Livorno. Coppie gay, il vescovo dà l’alt sulle adozioni (ma apre sugli affidi)

  

Livorno

Coppie gay, il vescovo dà l’alt sulle adozioni (ma apre sugli affidi)

Giusti: «I politici la smettano di farsi campagna elettorale con l’ideologia e parlino dei problemi veri della gente»

IN VIA DONNINI

Qui il consultorio e la scuola dei mestieri

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Grazie a un fondo di solidarietà dei Lions (e all’impegno della Fondazione Cassa Risparmi) la diocesi conta di aprire in via Donnini nell’ex “casa mons. Piccioni” (nella foto) un centro che avrà la caratteristica di rispondere a una pluralità di servizi («così che nessuno si senta marchiato per il solo fatto di entrare», dice il vescovo). Soprattutto due i fronti di intervento. L’uno è relativo all’appoggio alle famiglie in difficoltà: «Un consultorio – afferma Giusti – che accompagni le persone: quand’ero parroco, seguivo sei gruppi di auto- terapia, io ero solo un facilitatore della comunicazione». L’altro aspetto è quello del lavo- ro: «Chi perde il lavoro a 50 anni sente che il mondo gli crolla ad- dosso: pensa di non poter trovare più una occupazione. Insieme alla Cna stiamo facendo nascere una “scuola dei mestieri” che aiuta a trasformarsi in piccolo artigiano chi era lavoratore dipendente. Dalle analisi compiute lo spazio c’è: bisogna traghettare queste persone fino alla pensione».
di Mauro Zucchelli wLIVORNO «Far adottare bambini alle coppie gay per dar comunque loro un genitore e evitare che restino in un orfanotrofio? Già metterla così, la questione non sta in piedi: basta avere una qualche dimestichezza effettiva questi problemi per capire che esiste, al contrario, diciamo così, un eccesso di offerta di aiuto: il numero di coppie eterosessuali in lista per l’adozione supera di gran lunga la disponibilità di bambini adottabili». Il vescovo Simone Giusti non fa nomi e cognomi ma è facile intuire che sta respingendo al mittente l’idea rilanciata adesso dal sindaco milanese Giuliano Pisapia. Non è una novità ascoltare parole di questo segno da parte di esponenti della gerarchia ecclesiastica, tuttavia qualche indizio di apertura c’è: riferendo quanto ha detto a una delegazione dell’Arcigay ricevuta in curia (e anche quello era un segnale di novità), monsignor Giusti ricorda che esiste anche la prospettiva dell’affido, che invece presenta «un gran numero di ragazzini (e delle loro famiglie d’origine) che avrebbero bisogno di un sostegno» a fronte invece di «un numero ancora troppo basso di persone che si offrono per dare una mano». In tal caso «non si tratterebbe di solo di coppie bensì anche di single», e comunque «non c’entrerebbe per niente l’orientamento sessuale di ciascuno». La patata bollente salta fuori dalla pentola in risposta alle domande dei cronisti nel bel mezzo della presentazione dell’ultimo libro del monsignore-architetto. E il caso adozioni-gay finisce per diventare una valanga che si allarga ad una vasta gamma di temi. Anche perché il vescovo non si limita a sottolineare, come hanno fatto altri prelati cattolici, che: 1) «la pedagogia e la psicologia ci dicono che la crescita equilibrata del bambino ha bisogno di un padre e una madre»; 2) «bisogna mettere sempre al centro le esigenze del bambino» perché i più piccoli «non sono giocattoli». No, Giusti ci mette del suo e rincara la dose: lo fa invitando i politici a smetterla di fare campagna elettorale a suon di ideologia, adozioni gay comprese, e «invece offrire soluzioni ai problemi veri della gente, a cominciare da lavoro e casa». Parte da qui una tirata sulla «politica che parla d’altro perché non sa riformare sé stessa». Con due sottolineature. La prima riguarda un «fortissimo bisogno di moralizzare la vita politica»: è solo l’ultimo atto del malcostume lo scandalo alla Regione Lazio («suscita una sacrosanta indignazione che una parte del ceto politico si autoregali questi lussi e poi magari tagli i servizi sociali»). Giusti torna anche su una proposta moralizzatrice sugli stipendi dei politici per evitare che «la politica diventi una scorciatoia per arricchirsi»: dovrebbero impegnarsi a versare a un fondo sociale o beneficio – dice – la parte extra rispetto al reddito che avevano prima. L’altra ha a che fare con l’esigenza che i responsabili della cosa pubblica «spendano ogni energia per risolvere quel che minaccia davvero la dignità delle persone: la mancanza di lavoro e/o di un tetto». E per calare la cosa qui e ora: «La raffineria indonesiana? Ovvio che debba stare dentro quel che prevede il Prg, ma sono posti di lavoro. E i dragaggi: ci sono i soldi e i progetti, cosa si deve attendere?». Quando poi il vescovo ricorda l’impegno per creare «una nuova coscienza politica e una nuova generazione di impegno» è inevitabile chiedergli se questo prelude a una nuova lista civica con “benedizione” episcopale. «Macché, – ribatte il vescovo – la Chiesa si occupa di formare coscienze, non di liste. La politica non è un’opera da comici…». Ce n’è quanto basta per sospettare una sberla a Beppe Grillo? «Per carità, – minimizza lui – anche Reagan era stato attore prima di andare alla Casa Bianca, ma in mezzo aveva fatto gavetta come governatore. Mi spiego meglio: c’è da costruire una nuova generazione di uomini e donne che si impegnino in politica. Come? Guardando ai valori ma, al tempo stesso, sapendo anche entrare “dentro” la difficile arte dell’amministrare il bene comune con un pragmatismo lungimirante».


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