CAMERA DEI DEPUTATI – XIV LEGISLATURA
Resoconto stenografico della II Commissione permanente (Giustizia)
Seduta del 16 giugno 2005
Indagine conoscitiva sulle tematiche riguardanti le unioni di fatto ed il patto civile di solidarietà.
Audizione di Francesco Busnelli, professore ordinario di diritto privato presso la Scuola superiore S. Anna di Pisa.
(Fonte: www.parlamento.it)
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GAETANO PECORELLA
La seduta comincia alle 14,15.
PRESIDENTE. ‘ordine del giorno reca, nel’ambito del’indagine conoscitiva sulle tematiche riguardanti le unioni di fatto ed il patto civile di solidarietà, ‘audizione del professor Francesco Busnelli, ordinario di diritto privato presso la Scuola superiore S. Anna di Pisa.
La ringrazio, professor Busnelli, per la sua presenza in questa Commissione e per il contributo che ci fornirà, soprattutto per inquadrare ‘attuale situazione e le eventuali necessità di intervento normativo. La invito quindi ad esporre la sua relazione.
FRANCESCO BUSNELLI, Professore ordinario di diritto privato presso la Scuola superiore S. Anna di Pisa. Avendo scritto recentemente un saggio dal titolo significativo "La famiglia e ‘arcipelago familiare " sulla Rivista di Diritto civile, lo consegnerò in maniera tale che il mio pensiero possa essere appreso senza lungaggini in questa sede. Constato che, quando si riunì a Roma un convegno, organizzato dal giudice costituzionale Marini, sulle famiglie di fatto, la sua conclusione fu nel senso che una legislazione per le convivenze non avesse un senso. Non sono passati molti anni ma credo che oggi ‘evoluzione sociale e ‘impulso del’Europa abbiano portato ad un atteggiamento diverso; oltretutto molti paesi europei si sono dati una disciplina normativa in questo campo. Comunque, in uno scenario europeo preoccupa che ‘approdo alla legislazione non abbia seguito un itinerario unitario. Senza far riferimento ad altre legislazioni, che pur esistono, ‘alternativa che si è posta fra Francia, per un verso, e Germania, per un altro, è notevolmente importante e disorientante anche dal punto di vista della prospettiva di unificazione europea. Infatti, la Francia ha scelto la via del PACS -il progetto che ho avuto è riferito al patto civile di solidarietà e, quindi, con u’assonanza, perlomeno nel termine, al modello francese -ed invece la Germania ha preferito una via diversa, in sintesi quella di prevedere un istituto simile o quasi identico al matrimonio eterosessuale a disposizione delle coppie omosessuali, nulla dicendo sulla situazione delle coppie eterosessuali che non approdano al matrimonio. La legge tedesca è stata esaminata dalla Corte costituzionale tedesca, che in qualche modo è riuscita a salvarla, anche se con dei costi piuttosto rilevanti. Infatti, di fronte al quesito su quali strumenti di convivenza legalizzata possono avere le coppie eterosessuali che non "vogliono" il matrimonio, la Corte costituzione tedesca ha risposto che hanno a disposizione il matrimonio tradizionale e, se non lo vogliono, imputet sibi. Il PACS francese, invece, ha un atteggiamento di maggiore apertura, oltretutto basandosi sulla possibilità di prendere in considerazione tanto le unioni registrate quanto quelle di fatto, cioè i concubinage, con il costo di una minore aderenza al’articolo 9 della Carta dei diritti fondamentali, la quale prevede che ciascun individuo abbia il diritto soggettivo al matrimonio e a formare una famiglia: dunque, in entrambi i modelli sussistono i pro e i contro. Nel progetto di legge al’esame della Commissione ‘orientamento