Disegno di Giulia Argnani
La presenza di lesbiche in Arcigay è un dato di fatto che ha trovato, nella storia dell’associazione, diverse forme di rappresentanza. Il primo atto di visibilità risale al 1990, quando il 4° Congresso nazionale porta alla nascita di Arcigay-Donna e all’elezione di Graziella Bertozzo come Segretaria nazionale.
Nel 1994 viene approvato il cambiamento di denominazione, ed Arcigay-Arcilesbica diventa la prima associazione italiana con quote di genere al 50% per l’elezione degli organismi dirigenti. Il crescente desiderio di visibilità delle lesbiche ed alcune conflittualità interne portano però a ritenere insufficiente questa soluzione e, nel 1996, alla scelta di autonomia di Arcilesbica ed Arcigay, che divengono associazioni indipendenti, ma federate. Con una grande differenza: lo Statuto di Arcilesbica prevede l’adesione di sole donne, mentre Arcigay rimane un’associazione mista. Di conseguenza, all’atto della separazione, la maggioranza delle donne confluisce in Arcilesbica, ma con il passare degli anni il numero di tesserate in Arcigay cresce sensibilmente, fino a raggiungere all’inizio del 2005 il 12%.
L’ultimo Congresso del marzo 2005 ha approvato l’Ordine del Giorno sulla Valorizzazione e promozione della presenza lesbica e la nuova denominazione Associazione lesbica e gay italiana e ha istituito la figura di Responsabile Pari Opportunità all’interno della Segreteria.
Queste decisioni nascono dalla presa di coscienza che al numero sempre crescente di tesserate ed attiviste nei comitati non corrisponde un’adeguata rappresentanza a livello nazionale. Si vuole quindi affermare il valore della componente lesbica, favorirne la presenza a tutti i livelli, porre l’attenzione necessaria ai suoi bisogni specifici per tradurli in azioni positive.
In questo modo Arcigay, anziché legarsi a riduttive quote numeriche, sperimenta una nuova concezione di pari opportunità basata sui propri ideali — la promozione delle diversità come valori — che vuole essere un esempio di convivenza improntata al rispetto ed al confronto.
L’esperienza dei comitati provinciali ha dato l’ispirazione a questo percorso: senza ricorrere alle quote, nella maggior parte di essi si contano infatti una o più lesbiche all’interno dei direttivi, in molti casi nella carica di presidente o vice (ad oggi: Ancona, Aosta, Bologna, Bolzano, Cosenza, Cremona, Messina, Perugia, Pistoia, Roma, Torino, Trieste, Verona).
Diversa è l’esperienza di quelle realtà, ad esempio Ferrara, in cui gay e lesbiche hanno scelto una divisione formale in comitato Arcigay e circolo Arcilesbica, ma che hanno in comune esperienze associative. Queste situazioni rispecchiano i rapporti, basati sulla condivisione ed il rispetto delle scelte e delle differenze, tra le associazioni nazionali unite da un patto federativo e dall’intento di una sempre più comune progettualità sulle azioni positive a favore del benessere di gay e lesbiche, come avvenuto per la ricerca Modidi o per la campagna sulla salute lesbica in fase di progettazione.
In questo primo anno di attività abbiamo cercato di rispondere a tutte le richieste pervenute.
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