Gentilissimo Augias,
Corrado Augias
come diceva sarcasticamente il nostro caro Gaber, la chiesa (cattolica) si rinnova. ‘ proprio così? Apparentemente sembra di sì, ma quando si toccano le questioni sessuali e legate alla vita privata tutto resta invariato. Perchè stupirsi quando un professoressa di religione viene licenziata a causa della sua maternità non "regolarizzata" con il matrimonio? Perché stupirsi quando un prete viene allontanato perchè partecipa ad una manifestazione omosessuale? Perchè stupirsi che il clero si indigna perché la bandiera della pace è troppo simile a quella dei gay? Perché stupirsi de fatto che milioni di persone muoiono perché ‘uso del preservativo per gli ecclesiastici è un reato?Perché stupirsi del divieto di abortire anche se si è state violentate? Le mie domande, ovviamente un p’ retoriche, vogliono essere soltanto un modo per sottolineare ,su alcuni casi concreti offerti dalla recente cronaca, certe assurdità. Non credo che al giorno ‘oggi possano essere presentate come la morale più giusta da seguire, anche per chi segue quella religione.Molti politici e giornalisti, dopo il clamoroso caso della professoressa licenziata, hanno manifestato forti perplessità su questo tipo di fede. Io mi associo, ma vorrei far notare che questi trattamenti non sono purtroppo una novità.
Rosalba Sgroia, Roma
RISPOSTA di Corrado Augias
I precetti religiosi, le regole morali di una fede, riguardano solo i fedeli che hanno scelto di osservarle. Ogni fede è per principio libera e intima. Nessuno può costringerci ad aderirvi, nessuno può impedirci di abbandonarla. Per conseguenza, se la tradizione cattolica, per esempio, esclude le donne dal sacerdozio, solo i fedeli possono premere, ove ritengano, sulle gerarchie per far revocare un divieto così evidentemente logoro. Ci sono però delle eccezioni che intervengono quando la prescrizione di una chiesa contrasti con i principi umanitari o giuridici di fondo. Nel caso della signora Simonetta, allontanata perché incinta senza essere sposata, questa violazione è clamorosa. Nel provvedimento vescovile, al quale la corte di Cassazione è stata costretta ad adeguarsi in base al Concordato, ‘è il segno non di una moralità forte, ma della paura. Una Chiesa che, in fatto di moralità sessuale, è travolta dal galoppo dei tempi, più attente al denaro che alla "santità", ha scelto come esemplare il caso sbagliato, punendo una giovane donna che aveva fatto la scelta più difficile obbedendo, colmo del paradosso, al dettato cattolico sulla difesa della vita. Questo episodio non è di esclusiva competenza ecclesiastica perché viola in modo sfacciato quel diritto alla dignità che tante leggi, a cominciare dalla Costituzione, garantiscono ai cittadini della Repubblica. Si parla tanto di fondamentalismo islamico: ecco un caso dal quale trapela un connotato tipico di ogni fondamentalismo incapace di distinguere tra legge civile e precetto religioso. Su un caso del genere uno Stato attento a se stesso impianterebbe subito un confronto mettendo in mora quel Concordato con ogni evidenza pieno di ambiguità se permette che tali assurde decisioni vengano prese e che la nostra magistratura nulla possa fare per evitarle.