è quello di privilegiare il modello francese del PACS e, quindi, cercherò di concentrare la mia attenzione su alcuni punti di diversità che ho riscontrato tra il modello francese, la legge del Pacte civil de solidaritè, e il progetto che mi è stato prospettato, dopo però aver fatto una premessa a titolo personale. Qualora ci si orienti verso un patto di solidarietà ho qualche difficoltà a capire come non si possa riferire questo patto anche al di là del presupposto della coppia. Io ho tre cugini, tre fratelli che vivono insieme a Parigi in boulevard Saint-Germain, che hanno fatto domanda per avere i vantaggi di un PACS. Sulla base della legge francese èstato loro risposto di no, perché il PACS avviene tra due persone; non solo, un PACS tra fratelli e sorelle è vietato. La mia preoccupazione è questa: se la parola chiave è la solidarietà, non si vede come ‘elemento sessuale debba essere tale da blindare la possibilità di un patto di solidarietà . Se la via è quella del patto di solidarietà, trovo difficile discriminare tra coppie e comunità familiari di più persone e, per altro verso, non vedo perchèla paura o ‘ossessione del’incesto possa far sì che si operi con un divieto tra fratelli e sorelle. Il caso che ho fatto è personale ma indicativo della mia preoccupazione. La mia opinione è che ci sia bisogno di uno strumento legislativo sul patto di solidarietà. Se la via scelta è quella del patto e non del partenariato tedesco, vedo poco questa blindatura al’interno della coppia e del’elemento sessuale. Detto questo, farò alcune osservazioni che mi è capitato di fare leggendo i due documenti, soffermandomi sui punti che mi sono sembrati più importanti. Il PACS francese comincia con una disposizione che è contenuta nel’articolo 2 del progetto: il patto civile di solidarietà è concluso tra due persone fisiche, maggiori di età, di sesso differente o di medesimo sesso, per organizzare una vita in comune. Il progetto italiano fa precedere una norma che mi sembra al tempo stesso generica e restrittiva, la quale sostiene che la legge garantisce ‘attuazione del diritto inalienabile del’uomo e della donna alla piena realizzazione personale nel’ambito della coppia, nel rispetto delle proprie inclinazioni e della propria dignità sociale, in attuazione degli articoli 2 e 3 della Costituzione. È generica, perché le inclinazioni possono essere di vario tipo e quindi la coppia può avere una valenza che non sia di stampo familiare. È al tempo stesso restrittiva, perché come ho già detto il limite della coppia è in contraddizione, secondo me, con il riferimento al patto di solidarietà. ‘articolo 10, che riguarda i rapporti personali, comporta una divergenza significativa rispetto al modello francese. La legge francese sostiene che i partner apportano reciprocamente un mutuo aiuto morale e materiale e le modalità di questo aiuto sono fissate dal patto. La legge stessa impone questo mutuo aiuto, mentre il PACS stabilisce le modalità . ‘articolo 10 del progetto italiano recita: "Ciascun contraente del patto civile di solidarietà è tenuto a comportarsi secondo buona fede e correttezza". Ora, sono uno studioso del diritto civile, difensore del principio di buona fede e correttezza nella prospettiva di lotta al’abuso del diritto, ma in questo caso, pur essendo partigiano di quel principio, non ne vedo la valenza specifica. Viene meno, secondo me, ‘endiade della legge francese, che pone ‘accento sul mutuo aiuto morale e materiale, previsto dalla legge. Vedo quindi una divergenza che tende a sminuire la peculiarità della dimensione familiare.
