Bologna, 18.09.06
Introducendo il dibattito "Unioni civili: diritti in Europa", in programma lunedì 18 settembre a Bologna a FestUnità 2006, il Consigliere comunale DS e Presidente nazionale di Arcigay Sergio Lo Giudice sottolinea la necessità di arrivare ben presto ad una legislazione in materia di patti civilità di solidarietà. "Il programma di governo parla chiaro", dichiara, e venire meno a questo impegno, continua, "sarebbe una grave violazione degli accordi di maggioranza, oltre che uno schiaffo ai diritti di milioni di persone"
Sergio Lo Giudice, lunedì 18 settembre a FestUnità’06 si discute di unioni civili,tema tornato di estrema attualità nel dibattito politico. Pensa che durante questa legislatura il Governo Prodi riuscirà a legiferare in materia?
Lo spero fermamente. Il programma di governo parla chiaro: ‘Unione si è impegnata a varare una legge sulle unioni civili che dia riconoscimento giuridico ai diritti di chi fa parte di una coppia di fatto, anche omosessuale. Romano Prodi ha già affidato la delega alle unioni civili a Barbara Pollastrini, Ministra per i Diritti e le Pari Opportunità, ‘intesa con la Ministra per la Famiglia, Rosi Bindi. Al dibattito del 18 parteciperà la sottosegretaria alla Famiglia, Maria Chiara Acciarini, che ci aggiornerà sul percorso che il governo ha deciso di intraprendere. Se al’interno della maggioranza qualcuno volesse ostacolare il rispetto di questo impegno, sarebbe una grave violazione degli accordi di maggioranza, oltre che uno schiaffo ai diritti di milioni di persone.
Il dibattito del 18 è intitolato "Unioni civili: diritti in Europa". Quali, a suo avviso, le esperienze continentali considerabili come modelli di riferimento per il nostro Paese?
In Europa ci sono tre tipi di legislazione che hanno risposto, a partire dal 1989, alla esplicita e reiterata richiesta delle istituzioni europee di risolvere il tema dei diritti delle coppie dello stesso sesso. In Olanda, Belgio e Spagna si è esteso il matrimonio civile alle coppie gay e lesbiche. In altri paesi (Danimarca, Finlandia, Islanda, Germania Norvegia,Regno Unito, Svezia, Svizzera) si è preferito dare vita ad un nuovo istituto simile ma distinto. Un terzo gruppo di paesi (Francia, Portogallo, Ungheria, Andorra, Repubblica Ceca, Croazia, Lussemburgo, Slovenia) ha scelto una formula più leggera, che assicura alle coppie di fatto, etero ed omosessuali, alcuni diritti minimi. La proposta di legge sul Pacs fa riferimento a questo modello più leggero. Chi ne parla come di una "deriva zapaterista" o di "matrimonio gay" ignora o finge di non sapere che siamo ben lontani dal’equiparazione al matrimonio. La parità dei diritti fra coppie dello stesso sesso e coppie di sesso diverso è un obiettivo di civiltà a cui prima o poi anche ‘Italia dovrà giungere. Ma la legge sui Pacs è u’altra cosa.
Negli scorsi giorni, due giovani omosessuali sono stati vittime a Bologna di una tanto inedita, quanto deprecabile aggressione. A ciò si somma una preoccupante escalation di violenze contro le donne. Cosa succede? La città sta perdendo quei tratti di apertura e tolleranza che ‘avevano caratterizzata per decenni? E, se sì, come si potrebbe contrastare una simile, preoccupante tendenza?
Bologna, come ogni città europea, è sempre di più un incrocio di soggettività diverse. Le donne hanno acquisito un ruolo e u’autonomia sempre maggiori. Gay, lesbiche e trans sono usciti dal’invisibilità e reclamano il rispetto dei loro diritti. Origini etniche e convinzioni religiose convivono nelle scuole bolognesi e sui posti di lavoro. Esiste il rischio di uno scontro fra identità che si arrocchino — cattolici contro islamici, uomini contro donne, etero contro gay o lesbiche, nativi contro migranti. Ognuno di noi ha diversi aspetti di identità (genere, età, orientamento sessuale, provenienza geografica, convinzioni religiose o filosofiche) che ci pongono ora fra le minoranza discriminate ora fra i soggetti maggioritari e potenzialmente prevaricatori. Se prevarrà la contrapposizione statica fra un "noi" e un "loro" il conflitto e i microconflitti urbani saranno inevitabili. ‘alternativa è costruire un ampio progetto culturale per la città, che coinvolga le scuole, le associazioni e le istituzioni, fondato sul confronto fra le diversità e sul’inclusione sociale. Mantenendo sempre ben chiari sullo sfondo quei diritti umani e civili che sono presupposti insuperabili di ogni democrazia.
Da www.dsbologna.it