11 agosto 2013 – “La notizia del quattordicenne che l’altra notte a Roma si è tolto la vita perché non sopportava più di essere deriso e marginalizzato per la sua omosessualità ci fa sprofondare in un dolore terribile”: così Flavio Romani, presidente di Arcigay, commenta la notizia del suicidio riportata oggi dalla stampa nazionale. “Quel gesto estremo – prosegue Romani – è una sconfitta dal peso insopportabile, che ci riporta la fotografia di persone esasperate, sole, emarginate, alle quali nessuno parla e nessuno trasmette la possibilità di un futuro migliore. Mentre i politici discutono di omofobia rassicurando i vescovi sul loro “salvacondotto”, la realtà con un tempismo tragico e maledetto ci sbatte in faccia il problema: è ai ragazzi e alle ragazze come questo quattordicenne che bisogna pensare quando si dibatte dell’omofobia. Così come è al corpo massacrato di Andrea, la transessuale trovata senza vita dieci giorni fa a Termini, che bisogna pensare quando si parla di transfobia. Perchè questa è la realtà. Ed è una realtà ancora molto lontana dal cambiamento e che è un tunnel senza uscite per le persone che la vivono. Il Parlamento italiano si accapiglia sull’estensione della legge Mancino, che è tutela minima e dovuta, riconosciuta da anni a molti gruppi e condizioni bersaglio di violenza e discriminazione, e non si interroga nemmeno su quanto questa legge sarà risolutiva dell’intero problema, né riesce a mettere in agenda provvedimenti in grado di produrre un cambiamento nei luoghi scolastici, in quelli sportivi, nelle famiglie, nella cultura. Questa è la vera anomalia italiana. Non c’è una promessa credibile di cambiamento che questo Paese riesca a fare alle persone lgbt e questo ci costa un prezzo altissimo, fatto di violenza, di marginalizzazione, di gesti estremi e di vite spezzate. Di tutto ciò la politica deve assumersi la responsabilità. Alla famiglia del giovane romano – conclude il presidente di Arcigay – trasmettiamo la nostra vicinanza e il nostro abbraccio”.