OMOLESBOBITRANSFOBIA, L’ALLARME DI ARCIGAY: “OGNI DUE GIORNI UNA VIOLENZA, 4 MORTI NEGLI ULTIMI DODICI MESI”
149 i casi notizati dalla cronaca nell’ultimo anno, tra questi tre omicidi e un suicidio. Allarme per gli adescamenti sulle dating app a scopo pestaggio o estorsione. Piazzoni: “L’odio ha cambiato volto, in alcuni casi è una formula standard”.
Bologna, 17 maggio 2024 – “Osservando l’elenco dei crimini d’odio ai danni di persone lgbtqi+ che si sono consumati negli ultimi dodici mesi, si ha innanzitutto la netta sensazione che l’omofobia, la lesbofia, la bifobia, la transfobia, nel nostro Paese siano fenomeni sistemici, che hanno sviluppato dei veri e propri meccanismi, perfettamente riconoscibili e replicati talvolta in maniera talmente identica da sembrare codificata, o addirittura organizzata”: è l’allarme di Gabriele Piazzoni, segretario generale di Arcigay. Come ogni anno, l’associazione ha censito le notizie di cronaca riguardanti i crimini ai danni delle persone lgbtqia+ e, in occasione della Giornata Internazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, ne restituisce il ritratto complessivo. Dal 17 maggio 2023 a oggi, gli organi di informazione hanno riportato 149 casi di violenze o discriminazioni generate dall’odio verso le persone lgbtqi+. In 3 casi l’odio è diventato omicidio, due vittime sono persone transgender, la terza un uomo gay. In un caso, tra quelli noti, l’odio è scaturito in un suicidio: a Palermo, la vittima era un ragazzino di soli 13 anni. “Complessivamente – prosegue Piazzoni – il report restituisce un racconto terribile dell’odio nel nostro Paese: nelle nostre famiglie, nelle nostre scuole, nei nostri luoghi di lavoro, nei bar, nei ristoranti, nelle palestre, nei parchi, nei mass media, nelle istituzioni. Con una particolarità: esattamente come succede per il femminicidio, che si fonda su uno schema talmente sedimentato nella cultura dominante da essere tramandato, come fosse un sapere o una tradizione, i crimini d’odio legati all'orientamento sessuale e all’identità di genere non sono, complessivamente, una somma di episodi, tutti diversi e legati a contingenze particolari. Tutt’altro: sempre di più, questi crimini sono facilmente raggruppabili in categorie, a volte in veri e propri format. E la parola format non è una forzatura: gli adescamenti sulle dating app a scopo di rapina, pestaggio ed estorsione li avevamo visti anni fa su Tik Tok come macabra challenge dei gruppi omofobi in Russia. Insomma, è come se le persone lgbtqi+ fossero diventate bersaglio di una grande caccia globale, in cui schemi e strategie circolano da un continente all’altro”.
“Abbiamo cercato di raccontare questi 12 mesi di cronaca sull’odio omotransfobico, raggruppando le storie secondo la modalità che replicano. Senza trascurare la cornice in cui questi fatti sono accaduti, cioè un’omofobia di Stato evidente e ostinata, che nel giro di pochi mesi ha cancellato i certificati di nascita di 33 bambini e bambine con due mamme, ha aperto un processo mediatico roboante contro un gruppo di adolescenti con varianza di genere, seguit* dall’ospedale pubblico Careggi ed espost* assieme alle loro famiglia a una gogna ignobile; ha avviato un’Inquisizione nei confronti di tutti i papà gay, esponendoli assieme ai figli a una criminalizzazione persecutoria, che addirittura si nomina come “reato universale”. Inoltre, questi sono i tempi dei manganelli, quelli contro i collettivi studenteschi ma ancora prima, a maggio scorso, quelli contro Bruna, donna trans pestata e poi infangata con bugie infamanti da alcuni agenti della polizia locale a Milano. Dunque, il contesto è quello di uno Stato che anziché prendersi cura delle persone LGBTQI+, occuparsi della loro incolumità, talvolta si iscrive nella lista dei carnefici, rappresentando per quelle persone perfino un pericolo. Infine: questi sono i tempi in cui un generale destituito dall’esercito per avere espresso opinioni omofobe, misogine, razziste, indegne della divisa, si ritrova candidato capolista per un partito della maggioranza di governo, in corsa per uno scranno al Parlamento europeo. L’odiatore non solo è sdoganato, ma guida la fila.”, conclude Piazzoni.
In occasione del 17 maggio Arcigay ha lanciato la campagna social “Amarci ma a fatica, rendiamolo semplice”. I materiali sono di sponibili sul sito www.arcigay.it
L’ufficio stampa Vincenzo Branà
Allegato: il report delle 149 cronache di omolesbobitransfobia censite Arcigay.
