Arcigay has long been fighting to improve LGBTI people’s health. The scope of such an action is extremely wide and covers various topics, from promoting sexual-health awareness to fighting STDs and HIV in particular; from supporting psychological well-being to preventing use and abuse of substances; from avoiding suicide to working on the topic of aging. Our goal is to help LGBTI people achieve full control of their own health and well-being, despite the social inequality that still characterizes their lives, with its inevitable impact on health. Because of social inequality, LGBTI people are at higher risk of facing health challenges and threats compared to heterosexual people. At Arcigay we recognize the fight against HIV and for better sexual health as a priority, while at the same time working to ensure that any prevention strategy is respectful of our right to having a fulfilling sexual life, while fighting to eradicate the social stigma weighting on people living with HIV.
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Arcigay da tempo si occupa di salute delle persone LGBTI, definendo di volta in volta le priorità in base alle risorse disponibili. La salute LGBTI infatti è un ambito molto ampio che tocca diversi temi, dalla salute sessuale al benessere psicologico, dall’uso/abuso di sostanze al tema dell’invecchiamento. L’obiettivo dell’associazione è quello di aiutare le persone LGBTI ad avere il pieno controllo della propria salute e del proprio benessere, nonostante le disuguaglianze sociali che ancora caratterizzano la vita delle persone LGBTI. E’ infatti dimostrato che le disuguaglianze sociali hanno in generale un impatto significativo anche sulla salute, e quelle relative all’orientamento sessuale e all’identità di genere sono associate a diverse possibili problematiche in termini di salute. Le persone LGBTI hanno infatti un rischio maggiore di affrontare problematiche relative alla salute rispetto alle persone eterosessuali [Meyer e altri, 2008; Wolitski e altri, 2008; Meyer e altri, 2007; Clements e altri, 2001; Solarz, 1999].
Il minority stress
Uno degli elementi chiave dell’impatto della disuguaglianza sulle persone LGBTI è il cosiddetto “minority stress”, ovvero quella condizione di forte stress cronico dovuto al fatto stesso di appartenere ad una minoranza stigmatizzata e discriminata, in questo caso sessuale. Il meccanismo è molto semplice: la situazione di stigmatizzazione non causa direttamente problemi di salute, ma tiene la persona stigmatizzata in una condizione di stress cronico che questa, in base alle risorse che ha, può gestire in modo più o meno “positivo” o “negativo”, e questa gestione può avere esiti diversi sulla propria salute. Ovviamente, quindi, non tutte le persone LGBTI hanno problemi di salute legati al minority stress, ma il rischio che questo accada è molto più alto in confronto alle persone non-LGBTI in virtù di quella condizione del tutto specifica.
I macro-fattori del minority stress sono due: quelli “distali” che riguardano la sfera “esterna” della persona e che si concretizzano in veri e propri eventi di stigmatizzazione, discriminazione, violenza e pregiudizio subiti, e quelli “prossimali” che riguardano la sfera interiore della persona con fenomeni specifici come l’omofobia interiorizzata (l’odio di sé per la propria omosessualità), la costante aspettativa di rifiuto e lo sforzo di occultamento di sé (il tentativo più o meno continuo di “passare per” eterosessuali mentendo, dissimulando, omettendo, fingendo, ecc., per evitare di essere stigmatizzati).
L’impatto del minority stress sulla salute
Le persone LGBTI hanno più probabilità di avere avuto difficoltà di salute e di benessere psicologico, in termini di abuso di sostanze, tentato suicidio, depressione e ansia, durante la propria vita. Gli studi hanno mostrato per esempio che le persone gay, lesbiche e bisessuali hanno 2.5 volte più probabilità di avere avuto difficoltà in termini di benessere psicologico nella loro vita. In alcuni casi è stata provata la relazione tra i fattori “distali” (la discriminazione subita) come la discriminazione e l’ostilità dei pari e varie difficoltà psicologiche, il rischio di suicidio, l’ansia o l’abuso di sostanze. Ma sono i fattori “prossimali” (quelli che riguardano la sfera interiore) i più subdoli: oggi è oramai chiarito come l’omofobia interiorizzata sia legata a fenomeni di autolesionismo, disordini alimentari e un maggiore rischio nel sesso, così come ad un generale stato di stress psicologico che ha a sua volta esiti peggiorativi sulla salute sul lungo periodo.
