Due sfidanti in campo e la rivolta dei circoli

  

E’ battaglia sulla democrazia interna nel XIV Congresso nazionale dell’Arcigay, che da ieri si celebra a Ferrara. Un documento firmato dai comitati provinciali di Agrigento, Arezzo, Bergamo, Campobasso, Catania, Catanzaro, Foggia, Grosseto, Livorno, Messina, Palermo, Pavia, Perugia, Pescara, Pisa, Pistoia, Ragusa, Reggio Calabria, Trieste e Vercelli denuncia «l’alterazione del percorso congressuale interno ad Arcigay che ha caratterizzato taluni congressi provinciali e l’assemblea dei circoli affiliati». Un fatto che «ha inficiato la legittimità democratica del XIV Congresso Nazionale», scrivono i rappresentanti dei circoli riuniti nella protesta. Tra le ipotesi prospettate, la costituzione di una «rete alternativa ad Arcigay» sullo sfondo di una contesa economica basata sul trattenimento delle quote da parte di alcuni circoli, vero polmone finanziario dell’associazione. Paolo Patanè, il presidente uscente che si contende la leadership con lo sfidante Flavio Romani, ha parlato di una fase precongressuale contraddistinta da «un confronto troppo violento nei toni» e dal «fattore economico, che ha gravemente condizionato l’andamento del percorso congressuale. Alla fine mancheranno molti delegati. A Ferrara i costi del soggiorno sono salati, è stata una scelta penalizzante. Arcigay, comunque, deve mantenersi autonoma dai partiti e dalla politica». Per Romani «accuse fuori misura. Non c’è nessun inciucio, nè indebolimento dell’organizzazione, siamo limpidi». Il segretario nazionale Luca Trentini ha definito «regolare» l’apertura del consesso mentre «l’assenza di alcuni comitati, motivata fino alla vigilia per motivi economici, abbiamo scoperto questa mattina essere dovuta ad una contestazione formale già ampiamente appianata dal Collegio dei garanti e quindi dall’aspetto assolutamente strumentale. L’unità dell’associazione va costruita attraverso la presenza nei luoghi di confronto democratico. Il Congresso nazionale dell’associazione è il primo di questi».


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