Per rendere migliore la nostra comunità

  

Intervista a Sergio Lo Giudice, Presidente nazionale Arcigay

L’Associazione di cui sei presidente, che quest’anno festeggerà i vent’anni dalla sua fondazione, andrà a congresso tra pochi giorni. E’ possibile stilare un bilancio della vostra attività?

Arcigay è nata nel marzo del 1985 per unire le forze dei tanti collettivi omosessuali italiani pe riattivare servizi utili alla comunità e cercare di produrre concreti cambiamenti, legislativi sociali e culturali.

Da allora, Arcigay ha saputo diventare uno strumento importante per il consolidarsi della consapevolezza e il diffondersi della prevenzione contro l’Aids, ha costruito linee di telefono amico, consultori per la salute degli omosessuali, archivi di cultura gay e lesbica e spazi di accoglienza. È importane anche che abbia facilitato la nascita di circoli ricreativi che oggi costituiscono una importante alternativa alla pericolosità degli incontri notturni e un’occasione di costruzione della comunità gay,

Tutto questo è avvenuto in condizioni difficili, i cui niente era mai scontato, ma oggi tante cose sono cambiate.

Perché l’Italia rimane un paese "difficile" per l’omosessualità?

L’Italia è un paese dalle forti passioni , anche politiche, che hanno prodotto nel passato forti appartenenze politiche a questa o quella “chiesa” (quella cattolica, quella fascista, quella comunista) ma una scarsa cultura liberale e libertaria. Viviamo in una democrazia molto avanzata sulla carta (la nostra Costituzione, se applicata, garantirebbe la piena parità di diritti) ma in verità molto debole. In questo contesto, è molto facile che si subiscano fortemente i condizionamenti del Vaticano che in altri paesi cattolici come la Spagna o il Portogallo hanno molta meno influenza sulla politica e sulla percezione diffusa dell’omosessualità

All’ultimo congresso erano emersi due dati importanti. La vostra associazione aveva ribadito l’autonomia dalle forze politiche ed espresso un giudizio negativo per l’Ulivo. Qualcosa è cambiato?

Non certo sulla questione dell’autonomia, che rimane un nostro punto fermo e che lanceremo in modo chiaro da questo Congresso. Nel 2002 uscivamo da una fase di governo dell’Ulivo che abbiamo giudicato molto deludente. Oggi, dopo quattro anni di governo Berlusconi, abbiamo assistito ad un fuoco di fila di leggi o proposte di legge liberticide: dalla droga al carcere, dall’immigrazione agli orari di chiusura delle discoteche fino all’orrenda legge 40 sulla procreazione assistita. Il nostro Congresso lancerà una sfida a Prodi come a Berlusconi: un patto per una legge sul Pacs o nessuno avrà il nostro consenso alle prossime elezioni politiche.

A che punto è la battaglia per la visibilità gay?

A buon punto. Le nuove generazioni hanno sempre meno difficltà ad uscire allo scoperto. La copertina del magazine del Cassero dedicato al Congresso ha in copertina la foto di due gay e due lesbiche di vent’anni. Vent’anni fa sarebbe stato difficile trovarli.

E quella contro le discriminazioni legate all’orientamento sessuale?

Il governo Berlusconi, costretto a recepire la direttiva europea contro le discriminazioni sul lavoro per orientamento sessuale la ha stravolta e modificata , ma , in ogni modo, per la prima volta il principio è entrato nel nostro ordinamento giuridico. Adesso occorre estendere il divieto di discriminazioni su un piano più genere modificando la legge Mancino del ’93 che non parla di gay, lesbiche e trans.

Ma non ti sembra che il senso comunitario degli omosessuali italiani sia ancora debole?

Esiste sempre più forte l’idea di far parte di un “giro”, ma spesso questo è inteso solo come la frequentazione degli stessi locali. Dovrà essere nostro impegno riempire di contenuti più forti questo crescente senso di appartenenza.

A livello pratico come intendete procedere per il futuro?

Sul piano sociale continueremo a consolidare i nostri servizi alla comunità , a consoldiare la nostra struttura organizzativa , a modificare culturalmente il paese

Mentre per le unioni civili?