Nonostante le evidenze scientifiche siano ormai molte e chiariscano la necessità di una attenzione specifica alle persone LGBTI, sono rari i casi in cui le autorità sanitarie italiane se ne preoccupano, anche in quei casi in cui la sproporzione di impatto sulla comunità LGBTI è lampante e assolutamente conosciuta, come nella lotta all’HIV (si veda sotto).
L’obiettivo di Arcigay è quindi quello di portare all’attenzione delle autorità sanitarie la necessità di una prospettiva più orientata ai bisogni di salute delle persone LGBTI e all’eliminazione delle barriere che si frappongono tra le persone stesse e i servizi. Infatti, una ricerca del 2005 di Arcigay su 6744 persone LGBTI, “Modi di”, mostrava come poco più del 30% temessero reazioni negative da parte del medico se si fossero “dichiarati”, e che infatti l’80% delle donne lesbiche e il 68% degli uomini gay non avesse detto nulla della propria omosessualità al medico curante.
La salute sessuale
Negli ultimi anni, da quando si è cominciato a pensare al sesso come a qualcosa di più di un mero mezzo riproduttivo (per fare figli), si è cominciato anche a parlare di salute sessuale (cioè che riguarda la sessualità) come concetto nuovo che prima era “implicito” nel concetto di salute riproduttiva (cioè che riguarda la riproduzione dei figli). Secondo una definizione della stessa Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), siamo tutt* esseri sessuali, e lo siamo per tutta la vita, indipendentemente dal fatto che facciamo o meno figli: la sessualità è un aspetto centrale dell’essere umano durante tutta la vita, e include il sesso, le identità e i ruoli di genere, l’orientamento sessuale, l’erotismo, il piacere, l’intimità e la riproduzione. La sessualità è vissuta ed espressa in pensieri, fantasie, desideri, credenze, atteggiamenti, valori, comportamenti, pratiche, ruoli e relazioni. Mentre la sessualità può includere tutte queste dimensioni, non tutte queste dimensioni sono sempre vissute ed espresse dalle persone.
Secondo la stessa OMS, quindi, “la salute sessuale è uno stato di benessere fisico, mentale e sociale in relazione alla sessualità. Richiede un approccio positivo alla sessualità e alle relazioni sessuali, così come alla possibilità di avere esperienze sessuali in sicurezza e che procurino piacere, libere da coercizione fisica, discriminazione o violenza.”. Non solo dunque l’integrità del corpo come sicurezza dalle malattie, ma anche la necessità di conoscere il proprio corpo, la sua risposta sessuale e i suoi piaceri, in un quadro di sicurezza, responsabilità e rispetto per gli altri, e di relazioni consensuali e che procurino piacere reciproco.
Limiti e ritardi culturali di matrice anche religiosa sul tema del corpo e della sessualità continuano a mantenere scarsamente popolare in Italia il concetto di “salute sessuale”, cosa che si traduce in una drammatica incapacità da parte delle autorità sanitarie a “vedere” i problemi di salute legati a questa sfera con un’ottica coerente, specifica e aperta: non è un caso se, tranne rare eccezioni, mancano in Italia “cliniche sessuali” in cui i rischi legati all’attività sessuale siano trattati insieme in un’ottica di prevenzione e di rapporto con la persona e con i suoi bisogni sessuali. Questa mancanza è un problema che Arcigay cerca di affrontare dando tutta l’informazione che serve alle persone LGBTI affinché abbiano gli strumenti più adeguati per scegliere se e come proteggere e migliorare la propria salute sessuale in un quadro di diritto al piacere e di rispetto per sé stessi e per gli altri.
