GLBT in Bosnia Erzegovina

  

Tiho e Tanja sono la stessa persona. Tiho però è ben conosciuto da molte persone, lo vedono durante il giorno, al lavoro, al bar, per strada. Dovevano trascorrere 34 anni perché qualcuno in un luogo pubblico conoscesse anche Tanja. È accaduto di recente, a Sarajevo durante il primo grande incontro della comunità gay della Bosnia Erzegovina.

Tiho alias Tanja non poteva nemmeno pensare che in BiH esistesse una qualsiasi organizzazione che raccoglie persone di differenti orientamenti sessuali e generi di identità. E così, nel momento in cui aveva perso “anche l’ultima speranza che si potessero incontrare delle persone simili”, è arrivata una chiamata dalla Associazione Q e lo hanno invitato ad unirsi a loro.

“Sono andato con molte riserve e timori, nonostante tutto, anche io nutrivo grossi pregiudizi su cosa potesse essere, credevo che fosse una qualche sorta di bordello, come dicono tutti, dove tutti si buttano addosso a tutti. Invece, sono stato felice quando ho visto che si trattava di gente normale, di più: gente magnifica. Al punto che l’ultima sera , per la prima volta in pubblico, mi sono vestito da donna. Al ritorno ho pianto per tutto il viaggio, perché non potevo credere che qualcuno mi avesse accettato per quello che sono”, racconta Tiho, e non era l’unico.

Per la prima volta, da quando nel febbraio è stata registrata l’Associazione Q, come prima organizzazione per la diffusione e la difesa della cultura, dell’identità e dei diritti umani delle persone queer, la comunità gay ha iniziato ad uscire dal mondo virtuale. Benché grazie alla diffusione di internet oggi sia maggiore la libertà di essere ciò che sono, molti non vedevano l’ora di poter sostituire gli incontri nelle chat room, con incontri reali.

“L’obiettivo primario della organizzazione è quello di fare in modo che nell’incontrarsi reciproco in qualche modo le persone si rinforzino, ossia che possano essere in grado di cristallizzare e di riconoscere la propria identità. Non si tratta di una segregazione, ma di un avvicinamento che li può aiutare a sentirsi più sicuri, in un ambiente più favorevole”, dice Svetlana Ðurković, considerata la fondatrice della prima rete seria della comunità queer in BiH. Lei è al tempo stesso una delle poche pronta ad uscire in pubblico, e il suo impegno per molti rappresentata un passo rivoluzionario sulla strada grazie alla quale anche la scena gay piano piano acquista il suo spazio ufficiale.

Commenti come quello su Sarajevo-X-forum – “Siete fortunati che non avete ancora l’indirizzo, sarà dura quando lo avrete” — non hanno impedito alla Associazione Q di continuare a cercare un luogo per il proprio ufficio.
Fino ad allora, la gente che inizia a raccogliersi attorno a questa associazione si dà da fare per incontrarsi in qualsiasi modo. Così che quando l’equipe di DANI è andata a Trebinje per conoscere Tiho alias Tanja, si sono unite a noi anche due ragazze, lesbiche. Tiho lo conoscono da meno di un mese, ma non volevano perdere una delle rare occasioni per passare un po’ di tempo insieme.

“Quando sono venuta a conoscenza di tutta questa gente, sono giunta ad una certa consapevolezza. Non di ciò che sono e chi sono, ma di aver capito che tutto ciò non è poi così grave. Ti prende proprio la sensazione che non sei sola. Devo riconoscere che la frequentazione di queste persone mi aiuta molto. In realtà, tutti i miei amici sanno come sono, ma è molto diverso quando vado, per esempio, da Svetlana e dico: “Senti, ho un nuovo amore, una ragazza super…” che quando vado da una mia amica che è straight e che anche lei mi chiede se ho una storia con qualcuno e io dico ”Ce l’ho” e mi fermo. So che mi capirà, ma non mi sento sempre a mio agio nel raccontarle tutto, soprattutto in termini di sesso. Quindi, è molto più rilassato, aperto, in questa comunità la gente ti accetta. In questo modo raggiungiamo velocemente la fiducia in noi stessi, in cosa siamo e in chi siamo”, afferma la ventinovenne Maja, mentre l’amica Amra con un sorriso ribatte: “ancora un po’ e diventerai una lesbica professionista!”

Loro due hanno passato sei mesi e mezzo insieme e, anche se oggi ognuna ha il proprio “amore”, sono rimaste molto vicine.

“Le persone straight normalmente si sentono strane tra di noi, si sentono in imbarazzo, molti accettano, ma ‘non toccarmi’. Non capiscono che da noi va un po’ diversamente, non partirai mai verso qualcuno di cui non sei sicuro al 90 percento che è quello che è, ed è per questo che la maggior parte delle nostre conoscenze si sviluppa attraverso internet”, dice Amra, la quale prima di avere il suo primo contatto con una donna è stata sette anni con un ragazzo.

Nemmeno oggi non desidera dichiararsi esclusivamente né come bi né come lesbica. A differenza di Maja.

