E’ l’amore che fa una famiglia
PISA. Eleonora si accarezza il suo pancione dove Valerio già sgambetta. Il bambino nascerà ai primi di giugno. La sua compagna, Patrizia, le sta seduta accanto. Aspettano il giorno di diventare mamme. Eleonora e Patrizia si sono iscritte al registro delle unioni civili di Pisa il 6 agosto del 2003 dopo un paio d’anni di convivenza. Portano ambedue la fede al dito. Hanno deciso di mettere su famiglia.
A differenza di Jasmine Trinca, l’attrice che interpreta il ruolo di Teresa in «Il Caimano» di Nanni Moretti che ha scelto una clinica olandese, Eleonora, 28 anni, si è sottoposta all’inseminazione in una clinica privata di Barcellona. «Era il 13 settembre dell’anno scorso – ricorda Eleonora – e sono rimasta subito incinta». Patrizia, 46 anni, non l’ha mai lasciata sola. «Abbiamo sempre preso ogni decisione di comune accordo e ora aspettiamo l’arrivo di Valerio».
La coppia di donne è pisana. Patrizia Murer lavora come impiegata alla questura di Pisa, Eleonora Frediani è impiegata all’azienda ospedaliera. Abitavano a Pisa quando hanno deciso di comprarsi casa. «In città stavamo bene, nessun problema per la nostra convivenza, ma le case sono troppo care», dice Eleonora. Così hanno lasciato la città per andare a vivere in campagna, in un casolare vicino Nozzano, nel territorio del comune di Lucca, appena qualche chilometro dopo il confine con Pisa. Hanno ristrutturato la casa e una camera è già pronta per Valerio. Una culla lo sta aspettando.
Prima dell’inseminazione, a Barcellona, hanno avuto un colloquio con una psicologa della clinica. «Il primo problema che ci ha posto davanti – racconta Eleonora – è la tutela a livello legale del nostro bambino. Ci è stata spiegata l’importanza che il bambino sappia al più presto la verità in modo da renderlo forte. Che possano esistere famiglie con una tipologia diversa da quelle eterosessuali, ancora non è nella mente della gente. L’altra settimana ho avuto delle piccole contrazioni e sono andata a Viareggio dalla mia ginecologa che mi ha segnato dei farmaci. Il dottore mi ha detto: mandi pure suo marito a comprarli. Io ho risposto che non avevo un marito. Mi ha guardato con aria quasi compassionevole e mi ha dato uno stick dei farmaci. “Un’altra ragazza madre”, ecco cosa ha pensato. Dal punto di vista legale io sono come una ragazza madre, ma non è così nella realtà, a me come a Patrizia spetta un ruolo genitoriale, ambedue saremo mamme».
Chiediamo come è maturata l’idea di avere un figlio. Le due donne si guardano negli occhi. «Patrizia aveva un figlio che è morto in un incidente stradale quando aveva 18 anni», dice Eleonora. «Quello è lui», dice Patrizia indicando la foto del figlio.
È ancora Eleonora che rompe il silenzio: «Mi sono trovata a confrontarmi con questa sua maternità che ha toccato la mia stessa maternità». «Non c’è solo una ragione per cui abbiamo voluto questo figlio, è stato un treno di emozioni», aggiunge Patrizia. «Non ho voluto un figlio per dare un senso alla mia vita – riprende Eleonora – la mia vita aveva già un senso. Ho voluto questo figlio per dare un senso alla nostra unione. Un figlio da un uomo, per scelta individuale, non avrei mai accettato di crescerlo».
Prima di questo passo importante, la coppia aveva deciso di iscriversi al registro delle unioni civili. Perché, domandiamo, avete fatto questa scelta? «Patrizia si era sentita male ed era stata ricoverata in ospedale. Il mio primo pensiero è stato quello di chiamare l’avvocato per avere il diritto di poterla assistere. Ma era necessaria una sua dichiarazione in cui se non fosse stata in grado di intendere e di volere delegava a me l’assistenza. Poco dopo abbiamo saputo che l’iscrizione al registro delle unioni civili consentiva e consente questo diritto. Inoltre, sempre grazie all’unione civile, posso assentarmi dal lavoro tre giorni per motivi familiari: basta mostrare la mia unione registrata al Comune di Pisa».
