizza la consigliera. Obiettivo del registro è quello di sostenere «le unioni civili al fine di superare situazioni di discriminazione e favorirne l’integrazione e lo sviluppo nel contesto sociale», con particolare attenzione alle condizioni di svantaggio economico e sociale. Graduatorie speciali, per esempio, per l’accesso alle case Aler o all’abbonamento ai trasporti. «È solo una questione ideologica perché non c’entra un’uguaglianza di trattamento – critica la consigliera dell’opposizione, Mariolina Moioli (Milano al centro), già assessore alla Famiglia e alle politiche sociali dell’amministrazione passata – Il welfare milanese già aiuta e sostiene le persone in difficoltà, come ad esempio una mamma sola con figli (per libera scelta o perché rimasta vedova o si è separata) o una persona anziana che, in difficoltà economica decide di convivere con la nipote o la vicina di casa. Anche in questo caso, se il problema è la povertà, la persona è già tutelata dal nostro welfare».
«Il problema – conclude l’ex assessore – è che si vuol nascondere il motivo vero e cioè riconoscere le unioni di fatto, che la Costituzione non riconosce. Bisogna invece sostenere la famiglia, quella riconosciuta dalla Costituzione, che ha un ruolo sociale importante».
(D.Fas.)


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