Prima di cominciare a giocare si stringono in cerchio e urlano «Illuseeee». In campo alzano palloni e lanciano commenti tipo: «Hai visto le gambe del numero 6?», «Guarda che belle spalle ha il 3». A fine partita festeggiano gridando: «Forza ragazze».
Il Gate Volley in campo
«Siamo quelli del’altra parrocchia» cosi presenta tutti Francesco Piemonte, 32 anni, bancario di professione e schiacciatore in campo. Sono i giocatori del circolo gay Gate volley. Un giorno i più forti tra loro hanno pensato di iscriversi al campionato di pallavolo del’associazione cattolica Csi (Centro sportivo italiano) che si gioca nella diocesi milanese. Nel modulo da compilare ‘era una voce che più di ogni altra li preoccupava: quella in cui si chiedeva di indicare il proprio «consulente ecclesiastico». Non si sono scoraggiati, hanno lasciato lo spazio vuoto e la domanda ‘hanno presentata lo stesso con tanto di statuto allegato.
«Lì ‘è scritto chiaramente che la nostra è u’associazione gay» puntualizza il presidente Marco Caprini, 32 anni, anche lui bancario. «Abbiamo cominciato a pensare a tutte le scuse che avrebbero inventato per escluderci. Poi, quando abbiamo scoperto che il Csi ci aveva inseriti nel suo calendario, ci siamo detti: "0 non hanno letto che siamo gay o per loro la cosa non è importante". Ma perché questo particolare non sfuggisse, sin dalla prima partita abbiamo giocato con il simbolo del’Arcigay sulla maglietta». Da quel giorno i giocatori della Gate volley sono diventati ‘incubo degli avversari. ‘anno scorso sono arrivati secondi ai tornei provinciali e quarti a quelli regionali, ques’anno svettano al primo posto del loro girone nel torneo Open maschile. Hanno la miglior difesa e il miglior attacco e nessuno è mai riuscito a batterli.
«Ora ci temono e ci rispettano» gongola Marco che, troppo preso dalle pratiche burocratiche del’associazione, è sempre più lontano dal campo di pallavolo. «Solo una volta dei giocatori si sono rifiutati di fare la doccia con noi. Hanno detto: Prima noi, poi voi". Ma era perché li avevamo battuti tre a zero».
Andrea Minuzzo, 33 anni, incalza: «Tanti non sopportano di perdere con dei gay. Pensano che siamo delle mammole e poi si trovano di fronte sei furie scatenate. Siamo i più bravi e adesso abbiamo in formazione anche un eterosessuale: ha chiesto di giocare con noi dopo che abbiamo battuto la sua squadra».
Alla Gate volley sono iscritti 50 soci che tutti i martedì e i giovedì, maglietta e pantaloncini rossi, si allenano in una palestra di Cinisello Balsamo, alle porte di Milano. Oltre alla squadra dei titolari ci sono due formazioni che giocano in altri tornei. Sono avvocati, bancari, commercialisti, impiegati che in passato hanno giocato anche a livello agonistico e poi si sono iscritti al’associazione gay per sentirsi a proprio agio.
«Fare sport è un modo per conoscersi e divertirsi. Non a caso in palestra sono nate molte coppie » racconta Simone Panizzola, impiegato di tren’anni. Carlo prima ascolta in silenzio, poi supera il muro di timidezza e fa la sua battuta: «Ci siamo affibbiati soprannomi pesanti che non accetteremmo mai se arrivassero da etero. Francesco per esempio lo chiamiamo Franchecca. Altri li prendiamo in giro per il loro cognome o per un motivo qualunque: ‘è la vacca, la cavalla, la maiala … » .
Gli sfottò cominciano in palestra e continuano sotto rete durante la partita «Da squadre iscritte a un campionato della Chiesa ci aspettavamo reazioni da oratorio ai nostri nomignoli. Invece con tanti andiamo pure a mangiare la pizza» precisa Davide, 34 anni, architetto. «Il mio cognome? » scoppia a ridere. Poi dice: « Chiesa, mi chiamo Davide Chiesa».