Passo ora al’esame del’articolo 15, relativo ai diritti successori. La legge francese sul PACS non stabilisce nulla, perchè non si occupa dei rapporti successori. ‘articolo 15 del progetto italiano recita: "Nella successione legittima, disciplinata dal libro II del codice civile, i diritti spettanti al coniuge sono estesi al contraente legato al defunto da un patto civile di solidarietà iscritto nei registri dello stato civile". Osservo qui che, al di là del punto di partenza, se sia opportuno o meno introdurre una disciplina successoria al’interno di una legge che riguarda il PACS, una sentenza della Corte costituzionale, estensore Luigi Mengoni, nel’occuparsi della questione di illegittimità costituzionale della successione necessaria del coniuge, aveva concluso escludendone ‘illegittimità; si auspicava tuttavia ‘intervento del legislatore, prevedendo una attribuzione al convivente, che non avesse una peculiarità rispetto alla dimensione della successione necessaria. Prospetto quindi il problema della opportunità o meno di inserire una norma di natura successoria al’interno di una legge sul PACS. Inoltre, la modalità del’intervento legislativo sembrerebbe essere diversa da ciòche la Corte costituzionale aveva stabilito. Faccio anche presente che il modello francese, mostrando su questo silenzio, ha evitato di mettere insieme le due materie. Una piccola osservazione riguarda ‘articolo 18, secondo comma, in materia di scioglimento del patto:ciascun contraente del patto civile di solidarietà ha diritto di sciogliere tale patto mediante atto scritto, notificato a mezzo di ufficiale giudiziario. Mi sembra ridicolo: se una coppia si sta sciogliendo, potrebbe ancora convivere e allora il ruolo del’ufficiale giudiziario è quasi grottesco. La legge francese è più sobria e si limita a dire, nel’articolo 515-7 che, allorchè uno dei partner decida di mettere fine al patto civile di solidarietà, comunica al’altro la sua decisione e ne invia copia di questa al tribunale di prima istanza che riceve ‘atto. ‘articolo 20 del progetto è importante se confrontato con la corrispondente norma del PACS francese. Si dice che con il patto civile di solidarietà le parti possono regolare le conseguenze economiche dello scioglimento del patto stesso. Sembrerebbe quasi che si voglia utilizzare una tecnica, cara al’esperienza nordamericana, del contratto che si sottoscrive nel momento in cui si celebra il matrimonio e in cui si prevedono già gli effetti del suo scioglimento. Al tempo stesso preoccupa il silenzio: nulla è previsto per il caso in cui non sia contenuta nel patto, ovvero al’inizio della convivenza, una disciplina del suo scioglimento. In base al modello francese, invece, quando i partner decidono concordemente fra loro di porre fine al patto, essi stipulano una dichiarazione congiunta e scritta in ordine al’assetto che intendono conferire ai loro rapporti, dandone comunicazione al tribunal ‘instance . Soltanto nel’ipotesi in cui non vi sia accordo, allora sarà il giudice ad intervenire: mi sembra di poter affermare, dunque che, sotto questo profilo, il modello francese sia piùlineare.
Vorrei, quindi, soffermarmi su un punto: in base al PACS francese, non soltanto le parti sono invitate a disporre esse stesse fra di loro in ordine alla liquidazione dei diritti e degli obblighi derivanti dalla vita in comune, non soltanto si prevede che -in mancanza di accordo – sia il giudice a stabilire le conseguenze patrimoniali dello scioglimento, ma si aggiunge che ciò debba avvenire "senza pregiudicare la possibilità di risarcimento di un danno eventualmente subito da uno dei partner". Ho richiamato ‘esempio francese, per suggerire che, laddove la rottura del patto comporti degli aspetti suscettibili di assumere rilievo sotto il profilo della responsabilità civile, sarebbe importante riservare al giudice una possibilitàdi intervento. Non mi riferisco, badate bene, ad una misura somigliante al’addebito del quale si parla nella disciplina della separazione attualmente vigente, ma a qualcosa di diverso, richiamando, ovviamente, al diritto di famiglia.
Mi sento di dover esprimere poi alcune perplessità sul contenuto del’articolo 26, in materia di malattie e decisioni successive alla morte. In primo luogo, i rilievi riguardano ‘assoluta presunzione che il partner sia colui che adotti tutte le decisioni allorchè manchi la volontà del soggetto interessato: in realtà, potrebbero esserci dei figli che, pur non menzionati da questa legge, non vedo perché dovrebbero essere postergati rispetto al convivente. Inoltre, sarebbe a mio avviso opportuno richiamare la figura del’amministratore di sostegno, istituto di civiltà che potrebbe rivelarsi utile per dipanare eventuale problemi in caso di contenzioso futuro tra partner e figli del soggetto interessato, contenzioso che sarebbe duro a decidersi, attesa la particolare delicatezza della materia di cui si discute. In tal senso, credo sia utile approfondire questo particolare aspetto del provvedimento in esame. Concludendo, confermo, infine, tutta la disponibilità a rispondere alle domande che eventualmente i componenti della Commissione intenderanno pormi, provvedendo a depositare presso i vostri uffici il mio recente saggio "’arcipelago" sulla materia in discussione.
