Bulli in ballo

  

La ricerca Bulli in Ballo è nata per valutare in che misura nelle scuole superiori della regione Marche fossero presenti atti di discriminazione verso omosessuali, immigrati e donne.

Per tale ragione è stata realizzata una ricerca che ha coinvolto 2489 studenti e studentesse appartenenti a quasi gli istituti superiori della regione, ragazzi tra i quali uno/a su 20 dichiara di essere gay e/o lesbica e 1 su 25 di essere immigrato.

Bulli in ballo

Bulli in ballo

I partecipanti hanno esplicitato l’esistenza di questo fenomeno tra i giovani delle nostre scuole. Gli studenti, infatti, hanno sottolineato di aver assistito spesso a situazioni di offesa verbale, di aggressione fisica e di discriminazione nei confronti di persone omosessuali (41%), di individui immigrati (31% ) o di ragazze (33%). I luoghi in cui tali condotte vengono assunte sono soprattutto le aule e gli altri spazi scolastici come i corridoi e il 97% circa dei partecipanti indica come responsabili di tali condotte gli studenti stessi.

I ragazzi contattati si rendono conto della gravità di certe offese, ma dichiarano di non intervenire quasi mai, senza distinzione di genere. D’altra parte quando c’è un’attivazione sono gli studenti (44%) e gli insegnanti (50%) a cercare di bloccare le violenze verbali e/o fisiche.

Gli studenti giudicano poco sicura la loro scuola soprattutto per i gay (45%) ma anche per le ragazze lesbiche (38%), ma abbastanza sicura le persone immigrate e, soprattutto, per le ragazze.

Lo studio ha considerato anche le emozioni suscitate da gay/lesbiche e dagli immigrati come uno dei parametri attraverso il quale raccogliere vissuti negativi verso le diversità. Le ragazze nel pensare, ad esempio, a due donne baciarsi provano sentimenti più negativi dei ragazzi (imbarazzo, sdegno, fastidio, spavento) che, invece, provano curiosità, attrazione, contentezza, ma anche rabbia. D’altra parte nel pensare a due ragazzi che si baciano, sono i maschi che provano più emozioni negative (imbarazzo, spavento, sdegno, fastidio).

Nei confronti delle persone immigrate le partecipanti, rispetto ai loro compagni, hanno mostrato di provare più emozioni positive e meno emozioni negative.

Considerando, invece, il tipo di scuola ci sono delle differenze a seconda degli istituti frequentati perlopiù derivanti dal contesto e dalla diversa composizione delle classi, ad esempio nei Licei, essendo più bassa la presenza di persone immigrate, è più facile che si presenti una minore discriminazione nei confronti delle diversità poiché tali studenti si raffrontano con realtà più ideali e meno vissute concretamente nella quotidianità come accade invece nei professionali o negli istituti tecnici.

In generale, comunque, sembra essere poca la disponibilità a voler approfondire il tema dell’immigrazione, dell’omosessualità e delle differenze di genere.

ALESSANDRA FERMANI
Ricercatrice di Psicologia sociale presso l’Università di Macerata e Dottore di ricerca in Scienze dell’educazione e Analisi del territorio


BULLI IN BALLO
adolescenti in bilico

Il fenomeno del bullismo a scuola
Seminari formativi con gli insegnanti
Interventi nelle classi scolastiche

Dalla scheda del progetto

Il bullismo può essere definito “un’azione che mira deliberatamente a fare del male o a danneggiare; spesso è persistente ed è difficile difendersi per coloro che ne sono vittima” (Sharp e Smith, 1995). Sono di solito vittime di bullismo quelle persone che hanno maggiori difficoltà a difendersi, o per struttura e costituzione fisica, o per caratteristiche comportamentali e sociali. Questa forma di prepotenza, inoltre, può essere diretta (verbale e/o fisica) o indiretta (esclusione dal gruppo, isolamento, costruzione e diramazione di storie false e negative sul conto della vittima).
Il bullismo è ben diverso dalle scaramucce tra amici, perché è un fenomeno complesso che comprende anche atti di microcriminalità che i “bulli” compiono solo per divertimento o anche per sentirsi più grandi o più forti.

La scuola è, ovviamente, un nodo perfetto per covare e far crescere un fenomeno simile, sia perché i ragazzi convivono nella stessa classe per lunghi periodi ed hanno modo di costruire e radicalizzare ruoli sociali e gerarchie stabili, sia perché spesso si trovano ad avere totale libertà di comportamento senza la supervisione degli adulti (nei bagni, nelle mense ecc…).

