Da oggi sarà più facile licenziare i dipendenti gay

  

Da oggi è più facile licenziare un dipendente gay o lesbica a causa della sua omosessualità. La direttiva europea contro le discriminazioni è stata così brutalmente stravolta nel decreto italiano di recepimento.
Il Consiglio dei Ministri, infatti, ha approvato oggi il decreto legislativo di attuazione della direttiva europea 2000/78 contro le discriminazioni sul lavoro motivate da religione o convinzioni personali, handicap, età o orientamento sessuale. Nonostante le numerose sollecitazioni da parte della comunità gay. lesbica e transessuale, il testo approvato oggi stravolge in maniera sostanziale lo spirito della direttiva comunitaria.

In particolare, il comma 3 dell’art.3 del testo approvato introduce, in modo palesemente anticostituzionale, l’ipotesi di licenziamento sulla base dell’orientamento sessuale, laddove afferma:

Pari Opportunità?

Pari Opportunità?

“Non costituiscono atti di discriminazione (…) quelle differenze di trattamento dovute a caratteristiche connesse alla religione, alle convinzioni personali, al’handicap, al’età o all’orientamento sessuale di una persona, qualora si tratti di caratteristiche che incidono sulle modalità di svolgimento del’attività lavorativa o che costituiscono un requisito essenziale e determinante ai fini dello svolgimento del’attività lavorativa. Parimenti, non costituisce atto di discriminazione la valutazione delle caratteristiche suddette ove esse assumano rilevanza ai fini del’idoneità allo svolgimento delle funzioni che le forze armate e i servizi di polizia, penitenziari o di soccorso possono essere chiamati ad esercitare".

“In spregio alla direttiva europea — commenta il presidente nazionale di Arcigay Sergio Lo Giudice – si introduce qui una serie di eccezioni al principio antidiscriminatorio affermato. Secondo questo assurdo testo, un gay potrà essere licenziato se considerato non adatto a svolgere un lavoro a causa della sua omosessualità. Un provvedimento degno dell’Iran di Khamenei, lontano anni luce dalla volontà del legislatore europeo”

Nel decreto legge approvato, l’onere della prova della discriminazione, che per la direttiva era esplicitamente a carico del datore di lavoro, ricade sul lavoratore. Scompare inoltre il previsto coinvolgimento delle organizzazioni non governative nella lotta alle discriminazioni.

“Il decreto proposto da Maroni e Buttiglione e approvato dal governo – prosegue Lo Giudice – costituisce il peggior testo di recepimento della direttiva attuato finora da uno Stato europeo.
Uno schiaffo ai soggetti discriminati, una violazione degli impegni europei, una beffa per chi si aspettava l’adeguamento dell’Italia agli standard comunitari. Non staremo a guardare: sabato 5 luglio, giorno del Gay Pride nella capitale, manifesteremo a mezzogiorno con un sit-in sotto Palazzo Chigi”

Oggi stesso, per protesta contro il grave gesto del governo, i tre componenti della commissione "Sessualità, discriminazioni ed integrazione sociale presso il Ministero per le Pari Opportunità ed esponenti della comunità gay e lesbica, lo psicoterapeuta Paolo Rigliano, la psicologa Margherita Graglia e l’esperto giuridico Alberto Baliello hanno rassegnato le loro dimissioni con la seguente nota congiunta:

“Avevamo accettato l’offerta del ministro Stefania Prestigiacomo di far parte del gruppo di studio su Sessualità, discriminazioni ed integrazione sociale, presieduta dal prof. Ferdinando Aiuti, con lo spirito di contribuire, sia pure fra le evidenti difficoltà iniziali, ad affrontare in modo positivo la questione omosessuale nel paese.
La scelta di oggi ci mostra la realtà dei fatti: questo governo ha in spregio i diritti delle persone gay, lesbiche e transessuali. Lo diciamo con amarezza e delusione, poiché avevamo creduto nella possibilità di un’azione di uguaglianza e innovazione al di là delle etichette politiche. Purtroppo le nostre speranze si infrangono di fronte ad un atteggiamento inaccettabile.
La commissione, nonostante le nostre sollecitazioni, non è stata in alcun modo coinvolta nel percorso di definizione del decreto, rivelando così il suo ruolo di foglia di fico delle inadempienze governative e la sua sostanziale inutilità. Si compie qui una parabola discendente che non può che concludersi con le nostre dimissioni e la nostra richiesta di scioglimento di una Commissione ormai senza alcun senso . Non ci interessa il ruolo di “usignoli dell’imperatore”. Restiamo nella comunità a portare avanti da lì il nostro impegno per la fine delle discriminazioni e l’uguaglianza dei diritti”.


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