L’HIV è ancora una priorità
Dal 2008 l’associazione è particolarmente impegnata in una strategia di lotta all’HIV e di riduzione dello stigma sofferto dalle persone che vivono con HIV, e dal 2012 si è dotata di un documento guida votato dall’allora Consiglio Nazionale. Quest’area di azione è diventata prioritaria per l’associazione per due motivi principalmente:
- gli uomini gay o bisessuali e le persone transessuali MtoF continuano ad essere particolarmente colpiti dall’epidemia in tutto il mondo, che è cresciuta ancora in questo sotto-gruppo negli ultimi anni e che comunque lo caratterizza per un’alta prevalenza (la percentuale di persone che vivono con HIV in una data popolazione), in Italia stimata attorno al 10% tra gli uomini gay e bisessuali;
- l’HIV non è solo un’infezione che può avere conseguenze gravi se non trattata con terapie oggi altamente efficaci (che di fatto la cronicizzano e la rendono gestibile e persino non infettiva per altri), ma è soprattutto una fonte di stigmatizzazione odiosa che aggiunge allo stigma già legato alla propria (omo o trans)sessualità anche quello legato all’HIV: il fatto che ci siano molte persone che vivono con HIV tra gli uomini gay o bisessuali e tra le persone trans, e con loro i loro potenziali partner, famigliari e amici, mette la comunità e la stessa associazione in una posizione di responsabilità ulteriore verso il benessere di tutti.
In sostanza, la nostra è volenti o nolenti una comunità “sierocoinvolta”, ma ne ha una scarsa percezione anche a causa dello stigma e dei tabù legati all’HIV. Sono diversi i motivi per cui gli uomini gay e bisessuali sono maggiormente esposti al rischio HIV e, per la maggior parte non sono legati ad un diverso modo più o meno “responsabile” di vivere il sesso: l’alta prevalenza, il sesso anale di per se’, la conformazione delle reti di contatti, l’omofobia (per approfondire clicca qui). In sintesi, quindi, un uomo gay o bisessuale deve fare uno sforzo di prevenzione e di riduzione del rischio molto più alto di una persona eterosessuale, perché le condizioni di partenza sono già sproporzionatamente “più a rischio”.
Le conoscenze e gli strumenti che oggi abbiamo dell’HIV consentirebbero l’eliminazione sia dell’epidemia, sia dello stigma collegato all’HIV. Infatti oggi una persona che vive con HIV, ma che è in terapia e tiene sotto controllo a livelli di non rilevabilità il virus nel sangue, ha un rischio quasi nullo di trasmettere l’infezione. E’ praticamente non infettiva. Infatti si ritiene che l’epidemia sia alimentata soprattutto da chi ha l’HIV ma non lo sa e quindi non assume la terapia e quindi può trasmettere inconsapevolmente il virus, e in misura molto minore da persone che lo sanno ma per ragioni varie non assumono la terapia o la assumono male rendendola inefficace. Questo aspetto ha un risvolto fondamentale, sia perché offre uno strumento importante per fermare l’epidemia, sia perché evidenzia la violenza e l’inutilità dello stigma verso la persona che vive con HIV anche nella sfera sessuale.