PRESIDENTE. Nel ringraziare il professor Busnelli per il suo prezioso intervento, do la parola ai colleghi che intendano intervenire.
PIERLUIGI MANTINI. Signor presidente, svolgerò una breve considerazione, scusandomi con il professor Busnelli e i membri della Commissione per dovermi assentare anticipamente senza attendere la conclusione del’audizione, a causa di un impegno improrogabile. Approfitto, dunque, della presenza del nostro ospite, che ringrazio, per svolgere alcune rapide osservazioni.
Sebbene ravvisi ‘assoluta utilità dei suoi rilievi (particolarmente, reputo di grande proficuità il suggerimento di andare oltre il mero principio della correttezza e della buona fede nella regolazione del sinallagma, e di perfezionare la disciplina dello scioglimento, con la previsione del ricorso al giudice in caso di mancata consensuale divisione), non ritengo, però, del tutto impossibile discostarci -almeno riguardo a certi profili – dal modello francese, che il professore ha richiamato. In tema di successione, ad esempio, la scelta di equiparare o meno le posizioni dei conviventi a quelle dei legittimari, costituisce, a mio avviso, oggetto di valutazione politica piùche tecnico-giuridica.
FRANCESCO BUSNELLI, Professore ordinario di diritto privato presso la Scuola superiore Sant’Anna di Pisa . La mia era soltanto una segnalazione, onorevole.
PIERLUIGI MANTINI. Lo è anche la mia. In ogni caso, la ringrazio particolarmente di questi utilissimi rilievi. U’altra considerazione che vorrei fare riguarda la prima parte della sua relazione. In tutta onestà, piuttosto che porre una domanda -che non saprei neppure formulare esattamente-, mi limiterò a svolgere u’osservazione, evidenziando come sia nostro intento avvicinarci al modello francese -mutatis mutandis, ovviamente- piuttosto che al partenariato tedesco. Personalmente, inoltre, non condivido la tesi del’estensione di certe previsioni a gruppi collocati al di fuori del perimetro della coppia, atteso che il problema su cui si avverte ‘esigenza di intervenire, anche urgentemente, in via legislativa, riguarda sostanzialmente ques’ultima. Non dubito che un fratello e una sorella, in ipotesi, possano commettere anche un incesto, definendo le loro relazioni al di là degli strumenti giuridici previsti,o che viceversa possano regolare i propri rapporti con strumenti forniti dal carnet civilistico ordinario; ciò su cui vorrei soffermarmi, però, riguarda qualcosa di diverso: in altri termini, esiste un fatto nuovo di cui prendere atto sul piano dei costumi e delle condotte sociali -fatto cui lei stesso fa riferimento come indica il titolo del suo ultimo saggio "’arcipelago"-, solo in parte nascosto (anche per problemi di natura culturale) e in altra parte in corso di emersione: a dimostrarlo sono i dati del’ultimo censimento ISTAT, secondo cui sarebbero almeno 550 mila le coppie di fatto dichiarate. Si tratta di coppie eterosessuali ed omosessuali che decidono di vivere la loro affettività e la loro sessualità nel quadro di un rapporto di convivenza, al di là del modello del matrimonio: è un fenomeno sociale che appare impossibile eludere. Fermo restando la libertà di ciascuno di interrogarsi sul piano delle coscienze individuali, ritengo sia dunque necessario offrire a questi soggetti uno strumento da utilizzare volontariamente e allo stesso tempo tecnicamente corretto, cioè non conflittuale -come, del resto, abbiamo sin dal’inizio dichiaratamente evidenziato- con il modello di cui al’articolo 29 della Costituzione, riferito ad una famiglia basata sul matrimonio, ovvero potenzialmente basata sulla capacità procreativa e come tale tendenzialmente eterosessuale. Per questo credo che, nonostante sia utile il riferimento a tutti i modelli comparati, la scelta del modello francese sia ispirata da una certa condivisione delle premesse politiche.
