Andrea S, il ragazzo dai pantaloni rosa che si è impiccato perché deriso sulla sua presunta omosessualità. Come lui un giovane di Udine che denuncia: “Sei anni di umiliazioni a scuola”
UDINE – Una volta un compagno di classe, durante l’ora di matematica l’ha chiamato “Barbie”, ma forse è stato il meno triviale degli epiteti che si è sentito affibbiare. Per sei anni gli hanno dato del “Frocio”, “Finocchio”, “Checca” e pure in friulano, “Fenòli”. Oggi, 20 anni, frequenta l’ultimo anno dell’Istituto tecnico di Udine e in un’intervista a Repubblica racconta il suo inferno a scuola. Anche lui porta i “pantaloni rosa“, come Andrea S., il ragazzino del liceo Cavour di Roma che si è impiccato in casa con una sciarpa perché non poteva più tollerare la derisione dei compagni per il suo orientamento sessuale.
“Fa male vedere che nessuno si è accorto del suo disagio”, dice Francesco, questo il nome di fantasia scelto da Repubblica, che ora siede al tavolo del circolo Arci “Mis (s) Kappa” e fa outing mediatico per protesta contro il bullismo omofobico. Lui che è stato deriso e schernito come Andrea, fin da quando aveva 14 anni, quando sulla lavagna era costretto a leggere: “Sei un errore della natura”, o “meriti tutta la sfiga del mondo”. In questi anni, racconta, gli insegnanti hanno sempre fatto finta di nulla e anzi, qualcuno si è unito al coro dell’ignoranza con battutine e allusioni: “Se un professore sa che in classe c’è un alunno omosessuale e scherzando con un altro alunno etero gli chiede “non hai la morosa, non sarai mica finocchio?”, e tutti ridono, come posso sentirmi io?”.
Oggi Francesco è impegnato a “portare anche nella mia scuola il corso (tra i primi in Italia) organizzato dall’ufficio scolastico regionale e dall’Arci gay per sensibilizzare sul bullissimo omofobico”. Lo fa per sconfiggere un’ignoranza che si autoalimenta nell’indifferenza generale. “La preside dice: “Il fenomeno qui non esiste”. Per questo si è detto finalmente pronto a portare la sua storia fin sul tavolo del provveditore agli studi.