Un domani, i pacs potrebbero risolvere molti problemi delle coppie di fatto? «È un passo avanti, ma non è certo la soluzione – risponde Patrizia -. Il disegno di legge dà la possibilità della reversibilità della pensione e di partecipare alla graduatoria per un alloggio, ma non affronta il vero problema. Anche con i pacs saresti sempre considerata qualcosa di diverso. Noi coppie omosessuali vogliamo gli stessi diritti delle coppie etero. Ci aspetta una lotta dura e senza paura». «Credo che i pacs – aggiunge Eleonora – alimenteranno ancora di più lo stereotipo del diverso».
Intanto, le due future mamme si stanno organizzando per l’arrivo di Valerio. «Per la legge sono una ragazza madre e ho il massimo punteggio per iscrivere il bambino al nido», dice Eleonora. «Io farò testamento e intesterò la mia parte, il 50% della casa, a Valerio», dice Patrizia.
Nonostante Eleonora sia impiegata all’ospedale di Pisa, il bambino nascerà a Viareggio. «È una questione di praticità», spiega. La sua gravidanza è a rischio e, da quando ha fatto l’inseminazione, è a casa. I genitori aspettano con trepidazione di diventare nonni. «All’inizio c’erano stati degli scontri – spiega Eleonora – avrebbero voluto per la loro unica figlia una famiglia come tante. Ma, adesso, abbiamo raggiunto un equilibrio e sono contenti. Questo figlio che deve arrivare ha risanato i contrasti e mi ha messo nella posizione di mamma».
Unite dai “Pacs” trentuno coppie
Solo quattro sono omosessuali: tre femminili e una maschile. Il registro delle unioni civili è aperto a Palazzo Gambacorti dal 1998, ecco i diritti di chi vi si iscrive
PISA. Dal 1998, l’amministrazione comunale ha aperto il registro delle unioni civili. Fino ad ora sono iscritte trentuno coppie di cui quattro omosessuali (tre coppie di donne e una di uomini).
Il registro segue una delibera del 1997 quando il sindaco era Piero Floriani. «Il registro dà la possibilità alle coppie che convivono – spiega Fausto Magni, responsabile del registro delle unioni civili – di uscire dalla clandestinità e diventare pubbliche. Ma non riconosce alcun stato giuridico. Il Comune non può dettare norme che modificano lo status del cittadino. Tuttavia, dall’iscrizione ci sono alcuni vantaggi. Per esempio, se una delle due persone sta male può essere assistita in ospedale dal compagno o dalla compagna. Inoltre, in caso di malattia il partner ha diritto a tre giorni di permesso dal lavoro».
Per quale motivo, domandiamo, una coppia decide di iscriversi al registro? «In genere – risponde Fausto Magni – per una scelta ideale e di costume. Una scelta che provoca nella coppia una sorta di consacrazione della propria unione che implica anche assistenza morale e materiale. Una consapevolezza maggiore della convivenza che implica rispetto e assistenza nei confronti del partner. L’iscrizione al registro non implica alcun impegno giuridico, ma incide sulla persona che risente del cambiamento a livello psicologico».
Possiamo dire che il registro delle unioni civili, domandiamo, è una specie di pre-pacs? «Sì, certamente – risponde ancora Magni – il registro interpreta questo spirito. Credo che se un giorno dovesse essere varata una legge sui pacs, il registro è già un contenitore delle coppie di fatto».
Molte sono le coppie giovani che hanno deciso di iscriversi al registro. L’età media è di trentadue anni. La maggior parte di loro è laureata (ben diciassette), mentre sono tredici ad essere diplomati. Di questi quattro sono ricercatori scientifici, tre insegnanti, sei liberi professionisti, otto impiegati, sette studenti. Una coppia che si era iscritta ha deciso di cancellarsi perché ha deciso di sposarsi.