Grazie Milano!

  

Che emozioni! Così potremmo riassumere lo stato d’animo di tutte e tutti noi. Dopo giorni di preparazione, di polemiche e fatiche d’ogni genere, il Pride nazionale di Milano ha ripagato degli sforzi profusi, al di là delle aspettative.

Un Pride profondamente politico, con al centro il tema del Pacs, ma anche con tutti i tratti tradizionali di allegria, colore, spavalderia.

Il lungo ponte del 2 giugno poteva impedire una grande partecipazione ed invece c’eravamo, con forza, consapevolezza.

Si è trattato della più grande manifestazione lgbt dopo il World Pride del 2000, ovvero dell’esatta rappresentazione di come il movimento sia cresciuto in termini numerici e qualitativi grazie a quell’evento di cinque anni fa. Abbiamo saputo far tesoro di quella spinta, abbiamo sventolato le nostre bandiere tra Bari, Padova, Grosseto, presidiando sempre Roma e Milano, e oggi raccogliamo i frutti nella nostra ostinazione, che da oggi diventa convinzione che ce la possiamo fare, che i nostri diritti negati possono trasformarsi in diritti conquistati.

Invadere Milano dei nostri colori, per dare l’ultimatum alla politica italiana, è stata una scommessa vinta grazie in primo luogo al Coordinamento Arcobaleno, che ha reso possibile un evento straordinario, che non si è concluso con il corteo del 4, ma che proseguirà fino al 18 giugno.

Vedere Filippo Penati, presidente della Provincia in prima fila, insieme a Nichi Vendola, a Katia Bellillo, ad Alfonso Pecoraro Scanio, ai Sindaci dell’hinterland milanese, ci ha provocato un sussulto d’orgoglio aggiuntivo: stiamo costruendo il cambiamento, qui ed ora.

Ma le nostre emozioni più grandi le hanno strappate quelle mamme sul trenino: Marisa, Giuliana e tutte le altre, che da tempo lavorano per costruire una rete nazionale di mamme e padri omosessuali, che oggi è diventata l’associazione delle Famiglie Arcobaleno. Quel trenino ha travolto tutte le ipocrisie, e non è un caso che la destra ha perso la testa, lanciando insulti ed anatemi per la presenza dei bambini.

Tra le centinaia di bandiere PACS e di Arcigay di ogni parte d’Italia, i Circoli Arcilesbica, il Mario Mieli, D’Gay Project, i gay credenti, gli orsi, i Circoli ricreativi Arcigay, i locali commerciali, i partiti, la Cgil, e tanti e tante gay, lesbiche, trans, etero organizzati e non, era palpabile la felicità di una giornata appagante, di liberazione personale e collettiva.

Nei volti segnati dalla stanchezza accumulata in questi ultimi mesi, di Paolo, Francesca, Amedeo, Daniele, dei volontari e delle volontarie milanesi, si coglie l’affresco del nuovo movimento che ha dato prova di se sabato scorso: unità d’intenti, rispetto e valorizzazione delle differenze, tenacia nel perseguimento degli obiettivi.

Grazie Milano, per le persone alle finestre e sui lati della strada, che hanno applaudito quando hanno visto l’Italia laica incatenata dalle guardie svizzere, piuttosto che il carro delle lesbiche milanesi o il carro dell’Agedo, l’associazione dei genitori di figli omosessuali; grazie per aver dato quella risposta di civiltà, che dai politici comunali della giunta Albertini non è arrivata.

Ora la festa continua, accompagnata da momenti di riflessione e di dibattito. Come in tutta Italia ci attendono nuovi appuntamenti, da Salerno il 24, 25, 26 giugno, a Roma il 9 luglio, alla stagione delle Feste di settembre, insomma un popolo sempre in movimento, che a Milano ha fatto il pieno d’energia in vista di nuove impegnative tappe.


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