“Prima di questo sono stata con una ragazza per cinque anni, ma sono stati cinque anni di ricerca, amore e un po’ di abitudine. Un mio amico mi ha detto: “essere gay, è solo la fase di transizione; esatto — io ho sempre avuto relazioni sia con gli uomini che con le donne. Forse l’unica differenza tra le relazioni lesbiche e quelle eterosessuali, è che nelle donne le emozioni sono molto più forti, e c’è molta amicizia. Ovviamente, qui è importante anche la sessualità. Le donne mi hanno sempre attratto di più e, dopo un po’ di tempo, si è dimostrato che per me non è proprio né un passatempo né una sperimentazione.

Tiho alias Tanja stava davanti a noi. Mentre le due ragazze lo abbracciavano allegramente, e noi misuravamo la sua altezza di due metri, dalla soglia di casa ci invita ad entrare una bella giovane donna. Era la compagna di Tiho.

“Subito mi sono innamorata perdutamente, perché era diverso da tutti gli altri ragazzi, incredibilmente sensibile, tenero — un po’ come il principe azzurro sul cavallo bianco”, racconta Slavica, mentre Tiho scherzando la corregge: “come la principessa”.

“E così abbiamo deciso di vivere insieme. Un mese dopo, una sera, mentre stavo sdraiata sul letto, Tiho ad un tratto entra vestito con una camicia da notte di satin. Shock! Io penso: Cara Slavica, questo è un pazzo. Con chi diavolo ti sei messa?! Jack lo squartatore, penso, adesso mi pianta un coltello addosso, mi fa a pezzi e mi mette in una lattina e hop sul mercato europeo. Così me ne sto sdraiata immobile, poi lui si è avvicinato, e ha iniziato a raccontare… Racconti quello che vuole ho pensato, ma per me in quel momento bastava che rimanessi viva. Ma caspita, si era messo a parlare di cose strane”, ridendo ricorda Slavica e continua: “Sapevo già dei gay e delle lesbiche, e non me ne fregava niente, per quel che mi riguarda, che facciano quello che vogliono. Ma questo riguardava me! Per prima cosa penso, è malato; non fa niente, lo portiamo dal dottore, lo curerò, perché tutto il resto è perfetto, è bellissimo con lui, dobbiamo metterlo a posto. Prima di allora non avevo mai sentito nulla del genere, e quello che avevo visto in TV era uno scherzo. E adesso hai davanti a te una persona che desidera essere una donna. Pensa che stupidità: io per tutta la vita ho desiderato essere un maschio, e lui vuol essere femmina — ma dove?! Così grossolano com’è!”, racconta Slavica, mentre Tiho la osserva con amore.

Grazie a lei, ha deciso di lasciarsi andare a quello che aveva sognato per tanti anni — cambiare identità. Tuttavia, con o senza operazione, Tiho in una parte si è sempre sentito una donna.

“Già da alcuni miei primi ricordi, mi attirava lo stile di vita femminile, la compagnia delle donne. Dopo che mi accorsi, col contribuito i miei genitori, che era una cosa vergognosa, mi chiudevo in me stesso e sfruttavo alcuni momenti di solitudine per vestirmi così. Tutto iniziò per gioco, quando prendevo, diciamo, in prestito da mia madre degli indumenti intimi. Cercando di arrivare a capire il motivo del mio comportamento, cercai di trascurare quei miei sentimenti, pensando che sarebbero passati. Invece, sentii un senso di vuoto. Quello che mi pesò di più, fu il non aver avuto contatti con gente come me, è ciò mi portò ad un forte senso di solitudine. Con grande difficoltà giunsi a sapere di tutto ciò; posso dire che in 25 anni ho trovato forse tre testi sui transessuali che valgono la pena e che non sono il risultato di incomprensioni. Nel frattempo, conobbi una ragazza, la prima che mi accettò per quello che ero, e allora avevo già capito che non volevo stare con gli uomini”, dice Tiho.

I suoi genitori non hanno mai saputo che lui è transessuale. Però, il padre non è mai riuscito a capire certi comportamenti di Tiho, come quando per caso lo beccò che preparava la pita (piatto tipico bosniaco, ndt.) sul tavolo: “Mi fissò con gli occhi spalancati per qualche minuto e poi mi disse: ‘figlio, cosa ti sta succedendo? Dai, siediti un po’ che ne discutiamo’”.

Per Tiho anche oggi non ci sarebbe felicità maggiore se esistesse e vivesse ufficialmente come donna. Benché non si senta come qualcuno la cui inclinazione può essere ridotta alla sola formalità di indossare abiti femminili, Tiho in quei momenti si sente una persona completa. Qualche volta è stato in grado di sistemarsi, uscire di casa, fare un giro e tornare indietro. Per essere almeno per un momento una donna.

Vive una vita diversa di notte, a casa. Quando siamo andati a cena, Tiho ci ha lasciato un attimo. È sparito per una mezzora. Dopo di che è uscita dalla stanza Tanja. Bionda con la mini, gambe lunghe depilate e unghie laccate.

