La Cassazione supera la politica

  

di CRISTIANA MANGANI

ROMA – La Cassazione supera la politica, si adegua al resto d’Europa, e affida «all’evoluzione sociale e giuridica» una sentenza che, per l’Italia, è rivoluzionaria: le coppie omosessuali, come quelle etero – scrivono i Supremi giudici – hanno diritto «a una vita familiare» anche se nel nostro paese un matrimonio regolarmente registrato all’estero non può essere riconosciuto. La prima sezione civile di piazza Cavour interviene sulla delicata questione dei legami tra persone dello stesso sesso e li equipara, dal punto di vista dei diritti personali, a quelli tra maschio e femmina, partendo dal caso di Antonio Garullo e Mario Ottocento, due artisti che vivono a Latina e che hanno una relazione stabile da dodici anni. In una sentenza di ottanta pagine gli ermellini spiegano che, sebbene in Italia non esista ancora una legge che permetta i matrimoni omosessuali, questo non vuol dire che i gay abbiano meno diritti di una coppia di sposi, e quindi possano pretendere lo stesso trattamento garantito dalla legge ai coniugi etero.
La vicenda nasce dieci anni fa quando Antonio e Mario decidono di contrarre regolare matrimonio all’Aja, nei Paesi Bassi, dove è ammesso per legge. Nel 2004 si presentano da un notaio a Latina per chiedere di fare un fondo patrimoniale a garanzia, ma il professionista spiega che non può farlo perché il loro matrimonio in Italia non esiste, in quanto non registrato. Si rivolgono allora al sindaco della cittadina pontina ma questo rifiuta la trascrizione perché il matrimonio «è formato all’estero, ed è contrario all’ordine pubblico».
Comincia una battaglia giudiziaria, durante la quale la coppia riceve solo pareri negativi, fino a ieri quando la Cassazione, evidenziando il mutato quadro normativo europeo in materia ha ritenuto che questo debba produrre effetti anche in Italia. Se è vero, dicono i Supremi giudici, che una recente sentenza della Corte costituzionale ha negato il riconoscimento del diritto al matrimonio tra persone dello stesso sesso, lasciando al Parlamento il compito di tutelare eventualmente le unioni omosessuali con apposite norme, un’altra sentenza della Corte di Strasburgo (del 24 giugno 2010) ha riconosciuto il diritto delle coppie omosessuali a una «vita familiare». In base all’articolo 12 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (recepito anche in Italia) – scrive ancora la Corte nella decisione numero 4184 – è stata superata «la concezione secondo cui la diversità di sesso dei nubendi è presupposto indispensabile, per così dire naturalistico della stessa esistenza del matrimonio». Per questo «l’intrascrivibilità delle unioni omosessuali dipende non più dalla loro inesistenza e neppure dalla loro invalidità ma dalla loro inidoneità a produrre, quali atti di matrimonio, appunto, qualsiasi effetto giuridico nell’ordinamento italiano».
Le reazioni non si sono fatte attendere: da Gay Center a Equality Italia, dall’Arcigay al Circolo Mieli, dai Radicali al Pdci, Prc e Sel, tutti esultano e chiedono un intervento urgente da parte del Parlamento. Una sentenza «storica» l’ha definita Ignazio Marino del Pd he ora chiede che l’Italia approvi una legge in materia. «W la Cassazione», ha dichiarato Della Vedova di Fli. Un no, invece, da Maurizio Lupi che, parlando di «forzature e strumentalizzazioni» della sentenza, afferma che «il matrimonio è quello tra uomo e donna, come sancisce la nostra Costituzione». Sul versante dell’esecutivo è il ministro per l’Integrazione Andrea Riccardi a precisare che la questione del riconoscimento delle unioni omosessuali «non è nel programma di Governo. È una questione che riguarda il Parlamento». Netta contrarietà, invece, sul fronte cattolico: secondo Francesco D’Agostino, presidente dei giuristi cattolici italiani, la Cassazione ha «ritenuto irrilevante l’identità di sesso» per la «qualificazione del rapporto di coppia» di tipo matrimoniale e questo indica tra l’altro una «perdita di valore dell’essenza del matrimonio in quanto tale».


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