Dopo mesi di tensione e divisione all’interno del movimento lgbt italiano, è fortemente avvertita in diversi ambiti associativi dell’arcipelago lgbt, la necessità di ricercare insieme il bandolo di una matassa che si è gravemente aggrovigliata. Ognuno di noi ha giocato, nel periodo passato, un ruolo ben preciso di annuncio pubblico del proprio posizionamento e, attraverso l’evocazione di conflitti che sono emersi con diamantina chiarezza, ma che per lo più, sono frutto di antiche e superate vicende.
Ora si tratta di mettere in campo la volontà dell’ascolto reciproco, partendo anche dagli attuali arrocchi, per espandere un clima più disteso e di confronto.
Credo sia sbagliato partire dalle decisioni scaturite dai reciproci allontanamenti: due pride nazionali, uno a Bologna e l’altro a Roma, esasperazione di posizioni consolidate e, comprensibile sbandamento di una parte consistente di gruppi che non vogliono schierarsi con una parte o l’altra. Queste determinazioni, possono essere gestite con sapiente volontà, trasformando ciò che oggi appare una netta divisione, in armoniosa collaborazione, che tenga conto di tutt* le volontà che vi si esprimono.
Le infinite possibilità di dialogo nascono dalla comune consapevolezza, che la rappresentazione superficiale di due blocchi contrapposti, che sono scesi in campo armati per contendersi egemonie inesistenti, è del tutto fuorviante rispetto alle necessità dell’oggi.
Abbiamo un urgente bisogno di far ripartire l’iniziativa politica, lasciandoci alle spalle lo sbigottimento per il tradimento del 9 febbraio, per mettere in atto una nuova e se possibile più incisiva azione sociale.
Personalmente credo che si sbaglia a ripartire da dove avevamo lasciato, ovvero da campagne, iniziative e, manifestazioni rivolte alla politica, alle sue sedi istituzionali, ai partiti. Questa strategia, ha segnato una fase forte di tutto il movimento, ci ha donato una grande visibilità ed incisività sui mass media e dentro la società, che tut* insieme siamo riusciti a cambiare, ma ha mancato l’obiettivo che si era prefissa: mutare i rapporti di forza nelle alleanze politiche, affinché fosse possibile ottenere risultati sul piano legislativo.
I parlamentari lgbt godono giustamente ancora di questa onda lunga e, il loro lavoro sta portando a risultati positivi. Tutt* noi stiamo incrociando le dita affinché, per esempio il pacchetto contro la violenza alle donne e contro le persone lgbt, sia finalmente approvato dal governo. Sarebbe un segnale straordinario, una delle nostre rivendicazioni presente nella nostra comune piattaforma, recepita da una maggioranza parlamentare. Insomma il primo vero successo. Ma il nostro compito, esaurito tutto l’arco delle proposte possibili (da quelle più elaborate come il Pacs, al matrimonio) è già in campo ed è ben conosciuta la nostra volontà di lavorare d’ora in poi, senza condizioni, per la parità giuridica delle persone lgbt. Quindi, cosa manca?
Manca il consenso popolare forte, visibile, costruito in modo permanente nella società. Ci serve una forza dentro e fuori la comunità lgbt, che non abbiamo avuto, anche a causa di nostri errori di valutazione e di lettura non esatta delle forze in campo. Organizzare i Pride non è sufficiente, relega il nostro ruolo sociale in un volontario ghetto d’auto rappresentazione distorta del nostro potenziale politico e sociale. I Pride naturalmente non si toccano! Ma dobbiamo saper interpretare l’attuale e, credo anche il prossimo, periodo con lungimiranza, con volontà di evolvere la nostra battaglia utilizzando strumenti più efficaci e concreti.
Per questo ci dobbiamo prima rivolgere alla società, per acquisire la forza e il consenso necessari per presentarci al confronto con la politica, non solo con la ragione delle nostre idee, ma con una reale patrimonio di radicamento sociale.
I nostri parlamentari avranno la possibilità di influire davvero sull’alleanza di centro sinistra, se la nostra azione pubblica sarà estesa e permanente. A loro spetta il compito di ricercare tutte le strade compatibili con gli attuali equilibri, per portare a casa risultati concreti, a noi movimento spetta la responsabilità di far uscire la nostra battaglia dall’isolamento e dal minoritarismo, per farla finalmente vivere quotidianamente in tutto il paese.
La prima nostra missione è sicuramente quella di conquistare le enormi masse di gay e lesbiche che si muovono liberamente nella notte, ma che dobbiamo emancipare alla luce del giorno. Contemporaneamente occorre stringere alleanze, politiche, azioni dirette, manifestazioni diffuse dalle Alpi alla Sicilia, tali da rendere evidente la scesa in campo di un movimento civile fortemente riformatore, che intende porre al centro l’urgenza dell’ampliamento di diritti e libertà. C’è bisogno di precisare meglio le priorità su cui costruire questo moto di popolo? Può darsi, ma questo non avverrà se ognuno rimane dentro il proprio ambito e sogna rivincite non nei confronti dei comuni avversari, ma all’interno del proprio campo. Proprio nei momenti di difficoltà un movimento come il nostro può trovare le risorse, le idee, le volontà per superare gli ostacoli ed aprire una nuova grande stagione di lotta sociale.