FRANCO GRILLINI. Come ha detto il professore Busnelli, nella legislazione europea vi è un’ampia varietà di leggi, assai diverse le une dalle altre, però possiamo individuare due filoni rappresentati dalla legge francese, da un lato, dalla legge tedesca e da quelle scandinave, dal’altro. La legge francese istituisce un istituto giuridico diverso dal matrimonio tradizionale, mentre le altre legislazioni mutuano ‘istituto matrimoniale. Nel caso spagnolo abbiamo un unico istituto matrimoniale valido per tutti, anche per le coppe dello stesso sesso (‘iter legislativo dovrebbe concludersi entro giugno; la commissione della Camera alta ha dato il via libera ieri), è la riforma del diritto di famiglia piùradicale e particolare. Negli altri casi, invece, si prevede un istituto aggiuntivo, che potremmo definire "similmatrimoniale ", come quello tedesco o come quello inglese, oppure il vero e proprio trasferimento del matrimonio eterosessuale alle coppie omosessuali, come è avvenuto in tutta ‘area scandinava. Finora le conseguenze del’applicazione di queste leggi sono state abbastanza positive; non ci sono stati terremoti sociali e le persone che hanno usufruito di queste legislazioni sono in linea di massima soddisfatte. Anche il cambio di colore politico del Governo succeduto al precedente, che aveva introdotto queste leggi, non ha portato ad una modifica di queste normative, che sono generalmente accettate dal’opinione pubblica. Prova ne è il recente esito del referendum svizzero, che ha confermato una legge anc’essa "similmatrimoniale" (con alcune esclusioni, perchè, in genere, queste leggi escludono ‘inseminazione assistita, ‘adozione, il riconoscimento di un eventuale ritiro religioso). In Danimarca, per esempio, il primo ministro Rasmussen ha sollecitato la chiesa luterana a celebrare il rito religioso anche per le coppie omosessuali (il primo ministro Rasmussen è un ministro conservatore!). Anche in Germania, il partito democristiano ha già annunciato che non intende né modificare né abolire la legge sul partenariato e in Spagna lo stesso partito popolare, che pure sabato contesterà la proposta di legge in esame con manifestazioni indette dai vescovi, si èmostrato disponibile a votare la legge in Parlamento, purchè siano escluse le adozioni e sia cambiato il titolo della legge.
PRESIDENTE. Onorevole Grillini, questo è interessantissimo, ma vorrei che arrivasse alla domanda. . .
FRANCO GRILLINI. Anche in Italia, secondo me, sarà inevitabile -prima o poi- una legge di questo tipo (io spero il prima possibile, essendo il primo firmatario della proposta di legge n. 3296). Si tratta di una proposta ovviamente perfettibile -e credo che alcuni dei suoi suggerimenti vadano presi in considerazione- la quale fa riferimento ovviamente al modello francese, anche nel titolo (alcune forze politiche, anche del mio schieramento, ne hanno chiesto una modifica, per non sembrare troppo provinciali!). Ovviamente, io per primo non ne faccio una questione di nominalistica, ma questa denominazione ci piace, perché è una sigla nota (e alla fine anche i nomi hanno uno loro importanza!) che indica la sostanza della proposta di legge. Tale proposta fa riferimento alla coppia, come nel caso francese -qui vengo al punto sollevato da lei- e, pur non negando che occorre dare attuazione al’articolo della Costituzione che parla di formazioni sociali (a cui pure si ricollega questa proposta di legge), per queste ultime credo sarà necessaria u’altra legge specifica, ovviamente pensata, anche sul piano teorico, in maniera molto diversa da questa.
