Da "Il Mattino di Padova" 9 giugno ’02
PADOVA. Ventimila persone, un corteo impressionante che ha colto di sorpresa gli stessi organizzatori. Un Pride festoso e variopinto, pacifico e civile: che rilancia la vocazione «trasversale» del movimento lesbogay. Capace di calamitare alleanze nell’arcipelago progressista, affogando in un mare di folla l’aggressività di Forza Nuova e relegando a comprimari i centri sociali, pure partecipi all’everto. Smacco cocente per Giustina Destro: sindaco «invisibile» di una città che ha accolto il Pride con simpatia.
Una lunga giornata per Padova, dove l’orgoglio omosessuale ha messo in sordina le provocazioni più ostentate per assumere il volto e il linguaggio dei diritti civili. Palloncini, disco music e balletti transessuali sul furgoncino imbandierato alla testa del corteo: poi, la staffetta di motociclisti gay in pelle nera e l’arcobaleno di associazioni e movimenti provenienti da ogni angolo del Paese. In prima fila i circoli di omosessuali – Crisalide e Orsi, Orlando e Gioconda – dai nomi fantasiosi e allusivi. Poi i Comunisti – «Avanti popolo contro il nuovo fascismo» recita il loro striscione – e Rifondazione, il plotone dei Ds guidato da Cesare Damiano e i ragazzi della Sinistra giovanile, i socialisti e i verdi. Bionde transex platinate e leopardate, bandiere gialloverdi di Legambiente, gruppi e comunità cristiane, delegazioni radicali e di Amnesty International. Nel bel mezzo, la «schiera dei disobbedienti» capitanata da Luca Casarini, tenuta d’occhio dai celerini. Visibile e «pesante» la presenza della Cgil, che sguinzaglia cento delegati a svolgere il servizio d’ordine.
Da via Scrovegni alla stazione, nel cielo di piombo volteggia un elicottero, i curiosi gremiscono i marciapiedi. Slogan ritmati – «Lesbo qua, lesbo là, lesbo tutta la città»; «Giustina, Giustina, dove sei? Oggi Padova è tutta gay» – echi dell’ultradestra, proclami bellicosi dei No Global: «Questo è giorno del Pride» sorride Franco Grillini, parlamentare e presidente onorario di Arcigay «non è tollerabile il parassitismo politico di chi cerca di strappare il palcoscenico alla difesa dei nostri diritti». In corso del Popolo una salva di applausi, dalle finestre dei palazzi c’è chi lancia fiori: «La risposta della città è straordinaria» commenta il deputato diessino Piero Ruzzante «oggi ha vinto la libertà e hanno perso gli assenti. Forza Nuova? Denunceremo in Parlamento la sua apologia del nazifascismo in spregio alle leggi in vigore».
Ragazzi mano nella mano, ragazze che si baciano, tante coppie etero, giovani genitori con i bambini appollaiati sulle spalle. E’ un sabato particolare, dove normalità e trasgressione si mescolano senza respingersi in un trionfo di piercing e piume di struzzo.
Fino a piazza Insurrezione, tappa conclusiva del Pride. Dove la vistosa trans Barbara improvvisa una lap dance non proprio patinata, gli amplificatori scaricano la voce di Madonna («Like a Virgin» o giù di lì) e miss Pomponia, madrina dell’evento, dà il via agli interventi dal palco.
Un boato accoglie Alessandro Zan, laureando in ingegneria un po’ timido e dai modi educati, proiettato all’improvviso sotto i riflettori: «Siamo in tanti, è una festa incredibile, noi siamo dalla parte della legalità, chi ci minaccia è fuori dal tempo e dalla Costituzione». Ringrazia i parlamentari presenti – assenti i big, Cofferati ha inviato un messaggio – e chiede alla platea: «Dov’è il sindaco? Si faccia vedere, l’avevo invitata sul palco, pensavo che rappresentasse l’intera comunità».
A seguire, le testimonianze di Mara Siclari – «Sono transessuale, milito della Cgil ma soprattutto vivo con la mia famiglia» dice – e di Simonetta Brizzi, dipendente dell’Usl di Verona «discriminata perché lesbica». Poi, tutti in Fiera: canta Irene Grandi, c’è il party. Che la festa continui.