Il caso Iori brucia, Pd diviso sulle regole

  

«Non possiamo certo dire di essere meravigliati. Il nostro sindaco, Antonella Incerti, è l’unico su tutto il territorio reggiano a richiedere ed ottenere la deroga per poter partecipare alle primarie del Pd per la nomina dei parlamentari in vista delle prossime elezioni politiche del 24-25 febbraio. Ora il sindaco dovrà rispondere per trasparenza ad alcune domande… E in caso di elezione? Come potrebbe garantire l’impegno da sindaco essendo per tutta la settimana a Roma?». La domanda arriva da gruppo consiliare del Pdl di Albinea, che prosegue: « Perché tradire ora la fiducia degli elettori che hanno riposto fiducia in lei e nella sua amministrazione? A questo punto chiediamo ad Antonella Incerti di dimettersi anticipatamente dal suo incarico di prima cittadina in modo che possa dimostrare la sua coerenza e magari permettere al paese di poter essere governato come merita. Visto che abbiamo il record negativo di convocazione di consigli comunali, siamo così sicuri che ad Albinea tutto vada bene? Siamo pronti a proporre agli elettori il nostro impegno per la politica intesa come impegno per la comunità in cui viviamo, e non di certo intesa come ambizione personale».
Il caso Vanna Iori ancora brucia nel Pd reggiano. Ma siccome i tempi per le primarie stringono – in Emilia si vota il 30 – feste o non feste natalizie di mezzo, i candidati democratici locali spingono il pedale dell’acceleratore ciascuno sulla propria campagna elettorale. Si sprecano gli appelli, le prese di posizione, gli inviti e le sollecitazioni. E se sui social network un comitato pro Bersani come quello di Campegine propone apertamente agli elettori di mettere una croce sul ticket “misto” composto da Maino Marchi e Antonella Incerti (lui parlamentare uscente, lei new entry fresca di deroga in quanto sindaco), ieri a uscire allo scoperto è stato un gruppo di giovani reggiani a dire «sosteniamo Paolo Gandolfi per rinnovare la politica». A supporto dell’attuale assessore comunale alla Mobilità spiccano 26 firme, tra cui quella del consigliere Pd Andrea Capelli e, forse un po’ a sorpresa, quella di Fabiana Montanari, 21 anni, militante dell’Arcigay. Proprio la Montanari, però, avrebbe dovuto figurare tra i 7 candidati di Sel a Reggio. Anche se proprio ieri è stata Sel a dire che la spendibilità della ragazza era in forse a causa dell’età (per approdare alla Camera di anni ne occorrono 25). E mentre i vendoliani inviano una nota per dire che la Montanari è al vaglio, i supporter di Gandolfi escono allo scoperto, Montanari compresa. Nessun imbarazzo, invece, per chi su Facebook ieri ha risposto alla “provocazione” lanciata da Valter Franceschini che ai candidati reggiani del Pd chiede di non fare «il salto della quaglia né il voltagabbana» ma di dimettersi in automatico qualora la politica portata avanti dal partito non dovesse più collimare con le proprie idee. A rispondere «sì» sono stati 5 candidati su 7 (Roberta Pavarini, Marco Catellani, Maino Marchi, Beppe Pagani e Paolo Gandolfi). Ma siccome sullo sfondo troneggia la sfiducia incassata sabato scorso in direzione dal segretario provinciale Pd, Roberto Ferrari, sulla questione è intervenuto il sindaco di Quattro Castella, Andrea Tagliavini. Il quale – renziano – difende un segretario bersaniano che sulla candidatura (respinta dal partito) di Vanna Iori ha sostenuto le medesime posizioni di Graziano Delrio e Pierluigi Castagnetti. «Ferrari ha fatto la scelta giusta – dice Tagliavini – e il voto della direzione mi ha stupito. Chi era contrario citava regole che troppo spesso abbiamo criticato perché chiudevano le porte del partito alla società. Di regole il Pd rischia di morire perché nessuna regola potrà evitare il ragionamento politico che un organo come la direzione provinciale deve svolgere. Si è persa un’occasione per aprirsi senza paura oltre i recinti delle appartenenze».


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