Carlos è un giovane ragazzo omosessuale. Fuggito dal suo paese perchè omosessuale, e perché non riusciva più a sostenere le discriminazioni che ogni giorno subiva. Arrivato in Italia, ad Arezzo, è stato accettato come “rifugiato in Italia perché omosessuale”. A raccontare la storia di Carlos (nome di fantasia) è il comitato Arcigay Arezzo, che in collaborazione con Arci e Sprar, hanno seguito e supportato per lungo tempo la richiesta di asilo del giovane al quale oggi è stato riconosciuto lo status di rifugiato per motivi legati all’orientamento sessuale. Alcuni mesi fa il ragazzo si era rivolto all’Arcigay di Arezzo per chiedere aiuto, in quanto nel suo paese veniva discriminato a causa dell’orientamento sessuale al punto da dover fuggire.
Dopo essere stato ascoltato dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, il giovane si è visto riconoscere il suo diritto a ricevere protezione dall’Italia. Al momento il ragazzo è seguito dallo Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), il progetto, di cui è capofila il Comune di Arezzo, si occuperà di accompagnare il ragazzo nel suo percorso di integrazione, fornendogli vitto, alloggio, supporto nella formazione professionale e nella ricerca lavoro.
La collaborazione tra Arcigay, Arci Arezzo e Sprar si è rivelata vincente: grazie all’attività legislativa dell’Unione Europa, questo tipo di discriminazione è ormai espressamente riconosciuta come possibile forma di persecuzione. Ricordiamo invece che in alcuni paesi del mondo, come Yemen, Emirati Arabi e Iran, ancora l’omosessualità è punita addirittura con la pena di morte, e è di questi giorni la proposta di una legge simile anche in Uganda.
La presidente di Chimera Arcobaleno Cristina Betti commenta: “L’Italia, in quanto membro dell’Ue ha ben presente la necessità di proteggere questa specifica categoria di rifugiati, ci chiediamo perché non si registrino altrettanti segnali di civiltà dal nostro parlamento quando si tratta invece di emanare una legge contro l’omofobia e la transfobia, la cui assenza appare, oggi più che mai, paradossale”.