Cari compagni, il mio migliore amico è gay

  

La palestra è piena di alunni, è in corso una conferenza sul’amore etero e omosex. Su un sentimento che è sempre «imprevisto». Adele, 16 anni, si alza e dice: «Ho il migliore degli amici possibili, è qui accanto a me, è gay». ‘emozione è forte, ‘amicizia è uno di quegli amori che non ‘incontra tutti i giorni. Gli occhi neri e profondi di Omar, dal taglio orientale, guardano i lunghi capelli della sua amica. «Con i ragazzi è difficile legare, non ‘è né derisione né calore, è come se ci dividesse una spessa lastra di vetro», dice lui. Con Adele no.

Compagni di classe

Compagni di classe

Un gay per amico. Stupore e tenerezza. ‘amicizia, accoglienza gentile e rispettosa, promessa di lunga durata, unisce una ragazza etero ad un ragazzo omosex. Cerchiamo di tratteggiarla raccontandovi una lunga storia che non si conclude. Come potrebbe in adolescenza?

‘inizio è dei più innocenti e universali. È il primo giorno di scuola delle superiori: «Il primo giorno di ginnasio, in una classe che avevo scelto proprio perché non conoscevo nessuno – racconta Omar – entro al suono della campanella e vedo in ultima fila, accanto a due ragazze, un banco libero. Cordiale al top, chiedo se posso sedermi, ma… “è occupato”. È questa la prima frase di Adele». «Il primo giorno di scuola – racconta Adele – mi catapultai nel banco in fondo con la più grande amica di allora. Omar arrivò per ultimo e gli toccò il primo banco. Sembrava più grande, con le sue basettone, mi venne subito voglia di conoscerlo, pensai che era un p’ sfigatello a stare al primo posto». Il giorno dopo, in cortile, lui fuma e lei no. Ma adele dice: «Anche tu!», e sottintende, orgogliosa, «io ho smesso».

Ragazze, sono gay

Basta questo per iniziare a parlare. «La stessa settimana, domenica – dice Adele -, lui disse a me e al’altra mia amica che era gay. Ma noi avevamo già capito, non era un problema. Anzi. Ero un p’ curiosa, non avevo mai avuto un amico gay prima, sentivo che stava nascendo qualcosa di bello». Semplici le parole: «Dissi: “ragazze sono gay”. Mi stupì la loro pacatezza, la completa tranquillità». Omar si trova a suo agio: «Ho sempre avuto amiche. Conoscendo il genere maschile, a partire da me stesso, ho sempre avuto più fiducia nelle ragazze. Il “disagio” con gli altri ragazzi nasce da me, sono io il primo a sentirmi diverso, sono fuori dallo stereotipo di maschio segregato nei confini della propria virilità e ne sono contento». Ai pregiudizi Omar si ribella con energia: «’idea che un ragazzo possa pensare (in modo profondamente presuntuoso e preconcetto) che io ci debba provare con lui ad ogni costo e che possa “attaccargli” la mia frocianza (non saprei come chiamarla altrimenti) mi spossa, diciamo che mi fa incazzare. Non credevo che i pregiudizi e ‘ignoranza sopravvivessero di generazione in generazione». Con Adele, invece: «subito a parlare del tipo ideale, delle nostre esperienze, era contentissima e io pure, finalmente potevamo dire tutto, non ‘era bisogno di glissare su certi argomenti».

Adele ha alle spalle u’amicizia maschile struggente. «Ci sentivamo poche volte, ma io sapevo che lui ‘era e il suo modo di fare dolce e fragile mi ha distolto da una brutta strada. Era malato di leucemia, adesso è morto da un anno». Adele conosce del’amore le sue «contraffazioni». «Ho fatto “’amante” di un tipo che non voleva che si sapesse nulla, che mi ha trattato di merda dal’inizio alla fine, certo avrò delle colpe, però ho ancora addosso un bel p’ di rabbia. A Omar ho detto tutto a cose finite. Giuro che non volevo nascondergli nulla, ma so che ci sarebbe stato male. Era (ed è) molto geloso». Omar ha già vissuto ‘amore. «Tra la terza media e la quarta ginnasio ho avuto la mia prima storia relativamente stabile, la più tenera e spensierata; eravamo due pazzi furiosi, un dolcissimo incazzato sociale e un ragazzino in cerca di abbracci. Ora mi rendo conto della sete di baci che avevamo. Ci sentivamo uno “viva fibra del’altro”». Dura poco, lo spazio dilatato e fugace del’innamoramento. Arriva un «festino» (tra i ragazzi «festa» non si dice). Uno spinello e un paio bicchieri. Adele racconta: «Omar si è sentito malissimo, quasi posso dire di averlo salvato. Sono stata tutta la notte accanto a lui, a contare i suoi respiri, a pesarne ‘importanza sul mio cuore. La faccia cadaverica che aveva avuto non mi si leverà mai dalla testa. Non era neanche un anno che ci conoscevamo, e mi sono vista passare davanti tutti i momenti con lui. Mi sembravano stupendi».

