Un milione: tanti sono gli italiani che, intervistati dall’Istat per un’indagine sulla condizione degli omosessuali nel nostro paese, si sono dichiarati gay. A farlo sono stati più uomini (2,6%) che donne (2,2%). Lo dice il rapporto «La popolazione omosessuale nella società italiana», realizzato dall’Istituto di statistica e presentato in occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia . Solo il 20% circa dei genitori sa che i propri figli sono omosessuali. Percentuale che sale al 45,9% nel caso dei fratelli, al 55,7% tra i colleghi e al 77,4% tra gli amici. Il 40,3% degli omosessuali/bisessuali dichiara di essere stato discriminato. Il 74,8% degli italiani non considera l’omosessualità una malattia, il 65,8% ritiene si possa amare una persona dello stesso sesso, l’importante è amare. Ben il 43,9% ritiene giusto che una coppia omosessuale possa sposarsi, solo il 20% è però d’accordo sull’adozione dei figli. Il 55,9% pensa che gli omosessuali dovrebbero essere più discreti e ancora un 29,7% che sarebbe meglio per loro non dichiarare di esserlo.
di Paola Taddeucci «Siamo al momento della verità. Anche sui diritti dei gay».È sicura Anna Paola Concia. Sicura di poter vincere quella che chiama una battaglia di civiltà, iniziata in Parlamento quattro anni fa quando fu eletta deputata del Pd, ma partita molto tempo prima e mai affrontata in discesa, tra critiche, offese, aggressioni e denigrazioni. Freschi ferschi arrivano i numeri dell’indagine Istat secondo i quali la maggioranza degli italiani è d’accordo per l’uguaglianza dei diritti per le coppie omosessuali e il 43,9% ritiene giusto che una coppia omosessuale possa sposarsi. «Questo rapporto presentato dall’Istat – dice la Concia – rappresenta un megafono che non sarà possibile non ascoltare. Adesso tocca alla politica, scegliere se intervenire o meno assumendosi una volta per tutte le proprie responsabilità davanti al paese. L’indagine ci dice con chiarezza che il problema omofobia e transfobia esiste ed è sentito nel paese. Il 61%dei cittadini ritiene infatti che gli omosessuali vengano discriminati, percentuale che raggiunge l’80% quando si parla di transessuali. È evidente che la società italiana è molto più avanti della politica». Oggi le sue proposte di legge sulla regolamentazione delle coppie di fatto, omosessuali e non, sono materia di discussione, non solo alla Camera, ma in tutto il Paese. A dare uno scossone ha sicuramente contribuito la recente affermazione di Obama, primo presidente degli Stati Uniti a dichiararsi favorevole alle unioni gay. Il fronte monolitico dei no, infatti, si è cominciato a rompere, registrando prese di posizione finora impensabili, come quella di Antonio Di Pietro, che ha fatto diventare l’Idv il primo partito italiano ad esprimersi a favore dei matrimoni tra persone dello stesso sesso. «Ma ci potrà arrivare anche il Pd – puntualizza l’onorevole Concia – insieme a tutto il centrosinistra, al quale chiedo: vogliamo lavorare insieme su questa battaglia di civiltà?». «Non vogliamo chiamarlo matrimonio? – prosegue l’onorevole – Va bene, basta che sia un istituto equivalente al matrimonio e che tuteli i diritti dei conviventi, omosessuali ed eterosessuali. È una legge di civiltà che il nostro Paese aspetta da trent’anni. Ormai il mondo va in quella direzione: il discorso di Obama è importantissimo, ma ci sono stati anche Cameron e addirittura Castro, senza contare gli Stati dove i matrimoni gay sono consentiti da tempo». Uno dei motivi del ritardo italiano, secondo Concia, è da attribuire alla politica. «Che ha usato gli omosessuali – afferma – per ragioni elettorali: la sinistra per tirarci dalla loro parte, la destra per demonizzarci. Ora è il momento di lasciar perdere le convenienze elettorali, è il momento di fare, è il momento della verità». Del resto la verità le ha cambiato la vita, come racconta nel libro “La vera storia dei miei capelli bianchi. Quarant’anni di vita e di diritti negati”, uscito da pochi giorni per Mondadori e scritto con l’amica Maria Teresa Meli, giornalista e sua testimone di nozze (Concia si è sposata lo scorso anno in Germania con la criminologa tedesca Ricarda Trautmann). Un libro che rientra in pieno nella sua battaglia per la civiltà. «Sì – conclude la deputata – è un incoraggiamento ai giovani, a non nascondere, soffocare, sacrificare il desiderio, omosessuale o eterosessuale che sia, in nome di convenzioni e tabù». Intanto c’è chi non solo si è sposato, ma si è anche separato. È Alessio De Giorgi, ex presidente di Arcigay e titolare dell’ex Mamamia di Torre del Lago, uno dei primi a unirsi con il rito amministrativo del Patto civile di solidarietà, valido solo Oltralpe, nella sede del Consolato francese a Roma. Finito l’amore, De Giorgi pensa a un matrimonio con il nuovo compagno. Questa volta in Canada, dove le unioni gay sono legali e identiche a quelle etero.
Unioni gay: gli italiani sono molto più avanti dei loro legislatori
This article was written on Friday May 18th, 2012.
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