Il lavoro di Arcigay sull’HIV
Il documento votato nel 2012 dall’associazione (confermato anche nell’ultimo congresso), ha dato mandato all’associazione di lavorare prioritariamente sull’HIV con un approccio di prevenzione combinata che tenga conto e metta insieme tutti gli aspetti e gli strumenti utili a fermare l’epidemia e a migliorare il benessere delle persone, sia coloro che sono a rischio di esporsi all’HIV, sia coloro che vivono con HIV: condom e lubrificante, riduzione dello stigma legato all’HIV, TasP (terapia come prevenzione), PrEP, focus sulle infezioni sessualmente trasmissibili che facilitano l’epidemia, riduzione dell’omofobia, aumento dell’accesso al test HIV. L’obiettivo finale dell’associazione è che le persone della nostra comunità, e in particolare gli uomini gay e bisessuali:
- conoscano e controllino frequentemente il proprio status HIV;
- possano parlare serenamente e apertamente di HIV, di come si gestisce e di come si evita, senza paure irrazionali e controproducenti;
- abbiano accesso a tutti i mezzi di prevenzione disponibili e a tutte le informazione utili a minimizzare e gestire il rischio;
- se vivono con HIV, possano vivere bene come tutt*, ivi inclusa la percezione di potersi “dichiarare” senza paura di essere rifiutate solo per il proprio status sierologico.
In questo contesto proprio l’accesso al test HIV è diventato un elemento strategico e chiave dell’azione di prevenzione per Arcigay, e l’associazione ha impegnato risorse con diversi progetti, assieme ad uno sforzo maggiore per combattere lo stigma legato all’HIV. L’obiettivo di Arcigay è quello di arrivare ad una sempre maggiore integrazione tra servizi sanitari pubblici e servizi community-based gestiti direttamente dalle associazioni: per questo Arcigay dal 2015 ha aperto in 10 città punti test HIV rapidi offerti prioritariamente a uomini gay e bisessuali e persone trans. L’approccio community-based si basa sul principio che i membri della comunità LGBTI conoscono meglio delle autorità sanitarie i linguaggi, i modi e i bisogni della stessa, possono parlare più apertamente con un approccio positivo al sesso, possono raggiungere più facilmente le persone che devono essere raggiunte dal lavoro di prevenzione e possono quindi gestire gli stessi servizi con un migliore risultato.
A livello nazionale Arcigay è presente nella sezione L (Lotta contro l’AIDS) ed M (Volontariato per la lotta contro l’AIDS) del Comitato Tecnico Sanitario ministeriale, dove svolge una continua azione di advocacy verso il ministero e le istituzioni pubbliche affinché prendano maggiormente sul serio, con azioni concrete, la necessità di uno sforzo maggiore e prioritario verso chi ha più bisogno di prevenzione. Inoltre Arcigay è componente del Comitato Scientifico di Programma (SPC) e del sub-comitato di Comunità (CsC) di ICAAR – Italian Conference on AIDS and Antiviral Research, la conferenza nazionale AIDS. A livello europeo è membro di AIDS Action Europe.
Programmi e progetti:
ProTEST: Programma di promozione e offerta del Test HIV rapido, gratuito e anonimo in contesti non ospedalizzati (sedi associative, eventi LGBTI, saune, discoteche, ecc.), dedicato prioritariamente a uomini gay e bisessuali e a persone trans. Il programma nelle annualità 2015-2016 è stato sostenuto dall’Unione delle Chiese Metodiste e Valdesi con fondi 8×1000 e da un contributo non condizionato di ViiV.
Riferimenti:
Mayer KH, Bradford JB, Makadon HJ, et al. Sexual and gender minority health: What we know and what needs to be done. American Journal of Public Health. 2008:98; 989-995.
Wolitski, RJ, Stall, R Valdiserri, RO. Eds. Unequal Opportunity: Health Disparities Affecting Gay and Bisexual Men in the United States. New York: Oxford University Press, 2008.
Clements NK, Marx R, Guzman R, Katz M. HIV prevalence, risk behaviors, health care use, and mental health status of transgender persons: implications for public health interventions. American Journal of Public Health. 2001;91:915-921.
Meyer IL, Northridge ME. Eds. The Health of Sexual Minorities: Public Health Perspectives on Lesbian, Gay, Bisexual and Transgender Populations. New York: Springer. 2007.
Solarz, AL. Ed. Lesbian Health: Current Assessment and Directions for the Future. Washington, DC: National Academy Press; 1999.