Appendice: Report 2024: un’analisi qualitativa
Appendice
Report 2024: un’analisi qualitativa
La gang e gli adescamenti sulle dating app
Uno dei fenomeni che allarma di più è quello degli adescamenti degli adulti gay da parte di malintenzioni, spesso gruppi di ragazzi che replicano una modalità tipica dei gruppi neonazisti attivi nei Paesi omofobi: si apre un profilo falso su grindr, la dating app più un diffusa tra gli omosessuali maschi, si adesca un gay adulto, gli si dà appuntramento in un luogo. Una volta lì, il ragazzo assieme ai complici pesta e rapina l’uomo. In alcuni si arriva anche alle sevizie, al ricatto, all’estorsione.Durante gli ultimi dodici mesi una vicenda di questo tipo si è verificata identica a Treviso, Firenze, Perugia, Trapani, L’Aquila, Foggia. In altri casi, il contatto è avvenuto sempre attraverso dating app, ma l’inganno era agito da una persona sola.In altri casi ancora non si usa la dating app, l’approccio è direttamente per strada, e il gruppo di aggressori arriva ad essere numerosissimo. In uno dei processi relativi a queste vicende, gli aguzzini – tutti poi condannati – si sono difesi sostenendo che i raid punivano quegli uomini perché “pedofili”. Nonostante questo argomento non abbia prodotto procedimenti paralleli per pedofilia e non siano emersi riscontri in tal senso, in gran parte degli articoli di cronaca la vicenda è stata raccontata come l’atto di “giustizieri” che punivano dei “pedofili”, solo in qualche caso “presunti”. Questi crimini raramente emergono per la denuncia delle vittime, anzi nella stragrande maggioranza dei casi le vittime scelgono di risultare irreperibili.
Gli adolescenti in pericolo: un 13enne si è tolto la vita a Palermo
A novembre scorso il Paese è stato attraversato dalla notizia di un ragazzino di 13 anni che si è tolto la vita a Palermo. Il ragazzo era bullizzato perché gay. Il suidicio in generale, e in particolare quello agito da minori, resta invisibile, chiuso nel dolore intimo delle famiglie. Solo poche storie emorgono, tuttavia proprio pochi giorni fa è stato reso pubblico uno studio condotto negli Stati Uniti da The Trevor Project che riporta che circa il 41% dei giovani LGBTQ+ di età compresa tra 13 e 24 anni in quel Paese ha preso seriamente in considerazione il suicidio nell’ultimo anno, mentre il 14% l’ha seriamente tentato.
Le persone transgender
Allarme altissimo nei confronti delle persone transgender, destinatarie di una violenza spietata. Due omicidi, a Cassino il 27 maggio 2023 e a Roma il 18 giugno 2023 , uno stupro a Napoli, una lunga lista di aggressioni. E il pestaggio di Bruna, una donna trans, nel maggio 2023 a Milano da parte di alcuni agenti della polizia locale.
La famiglia non sempre è un luogo sicuro
Genitori che insultano i figl*, l* umiliano, l* minacciano, l* chiudono in casa o l* cacciano, installano telecamere nelle loro stanze, l* aggrediscono, l* picchiano. L’Agenzia per i Diritti Fondamentali dell’Unione europea ci ha consegnato pochi giorni fa gli esiti di uno studio condotto su campione della popolazione lgbtqia+ in Italia: il 18% ha dichiarato di aver subito tentativi di “conversione” o “guarigione” dall’omosessualità. Ed è la famiglia il luogo in cui in primo luogo viene agita questa violenza, con una frequenza stimata secondo l'Ue in quasi 1 caso su 5.
Bullismo e censura a scuola
Nella scuola convergono due tensioni: la prima è generata dal bullismo, sempre più invisibile negli spazi scolastici alle figure educative, invece sempre più violento all’esterno, nei tempi e negli spazi informali. La secondo dalle discriminazioni agite dai docenti o dai dirigenti scolastici, anche solo attraverso la censura dei contenuti – film, video, fotografie – che ritraggono o raccontano l’omosessualità.
Il corpo a corpo nello spazio pubblico
Gran parte degli episodi censiti nel report 2024 descrivono un corpo a corpo violento al quale spesso le persone lgbtqi+ sono chiamate nell’attraversamento dello spazio pubblico
Le storie ci raccontano di gay, lesbiche e trans* cacciati dalle palestre, dai bar, da chi offre immobili in affitto (ma non a loro), aggrediti e insultati da passanti in pieno giorno alla stazione della metro o a quella ferroviaria, mentre sono al ristorante o escono da un locale. Persone che subiscono danni alle case, automobili imbrattate, umiliazioni pubbliche.
Vandalizzati simboli e sedi associative, incursioni violente perfino nei Pride.
Negli ultimi dodici mesi sono aumentati notevolmente gli episodi di vandalizzazione di sedi associative LGBTQI+, monumenti, targhe, bandiere, campagne di manifesti. La misura dello squallore di questi attacchi lo dà la notizia diffusa sul finire dell’estate scorsa: a Torino è stato vandalizzato con insulti omofobi perfino un manifesto funebre.