Ma cosa era successo prima? «Mi ero preparato per benino, mi ero vestito ascoltando un cd dei Cure, ero esaltatissimo. Il mio amato era lontano, e lontana mi appariva la sofferenza che ormai lo rivestiva ai miei occhi come un’ombra scura. Ricordo: in una piazza del centro io che dico “Ti amo” ad Adele. Un “ti amo” disperato. Una ricerca ‘amore che potevo esprimere solo con un bacio anche nei confronti di una donna. Un amore diverso. Labile in quel momento il confine tra amore e amicizia. ‘era anche il bisogno di dimostrare a me stesso che se avessi voluto lo avrei potuto fare. Adele intese tutto questo come una brutale manifestazione di un Omar che non conosceva, e fortunatamente rifiutò. Ero ubriaco di tristezza (e non solo), ma la mente ragionava». Poi solo dolore, tra le braccia di lei avvezze alla devota tenerezza conosciuta con il primo amico. «Ritornati alla festa, incominciai a sentirmi davvero male e Adele, che stava imbroccando ‘amore della sua vita di turno, in un estremo atto di crocerrossinaggio lasciò il cicisbeo e mi curò per tutta la sera…».

Aspetta, sei troppo

Ma ‘emozione è troppa, e forse gli anni non ‘entrano. A quanti di noi ‘intensità appare per tutta la vita insostenibile? «E da lì il vuoto. Calò il lungo periodo di silenzio, periodo che in seguito abbiamo chiamato “silenzio stampa”. ‘era una forte incomprensione, e una grande paura di guardarci negli occhi». Adele: «Mi scrisse una lettera, io gli risposi, poi basta. Un silenzio che io non avevo capito. Pensavo: “ma come ti ho salvato la vita e tu non mi parli più!?”. Cominciai a pensare che mi ero sbagliata sul suo conto, che era una persona pessima, che non si tratta così la gente. Poi però ricominciammo ad uscire, piano piano, con diffidenza. Ma non era lo stesso».

Arriva il distacco: «Ci sono state piccole, tenui, riprese, nei discorsi che facevamo sui ponti, “luoghi sottili” dove ‘uomo aveva ferito il fiume e la natura, e dove io e Adele speravamo di ritrovare quello che avevamo perso», racconta Omar. «Finì ‘anno, e partendo per le vacanze in Iran (dove sono nato), avevo un misto di amaro in bocca e di senso di liberazione. Sarei stato lontano da tutti e tutto, stanco di incomprensioni e ferite non rimarginate. Passai ‘estate pieno di rabbia».

Il ritorno è un imprevisto, come tutto sotto il cielo di ogni amore. «Tornati a scuola, lo vidi seduto vicino alla porta, col codino, una sigaretta, mi sembrava ancora più grande, corazzato, mi accorsi quanto mi fosse mancato». Omar non tace più: «Riparlare normalmente sembra niente, ma era fantastico, e poi un abbraccio in piazza. E tutti i pomeriggi e le sere fuori, sempre fuori, fuori casa, fuori da quella fetta di mondo che non ci piace». E le gite, gli ostelli, i treni presi al volo, e ancora altri silenzi, attese, confidenze nuove di cuori sempre vivi…

… Cari lettori, il viaggio di questo amore e la mutevolezza dei suoi scenari non si concludono. Omar e Adele sono un futuro che noi possiamo solo difendere lottando contro le chiusure del presente. Ciò che si colma, ascoltando questi «nostri figli», è la capacità di commuoversi….

Lasciandoli andare, facciamo una piccola magia. Obbediamo al tempo senza tempo del’adolescenza, torniamo al’inizio della nostra storia: «Nel corso della conferenza, quando eravamo tutti in palestra, ho provato un misto di emozione e di profondo orgoglio. Adele era lì, io stravaccato per terra, era una cosa così naturale. Però, a quanto pare, non è naturale per tutti. Lei con la sua semplicità ragionata, con la sua tipica grezzità, si alza e dice: “È il mio migliore amico, è gay, è normale. Anzi, è meglio”».

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