“Vorrei comprarmi un’altra parrucca. Questa me la ha regalata Slavica per il compleanno, ma si è rovinata, e poi non mi piace più così tanto”, ci ha detto Tanja aggiustandosi i capelli, mentre Slavica si è lamentata che ogni tanto le ruba qualche vestito.

“Mi vergogno a dire davanti ai bambini: ‘dove sono le mie mutande?’”, dice Slavica, e Tanja le ribatte: “E tu che mi freghi la roba!”.

– Ti ho solo preso i boxer

– Quali boxer, mi hai preso i pantajazz e li hai rovinati! — conclude Tanja, mentre Slavica ride di gusto.

“A volte tutto questo mi sembra un caos, e ogni tanto mi fa impazzire. Alla sera i bambini vanno a dormire, e lui sta un’ora in bagno — si trucca, si lacca le unghie, e sta seduto un po’, per poi togliersi tutto; io lo ammiro. Tempo fa ho capito che c’è d’avvero qualcosa in quello che fa; non mi entusiasma, ma mi sono abituata. Ho più paura dei bambini e della gente. Ma l’ironia più grossa è che le mie amiche sognano di avere un uomo come Tiho, e dicono ‘Oh è fantastico, come lui non ce ne sono più’; ed io penso — meglio così”, racconta Slavica stuzzicando Tanja.

“È stato molto più difficile per mia moglie accettarmi così come sono, che, per esempio, per te. Posso dire, però, che abbiamo creato una tale libertà nella nostra vita che posso permettermi di vivere mezza giornata da donna. Ed io ho imparato a controllare questo mio bisogno, e so come canalizzarlo. Penso che col mio comportamento non faccio del male a nessuno. Come non mi permetto di avere pregiudizi o incomprensioni verso l’altra gente e le loro preferenze, credo che la gente non debba averli nei nostri confronti”, dice Tanja alias Tiho.

Statistiche
Queer è un termine che comprende quelle persone che in qualsiasi modo attraverso la propria identità e orientamento, pensieri ed opinioni, si differenziano dalle norme etero-patriarcali.

“Esiste un concetto di queer dentro qualsiasi identità che comprenda la differenza da qualsiasi norma. Ossia, rifiutare una qualsiasi norma che assimila ad una determinata identità, è queer. Semplicemente, in alcune cose non serve cercare un comportamento o un pensiero di tipo classico, perché non vuol dire che quello cambierà in un dato momento”, afferma Svetlana Ðurković, che preferisce usare il termine minoranze di sesso o di genere.

“Se dicessi sessuali, implicherebbe la sessualità, mentre il termine genere si riferisce anche alle persone transgender, ossia non è basato solo sul comportamento biologico, ma anche sulla identità che proviene direttamente dal sesso, ossia dal concetto di genere. Inoltre, le persone che sono transgender non devono per forza essere dello stesso orientamento sessuale, ma vengono comprese comunque nelle minoranze queer. Ovviamente, qui si prende in considerazione la massa di persone che sono gay ma che non lo sanno ancora esprimere”, dice Svetlana, la quale afferma che in BiH c’è una forte comunità gay. Le sue dimensioni non sono ancora note, tuttavia in generale si considera che in ogni compagnia esista almeno il 10 percento di appartenenti a questa minoranza.

“Se valutiamo secondo le scale di valori dei Greci antichi, quando l’omosessualità era permessa, quel numero è ancora più alto, tenendo in considerazione che a quel tempo non si faceva questione di identità, ma di comportamento.
Tuttavia, le statistiche si misurano ufficialmente secondo la scala di Kinsley, messa a punto negli anni ’40 e ’50 quando le domande erano legate all’identità, ossia, avete mai avuto una relazione omosessuale, e non: siete gay?”, dice Svetlana.

Pericolosità
L’Associazione Q ha in corso di stampa diverse pubblicazioni riguardanti le questioni della comunità queer. Fino ad ora, oltre ad alcuni incontri formali, si è tenuta una sola conferenza a cui hanno partecipato anche le organizzazione della regione. Al gay pride non si pensa ancora a causa dei problemi di sicurezza. Molti membri della associazione ritengono che non sia ancora il momento per attività organizzate di quel livello.

“Noi abbiamo ancora troppi maniaci e skinheads nascosti. Poi, il grosso problema è la famiglia, che qui è molto importante, bisogna fare i conti anche con loro e non essere egoisti. Diciamo, Svetlana è out per tutti, la sua famiglia sa di lei e non ha motivo di nascondersi, perché il 90 percento della organizzazione poggia su di lei. Dobbiamo confrontarci anche con questo, che c’è sempre la possibilità di un pericolo per la nostra comunità, ma gli altri devono capire che noi rispettiamo molto le altre persone, non provochiamo nessuno e cerchiamo solo che loro ci rispettino come individui”, dice Maja.

Da "Osservatorio sui Balcani"


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