«Niente nozze gay nel giorno delle foibe»

  

MANTOVA Non tutte le nozze sono fatte per unire. Che il matrimonio gay collettivo, sul prato del castello di San Giorgio, avrebbe creato divisioni era nell’aria. Ma gli attivisti dell’Arcigay La Salamandra non si aspettavano davvero che sulla data si sarebbe scatenata la polemica. Perché il 10 febbraio non è una giornata qualsiasi, ma il Giorno del ricordo per le vittime delle foibe. Il primo a sollevare obiezioni sul matrimonio collettivo simbolico per chiedere il riconoscimento giuridico dei diritti delle coppie omosessuali, è stato Luca De Marchi, consigliere comunale leghista in città: «Non è opportuno fare festa in quella giornata», ha tuonato. Scelta sconveniente anche per il consigliere regionale Carlo Maccari (Fratelli d’Italia): «Qualsiasi manifestazione, in una giornata così, è impropria. Avrei detto la stessa cosa se gli agricoltori avessero sfilato con i trattori il 25 aprile». La risposta dell’Arcigay non si è fatta attendere: «Non esiste contrapposizione ha spiegato il presidente Davide Provenzano ; anzi, c’è piena sintonia, ricordando il comune destino di discriminazione e tragedia. Discriminazione che per gay, lesbiche e transessuali perdura ancora oggi. È un’indelicatezza relegarci nel banale ruolo di chi voglia fare una festa». O una «carnevalata», come ha definito l’evento il sindaco di Viadana, Giorgio Penazzi (centrosinistra), invitato perché a capo di un Comune «virtuoso» (ha il registro delle Unioni civili dal 2006): «Ringrazio dell’invito ma non parteciperò. Non apprezzo questi raduni in stile gay pride, li trovo controproducenti». Arriverà invece con fascia tricolore e tulipano bianco d’ordinanza, Dimitri Melli, sindaco di Pegognaga, l’altro Comune dotato di registro. Sabrina Pinardi


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