Credo che rimanga aperto il confronto sulla questione dei parenti (fratelli o cugini), già trattata nel’ambito della discussione pubblica, di cui sono stato protagonista in varie città del nostro paese (credo che questa sia stata una delle proposte di legge più discusse e approfondite nel corso degli ultimi anni, prima ancora della discussione parlamentare, che è in corso in questo momento). Ritengo, infatti, che sul piano parentale la questione andrebbe risolta in altro modo. Da questo punto di vista, non parlerei di blindatura, ma ritengo che la questione potrebbe essere affrontata con u’altra proposta legislativa.
Per quanto riguarda la successione, ovviamente si tratta di una scelta del legislatore. ‘equiparazione ai legittimari a me -e anche ai firmatari di questa proposta di legge- sembra del tutto evidente, in presenza di convivenze consolidate e soprattutto di convivenze che hanno anche un coinvolgimento patrimoniale (con eventuali imprese in comune). Diversa è la questione del coinvolgimento di familiari stretti nelle decisioni per quanto riguarda i casi di inabilità; tuttavia il riferimento è essenzialmente -e statisticamente- legato a persone anziane, nei confronti delle quali spesso e volentieri ‘è un disinteresse della famiglia di origine o una lontananza, che riguarda la stragrande maggioranza dei casi che abbiamo osservato, con il rischio che non vi sia nessuno in grado di prendere una decisione. Probabilmente, al riguardo, si potrebbe prevedere anche una clausola specifica nel contratto che si stipula. ‘altra parte -e qui concludo il mio intervento-, questa proposta di legge volutamente si distanzia dalle proposte matrimoniali (sono stato io, in questa sede -il presidente ricorderà bene -a chiedere il disabbinamento) e vuole introdurre un istituto giuridico che fa riferimento alla disciplina dei contratti, allontanandosi dal modello familiare tradizionale, tenuto conto del dibattito politico in corso e cercando di coinvolgere il maggior numero possibile di persone e forze politiche. Si è ricercata, dunque, la maggior trasversalità possibile tra i vari schieramenti, tanto che vi èanche una proposta sottoscritta da 42 parlamentari del centrodestra. Credo che questo rappresenti una buona base di discussione. Si tratta, in ogni caso, di una proposta di legge che elenca una serie di situazioni difficili della vita di due persone, cui si cerca di porre rimedio anche sul piano del diritto.
PRESIDENTE. Prima di dare la parola al nostro ospite per la replica, desidero soltanto chiarire che la normativa si applicherebbe sicuramente anche alle coppie dello stesso sesso. Questo non è in discussione. . .
FRANCO GRILLINI. Forse non sono stato chiaro. Vorrei chiarire la questione anche ai colleghi, perchèaltrimenti si fa passare quella in esame come una proposta di legge sul matrimonio tra gay, quando in realtà così non è.
PRESIDENTE. Parliamo di u’altra cosa: del patto di solidarietà .
FRANCO GRILLINI. Presidente -lo dico anche per la chiarezza del dibattito-, si parla anche di coppie dello stesso sesso; in ogni caso la proposta si mantiene distante rispetto alla natura del rapporto, che è un problema riservato alla vita privata delle persone. Nella mia città, a Bologna, due coppie di signore anziane indicate dalla Caritas hanno avuto la casa dal comune come servizio sociale ed hanno costruito una vita insieme basata sulla solidarietà, sulla reciproca compagnia e sul’aiuto economico: quindi, in realtà non entriamo nel merito delle ragioni per cui due persone vivono insieme; ma semplicemente la legge ne prende atto.
PRESIDENTE. Per quanto riguarda il punto relativo al comportamento secondo buona fede e correttezza, a me pare che al’articolo 10 della proposta di legge si preveda un obbligo di collaborare secondo le proprie capacità e possibilità: ritengo che ciò costituisca un elemento più forte piuttosto che lasciare alla coppia la regolazione dei propri rapporti. Come sappiamo bene, spesso può accadere che al’interno della coppia ci sia una parte debole ed una forte. Ebbene, la formula proposta mi sembra migliore, perché dà alla parte debole maggiore protezione.