La scadenza è quella delle elezioni politiche del 2006: per quella data, o otterremo l’impegno per una legge sul Pacs o passeremo all’”opposizione sociale “. Comunque sono abbastanza ottimista.

I documenti congressuali dicono che continuerete a battervi per una visione diversa della società. Quale?

Una società laica e democratica in cui le libertà individuali e i diritti civili e umani siano garantiti e promossi senza discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale, l’identità e l’espressione di genere e ogni altra condizione personale e sociale e in cui la personalità di ogni individuo possa realizzarsi in un contesto di pace e di sereno rapporto con l’ambiente sociale e naturale.


Intervista a Aurelio Mancuso, Segretario nazionale Arcigay

Come è cresciuta Arcigay rispetto all’ultimo congresso, quello di Riccione del 2002?

Arcigay è cresciuta in maniera significativa e costante. Nel 2002 i circoli politici erano 27 e quelli ricreativi 45. Ora sono operativi 35 circoli politici territoriali e ben 60 circoli ricreativi.

Nei prossimi mesi altri gruppi di militanti entreranno a pieno titolo in Arcigay.

A Riccione chiedevate un consolidamento e una modernizzazione dell’associazione. A che punto siamo?

In questi tre anni abbiamo svolto un lavoro di riordino delle competenze e di allargamento delle responsabilità. E’ migliorato moltissimo il contatto e tra il centro e il circoli.

Per la prima volta nella storia Arcigay, per esempio, ai Congressi territoriali dei circoli ha partecipato un esponente della segreteria nazionale. Anche le attività sono cresciute.

Il documento congressuale “Ali alla libertà” parla di “cambiamenti avranno bisogno di modifiche statutarie sostanziali su cui avviare una riflessione approfondita”. Ci puoi anticipare qualcosa?

Proporremo una riforma dello Statuto dell’associazione.

Vorremmo che i circoli politici diventassero comitati territoriali di Arcigay. Questo cambiamento è una svolta significativa verso una maggiore attenzione a radicamento territoriale dell’associazione.

Vogliamo investire sulla base per migliorare ancora il rapporto Arcigay nazionale e comitati provinciali. L’Associazione deve radicarsi maggiormente sul territorio.

Non ti sembra che nel sud Italia la militanza gay stenti ancora a decollare?

In effetti, tranne che per alcune realtà, al sud il movimento gay è debole.

Abbiamo discusso nelle assemblee dei circoli del meridione l’ipotesi di istituire una commissione che si occupi esclusivamente dei problemi del Mezzogiorno.

Ci sono molte richieste di costituzione di circoli al sud, ma sono davvero scarsi i loro strumenti economici e politici.

Arcigay ha una doppia struttura: quella ricreativa e quella politico-culturale. A tuo parere non sono in conflitto?

Arcigay è sia una associazione che difende i diritti dei gay sia una associazione che promuove il divertimento e la socializzazione della comunità italiana.

Arcigay ha una struttura originale nel panorama europeo ed è questo uno dei motivi del suo successo. Il problema è trovare un equilibrio fra le due strutture e fare in modo che il circuito ricreativo diventi un vantaggioso dal punto di vista culturale e politico e non solo una risorsa economica. Ci stiamo lavorando.

Come promuoverete la struttura politico culturale?

Proporremo, innanzi tutto, alle realtà più forti di aiutare quelle più deboli, ma non solo…

..e la struttura ricreativa?

Solo proponendo più qualità possiamo distinguerci. Per esempio lavoreremo a distributori gratuiti di preservativi in tutti i nostri locali.

Si ha l’impressione che stia aumentando il peso delle donne in Arcigay. Ad esempio Arcigay Cremona, promotore della manifestazione Kiss 2 Pacs, ha una presidenza lesbica…

…ci siamo accorti che una nuova soggettività femminile collabora attivamente con la nostra Associazione. E’ una risorsa davvero preziosa che cercheremo di valorizzare.

Concludiamo, cosa significa militare in Arcigay oggi?

Stare insieme in Arcigay significa sentirsi utili. Siamo persone che tutti i giorni cercano di rendere la nostra comunità migliore.


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