Dopo il successo al PalaFolli di Ascoli Piceno, lo spettacolo "’Omosessuale o la difficoltà di esprimersi" di Copì per la regia di Ricardo Fuks torna il 25 aprile alle ore 16.45 e alle ore 20.45 al Teatro sperimentale di Ancona.
Raul Damonte Taborda, o come soleva farsi chiamare, Copì nasce in Argentina da una famiglia di emigranti italiani, ma trova la sua fortuna a Parigi dove si trasferisce nel 1962. Come scrive Massimo Consoli “Aveva 22 anni, tante idee per la testa e tanti fogli di carta da riempire di disegni e di testi teatrali.”
Ed è come vignettista che Copi si fa conoscere al grande pubblico; le sue strisce comiche della “Donna seduta” sono state pubblicate con continuità in Italia dalla rivista LINUS a partire dal 1967. L’immediatezza che contraddistingue la striscia comica la si può ritrovare anche nel teatro di Copi, e anche ne “L’omosessuale o la difficoltà di esprimersi”.
L’incontro tra questo testo, il regista argentino Ricardo Fuks e la Compagnia Teatrale “Il Bagatto” ha dato il via ad una alchimia tale che “… lo spettacolo doveva essere fatto!”.
In un momento storico in cui la comunicazione è il nervo che muove i muscoli del mondo, trovarsi di fronte ad una incomunicabilità presente, ma negata pone dei seri interrogativi. Avere la possibilità di parlare con chiunque ed in qualsiasi momento, ma non aver nulla da dire è una sensazione diffusa, perché si è perso il senso di parlare di sé, di essere se stessi in tutto, anche attraverso la propria parola.
Ed in una immensa vignetta che racchiude tra le sue righe personaggi che hanno perso, per scelta, per necessità o per voglia la propria identità — sessuale innanzitutto — quello che va in scena è proprio il discorso sconnesso di chi non ha più un “SE” cui riferirsi e quindi vive come uno stereotipo, come un fumetto, in bilico sul filo dell’esagerazione. E, allo stesso tempo, è il dramma di chi convive, per inedia, con una realtà senza orecchie, il dramma di chi, senza lo scatto necessario per ribellarsi, si costringe al silenzio.
Ma questa è una commedia, ed il riso amaro consumato nel buio del teatro non è che il giusto premio per chi, dal palco, sa che in fondo stiamo solo facendo spettacolo.
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