FRANCESCO BUSNELLI, Professore ordinario di diritto privato presso la Scuola superiore S. Anna di Pisa. Nel linguaggio normativo francese apprezzo una maggiore essenzialità, mentre noi siamo abituati a leggi un p’ ridondanti, in cui emerge un certo gusto per la retorica. Nel caso specifico del’articolo 10 la collaborazione alla vita di coppia fuoriesce dagli schemi tipici della solidarietà, che sono ‘ausilio e ‘aiuto morale e materiale. La collaborazione è una bella cosa ma evoca semmai quel’obbligo di contribuzione che nei rapporti matrimoniali si affianca al’assistenza. Quindi, la previsione della legge di aiutarsi moralmente e materialmente -poi saranno i partner a decidere come- sarebbe più consona se riferita alla solidarietà, che dà ‘imprinting. Ringrazio ‘onorevole Grillini per la sua informativa ad ampio raggio, che credo sia utile per tutti. Ho notato un progresso notevolissimo rispetto ai progetti della fin de siècle. Ad esempio, in una delle proposte di legge si afferma che le unioni civili sono riconosciute quali soggetti titolari di autonomi diritti, il che evoca quello che nella relazione alla proposta di legge Grillini è detto anche in forma un p’ polemica (il riferimento a quelli che erano gli interventi autoritari). Certo, se alla famiglia si desse la soggettività e si riconoscessero diritti diversi dai partner, saremmo di fronte, probabilmente, ad una visione autoritaria della famiglia. Quindi, approvo il fatto che in questo caso sia scomparsa questa visione della famiglia o, comunque, della convivenza come soggettività. Per quanto riguarda specificamente il titolo della legge,non mi porrei un problema di provincialismo nel ripetere la formula "patto civile di solidarietà" perché ad u’accusa di provincialismo si potrebbe rispondere dicendo che è ancora peggio il nazionalismo ad ogni costo. Vogliamo essere diversi ma poi, opportunamente, nella proposta di legge Grillini al’articolo 2 si ripetono quasi alla lettera le definizioni del PACS francese: allora, quello di cambiare titolo diventa un gioco anche poco serio. Tuttavia, come diceva ‘onorevole Mantini, se la legge volesse specificamente riferirsi a coppie etero o omosessuali, ma che sono famiglia o la "mimano ". . .
FRANCO GRILLINI. Diciamo di sesso diverso o dello stesso sesso.
FRANCESCO BUSNELLI, Professore ordinario di diritto privato presso la Scuola superiore S. Anna di Pisa. . . . allora il titolo in cui si fa riferimento al patto civile di solidarietà, tanto per il nostro progetto di legge quanto per la legge francese, non corrisponderebbe al contenuto della legge. Se ‘opzione di fondo fosse quella di dare alla coppia, con partner dello stesso sesso o di sesso diverso, una famiglia, allora ci sarebbe uno scarto tra un titolo che è ampio e il contenuto perché un patto civile di solidarietà può benissimo aver luogo tra persone che non hanno un collegamento sessuale e che, anziché due, sono tre; invece, se ‘intenzione fosse diversa, forse andrebbe formalizzata in modo dissimile, non per provincialismo ma per far corrispondere il titolo e il contenuto della legge. Personalmente, sono molto favorevole al patto civile di solidarietà, che proprio partendo dalla solidarietà e dandone ampia valutazione, consenta anche a due o tre persone anziane che vivono insieme nella stessa abitazione di avere i diritti, i vantaggi e le esenzioni fiscali, in caso di povertà, che si possono dare ad una coppia legata per motivazioni sessuali. Tuttavia, non voglio insistere su questo punto perché non sono chiamato ad esprimere opzioni politiche; per tale motivo mi sono soffermato su osservazioni riguardanti il testo.
PRESIDENTE. Ringrazio il professor Busnelli per la sua partecipazione e per il suo documento scritto. Il suo intervento è stato utile anche dal punto vista politico perchè, poi, le soluzioni tecniche finiscono sempre per dare una diversa connotazione politica ad una legge.
Dichiaro conclusa ‘audizione.
La seduta termina alle 15,05.