Il documento vaticano contro i preti gay circola ormai in pillole da diverse settimane. Oggi ne abbiamo letto un sunto nella sua ultima versione preannunciata per il 29 novembre. Si tratta di un documento inequivocabilmente omofobico perché escludere da qualsivoglia incarico una persona in base al proprio orientamento sessuale costituisce azione apertamente discriminatoria così come sottolineato anche dalla Carta dei Diritti associata alla Costituzione europea. Va da sé che la Chiesa cattolica può decidere a chi far fare o non far fare il prete, ciò che non dovrebbe essere consentito è cercare di esportare nella società il meccanismo discriminatorio e antidemocratico su cui è impostata la struttura ecclesiastica romano cattolica. Rileviamo infine che una delle ragioni che avrebbero spinto al’emissione di questo documento omofobico sarebbero i gravissimi scandali sessuali di cui è stata protagonista la Chiesa cattolica americana e non solo. Qui è proprio il caso di dire che il Vaticano “getta la croce” addosso agli omosessuali sapendo bene che ‘omosessualità ha poco o nulla a che fare con gli scandali a sfondo pedofilo che sono a stragrande maggioranza eterosessuali, così come confermato dalle statistiche a disposizione di tutti.
Il problema vero sta nel’obbligo per i preti cattolici a rinunciare ad una normale sessualità, rinuncia questa sì contro natura. Non si capisce in base a quale fondamento teorico e persino teologico la gerarchia vaticana ripropone ossessivamente il problema della famiglia tradizionale e della natalità per inibire ‘uno e ‘altra a quei preti che di questi "valori" dovrebbero essere portabandiera.
On. Franco Grillini, deputato DS e Presidente onorario Arcigay
Da "Il Giornale" di venerdì 11 novembre 2005
VATICANO. «I GAY NON HANNO DIRITTO DI DIVENTARE PRETI»
Le «norme siano osservate fedelmente».
World Pride 2000
«La Chiesa non può ammettere al sacerdozio coloro che praticano ‘omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta “cultura gay”». È il passaggio centrale del travagliato documento costato anni di lavoro e moltissime stesure, che il Vaticano pubblicherà il 29 novembre per ribadire il suo no al’ordinazione di persone omosessuali. Puntualizzazione necessaria dopo gli scandali avvenuti in vari Paesi, specialmente negli Usa. Il Giornale ha potuto leggere in anteprima il testo del’«Istruzione circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al sacerdozio e agli ordini sacri», preparato dalla Congregazione per ‘educazione cattolica, datato 4 novembre, firmato dal cardinale Zenon Grocholewski e approvato specificamente da Papa Benedetto XVI lo scorso 31 agosto.
Il documento, a fronte di un titolo molto esteso, è brevissimo: appena otto pagine. Oltre al’introduzione, ci sono tre capitoletti intitolati «Maturità affettiva e paternità spirituale», «Omosessualità e ministero ordinato» e «Discernimento del’idoneità dei candidati da parte della Chiesa». Nel testo si legge che «non esiste un diritto a ricevere ‘ordinazione» e che «compete alla Chiesa discernere ‘idoneità» dei futuri preti valutando se sono «in possesso delle facoltà richieste». Il vescovo, il rettore del seminario o il superiore del’ordine religioso devono «verificare tra ‘altro che sia stata raggiunta la maturità affettiva» e dare un «giudizio moralmente certo sulle qualità» del candidato.
Nel caso di «un dubbio serio», si legge ancora nel’Istruzione vaticana, il candidato non deve essere ammesso al’ordine. In un paragrafo è descritta la responsabilità del direttore spirituale, che «pur vincolato dal segreto», è chiamato a verificare se sia praticata la castità e se sia stata raggiunta la «maturità affettiva», oltre ad accertarsi che il candidato «non abbia disturbi sessuali incompatibili con il sacerdozio».
Il Vaticano ribadisce che le persone omosessuali vanno «accolte con rispetto e delicatezza» e che bisogna evitare «ogni marchio di discriminazione» nei loro confronti. Ma «la Chiesa – si legge ancora nel documento – pur rispettando profondamente queste persone, non può ammettere al sacerdozio coloro che praticano ‘omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta “cultura gay”», perché si tratta di una «situazione che ostacola un corretto relazionarsi con uomini e donne». In questo caso, il direttore spirituale «ha ‘obbligo di coscienza di dissuadere» il candidato dal proseguire il suo percorso di formazione in seminario e si fa anche appello alla coscienza stessa del seminarista perché rinunci. «Le tendenze che fossero solo espressione di un problema transitorio, come quello del’adolescenza non ancora compiuta – afferma ancora ‘Istruzione vaticana – devono essere chiaramente superate almeno tre anni prima del’ordinazione diaconale». Nella conclusione del documento si afferma che «questo discernimento deve essere fatto alla luce della concezione del sacerdozio ministeriale in concordanza con ‘insegnamento della Chiesa» e si invitano i vescovi e i superiori generali a vigilare affinché le «norme siano osservate fedelmente».