Ecco la terza puntata della nostra rubrica Night-night, America, il racconto di vita a NYC del nostro tesserato Alessandro Casiraghi.
Shit Show
Il countdown scorre nella parte bassa dello schermo. Manca poco meno di mezz’ora. Il giornalista di C-SPAN intervista uno dei registi del primo dibattito tra i concorrenti alla presidenza degli Stati Uniti d’America. “Si sente agitato?” – gli chiedono. “È un momento televisivo più importante di altri. – risponde – Non solo l’America, ma il mondo intero ci sta guardando”.
Non è il solito dibattito. È il primo di un mondo diverso. Da febbraio sembra essere passata un’epoca anziché pochi mesi. La pandemia ha contagiato gli States facendo più di 200 mila vittime. I dati della disoccupazione e della recessione economica hanno raggiunto livelli comparabili a quelli della Grande Depressione. Nelle città continuano a divampare le proteste contro il razzismo. Gli incendi devastano i boschi della Costa Est e i venti portano il fumo da un oceano all’altro. La polarizzazione del confronto politico accentua le disuguaglianze e scopre le ferite dell’America.
A conferma che siamo in un mondo diverso, anche il format del dibattito ha una novità: i candidati, quando si incontreranno sul palco, non potranno stringersi la mano. Questioni di sicurezza, per evitare possibili contagi. L’opzione di salutarsi toccandosi il gomito è stata scartata perché considerata akward, goffa e inopportuna. Così, dopo mesi in cui l’America agonizza affrontando crisi profondissime, i rappresentanti delle due parti politiche che si contendono il posto per governarla nemmeno si sfiorano.
Entra in scena Chris Wallace, anchorman di Fox News che fa da moderatore. Quando chiama i due candidati gli si rompe leggermente la voce. Sul lato destro Joe Biden, 77 anni, senatore democratico per lo Stato del Delaware dal 1973 al 2009 e poi Vice Presidente per l’amministrazione Obama dal 2009 fino al 2017. Sul lato sinistro Donald Trump, 74 anni, imprenditore immobiliare, conduttore del programma televisivo “The Apprentice”, prima repubblicano, poi riformista, democratico e infine di nuovo repubblicano, Presidente attualmente in carica.
“How are you doing, man? – chiede Biden. “Doing well” – risponde Trump.
Il dibattito dura 90 minuti, organizzati in 6 blocchi tematici di 15 minuti.
Primo blocco: Corte Suprema. L’organo posto al vertice del sistema giudiziario americano e responsabile dell’interpretazione autentica della costituzione. I nove giudici che la compongono sono nominati a vita. Il giudice Ruth Bader Ginsburg – paladina dei diritti civili e delle donne – muore il 18 settembre e il tema della sua successione irrompe nel dibattito elettorale. La procedura per eleggere un nuovo giudice prevede che il Presidente USA indichi un nominativo, il quale deve essere poi ratificato dal senato (attualmente a maggioranza repubblicana). Correttezza istituzionale vorrebbe che il Presidente uscente lasciasse il compito al suo successore. Ma la posta in gioco è ghiotta e Trump è tutto fuorché istituzionale. Così lo stesso giorno del funerale della Ginsburg, Trump indica come successore la giudice Amy Coney Barrett, 48enne, conservatrice e sostenuta dal movimento anti-abortista. La sua eventuale conferma porterebbe il numero di giudici nominati da presidenti repubblicani a 6 contro i 3 nominati da presidenti democratici, spostando gli equilibri della Corte verso destra. Questo significa che le sentenze che saranno approvate nei prossimi anni in America in materia di aborto, possesso delle armi, immigrazione, sanità e quant’altro saranno con molta probabilità espresse in chiave conservatrice. Trump risponde che i repubblicani hanno vinto Casa Bianca e Senato e ha tutto il diritto di procedere con la nomina. Biden avverte che la giudice Barrett si è espressa per l’incostituzionalità dell’Obamacare (la legge che ha consentito anche ai più poveri di avere una copertura assicurativa sanitaria), e a rischio ci sono 20 milioni di persone che potrebbero perdere la copertura assicurativa nel bel mezzo di una pandemia.
È questa l’unico blocco che riesco a seguire con un po’ d’attenzione. Poi scatta il delirio.
Pare che nel dizionario di Trump la parola “confronto” significhi letteralmente “parlare sopra la voce del tuo interlocutore”. Per i restanti 75 minuti Trump domina la scena con una sicurezza imbarazzante e un’aggressione credo mai vista prima in un dibattito presidenziale americano. Provoca, punzecchia, infastidisce. Cerca di chiudere velocemente le risposte per passare il prima possibile ad attacchi personali. “Hai detto intelligente? Non usare quella parola, tu che ti sei laureato con il più basso dei voti. Non c’è nulla di intelligente in te, Joe…”. Il suo comportamento mette in difficoltà anche Chris Wallace, che ad un certo punto interviene dicendo “Mr. President, sono il moderatore di questo dibattito, e vorrei che mi lasciasse finire la domanda, e poi puoi rispondere”.
Dal canto suo, Biden tentenna, sorride per prendere tempo, si perde, a fatica riesce a sostenere il bullismo martellante di Trump. Ogni volta che Trump lo incalza con un argomento o un’offesa, Biden incespica e perde il filo di quello che sta dicendo. Quando il moderatore interviene ancora una volta per domandare a Trump di smetterla di interrompere, Biden dice “No, Non sa come fare. Hai scelto l’uomo sbagliato, la sera sbagliata e il momento sbagliato”. In altri momenti Biden sembra mantenere una calma pazzesca, come pervaso da uno spirito meditativo e da un approccio da protesta non violenta. Ogni tanto, mentre Trump continua a sbraitare in sottofondo, Biden si indirizza alla telecamera per appellarsi agli ascoltatori.
Ritorno in allerta da uno stato di ansia letargica quando il moderatore chiede ai candidati se accetteranno l’esito delle elezioni. Biden conferma che sì, accetterà l’esito, qualunque esso sia. Trump invece accusa che i voti espressi tramite posta sono truccati, che le schede elettorali voti vengono sparse nei torrenti, che i postini sono venduti. E termina scandendo “This Is Not Going To End Well”. Per due volte. “This Is Not Going To End Well”.
A termine di questo supplizio, la parola passa ai commentari televisivi: “Il peggior dibattito presidenziale di sempre”. “Non è stato neanche un dibattito”, “È stata una disgrazia!”, “That was a shit show!!!”.
Nel momento in cui l’America implora risposte e cambiamenti urgenti, i due candidati che si sfidano per governarla si fanno travolgere dal panico, ognuno a modo loro, e ci invitano a fare loro compagnia in una merda che non andrà a finire bene.
Per approfondire: versione integrale del dibattito su C-SPAN
Alessandro Casiraghi