Radio Globo ha chiesto in via di urgenza al Tribunale di Roma l’emissione di provvedimenti inibitori nei confronti dei rappresentanti e delle associazioni Gay Center e Arcigay Roma: Il Tribunale di Roma – sezioni diritti della persona e immigrazione- ha rigettato la domanda e ha condannato Radio Globo alle spese di lite con le seguenti motivazioni:
“in seguito alla divulgazione, da parte di una emittente largamente diffusa in ambito locale, di una esternazione dal contenuto apertamente offensivo e discriminatorio nei riguardi della comunità gay (…), ed a fronte del sostanziale diniego da parte della proprietà di assumere apertamente una posizione critica nei riguardi dell’accaduto, i resistenti (Gay Center e Arcigay Roma ndr) hanno rivolto ad artisti ed operatori economici un appello ad interrompere la loro collaborazione economico professionale con la radio.
Le richieste non sono state formulate con toni impropri, con modalità violente, minacciose o scorrette, né con argomenti di pressione volti a coartare la formazione del convincimento dei destinatari della comunicazione, ma sono rivolte in forma di mero invito all’obiezione commerciale; neppure si può affermare che i comunicati si fondino sulla diffusione di notizie false, giacché la richiesta è in ogni caso sempre direttamente correlata alla vicenda più volte ricordata e non fondata su generiche accuse di omofobia; e se è vero che la condotta offensiva di un singolo dipendente della radio non necessariamente doveva ritenersi espressiva del pensiero dell’intera proprietà, è vero anche che nessuno dei comunicati seguiti agli avvenimenti del 7 settembre 2018 sembra manifestare la minima solidarietà nei riguardi degli enti rappresentativi della comunità gay che avevano sollecitato in tal senso la società.
Tali comunicati si limitano infatti a respingere con fermezza le accuse di omofobia, facendo leva sulle diverse iniziative di segno opposto assunte nel tempo dalla radio, senza tuttavia esprimere alcuna efficace presa di distanza dalle specifiche e gravi affermazioni del conduttore Marchetti, rese peraltro attraverso un mezzo di comunicazione particolarmente pervasivo. La reazione critica delle parti resistenti appare dunque giustificata dall’intento di ribadire che la scelta della proprietà di non esprimere alcuna valutazione negativa in merito alle infelici espressioni utilizzate dallo speaker, non poteva ritenersi mera espressione di neutralità, ma finiva per legittimare quanto accaduto e contribuire così – sia pure indirettamente- ad alimentare una cultura discriminatoria, per quanto sino ad allora estranea alla linea dell’emittente. “