La prepotenza dei bulli va dalle più banali spinte nei corridoi o da schizzi con i rubinetti nei bagni alle più pesanti minacce di pestaggi o ad offese fisiche come cazzotti e schiaffi, ma anche offese morali. Normalmente poi questi episodi di bullismo avvengono ad opera di ragazzi più grandi che prendono sistematicamente di mira quelli più piccoli.
Gli studiosi affermano che le prepotenze di natura verbale prevalgano nettamente rispetto a quelle di tipo fisico. Un’attenzione particolare va data alle violenze di tipo psicologico, perché comportano per chi subisce (vittima) forme di isolamento, calunnie ecc…
Le prepotenze di natura fisica risultano essere più frequenti tra i ragazzi, mentre tra le ragazze e i più giovani prevale la violenza verbale e psicologica.
La scuola è certamente il luogo per eccellenza dove si manifesta il bullismo, ma non l’unico: infatti testimonianze di ragazzi dimostrano casi di prepotenza per strada e non sempre il bullo appartiene all’ambiente scolastico.

Da che cosa nasce il bullismo?

Le ricerche fatte sull’argomento indicano che il fenomeno nasce da un ambiente familiare, sociale e scolastico impreparato ad affrontare i bisogni e le aspettative dei giovani.
Una educazione fatta di eccessive punizioni fisiche porta il ragazzo ad utilizzarle come strumento per far rispettare le proprie regole. E’ importante che siano espresse le regole da rispettare e da seguire, ma non è educativo ricorrere soltanto alla punizione fisica. Comportamenti di intolleranza, isolamento, discriminazione verso aspetti sociali quali omosessualità, immigrazione, differenze di genere possono essere naturalmente assimilati dai ragazzi che a loro volta li manifesteranno verso i propri coetanei.
La mancanza di calore e di coinvolgimento da parte delle persone che sono vicine al giovane è un ulteriore fattore importante nello sviluppo di modalità aggressive nella relazione con gli altri.
Gli stili educativi rappresentano quindi un fattore cruciale per lo sviluppo o meno delle condotte inadeguate. Queste non sono sicuramente le uniche cause del fenomeno, anzi, si può dire che esso è inserito in un reticolo di fattori concatenati tra loro.
Una particolare attenzione va data alla scuola (materna, elementare, media inferiore e superiore, università), dove il giovane passa gran parte della sua vita soprattutto nel periodo delicato della crescita, dove c’è il passaggio dal bambino al ragazzo ed infine all’adulto. In queste fasi fondamentali della vita di ogni individuo, la scuola ha un ruolo fondamentale, ma spesso non riesce a far fronte ai bisogni dei giovani e soprattutto nel momento in cui si manifestano casi difficili o disagi essa è impreparata ad affrontare il problema.

Bullismo e omosessualità

Il pregiudizio o la diffidenza verso la diversità non rimane solo una semplice opinione, ma a volte si concretizza in atti di esclusione e discriminazione. Il lavoro pionieristico di Olweus (1996) ha messo in rilievo il fenomeno delle prepotenze scolastiche che vengono perpetrate da bambini e ragazzini nei confronti dei loro coetanei, scatenando un vero e proprio boom della letteratura sul fenomeno del bullismo. E’ stato riscontrato che il bullismo a scuola ripropone le stesse dinamiche di oppressione sociale e le vittime sono spesso persone che fanno parte di gruppi socialmente stigmatizzati (le donne, le persone sovrappeso o quelle appartenenti a minoranze etniche o sessuali, ecc.).
Gli scienziati sociali sostengono che circa il 5-7% della popolazione ha un orientamento prevalentemente omosessuale e che circa il 20-30% della popolazione ha quindi un familiare omosessuale. In una classe scolastica di trenta alunni, quindi, un numero approssimativo di tre-sette ragazzi/e è omosessuale o ha un’esperienza diretta con l’omosessualità (GLSTN,1997). In secondo luogo, è rilevante perché l’adolescenza è caratterizzata dallo sviluppo della propria identità sessuale e da sentimenti di esplorazione e sperimentazione che si traducono in un bisogno di conoscenza e in una maggiore interazione con il mondo adulto. Quando gli adolescenti esprimono la loro curiosità sulla sessualità, si è capito che il silenzio e il non parlarne comunica indirettamente dei valori quanto parlarne.

Altri studi sugli adolescenti hanno rilevato una proporzione significativamente maggiore di ragazzi e ragazze omosessuali tra quelli che tentavano il suicidio. Secondo celebri studi statunitensi (Gibson, 1989), il suicidio è la prima causa di morte tra la popolazione giovanile gay e lesbica e i suicidi della popolazione gay costituirebbero il 30% di tutti i suicidi adolescenziali. L’unica documentazione empirica in Italia é rappresentata dalla ricerca condotta dall’ ISPES (1991), secondo cui il 32,5% di gay e lesbiche sotto i vent’anni ha pensato almeno una volta all’opportunità di suicidarsi e il 10,8% l’ha esecutivamente tentato.

Questo è assolutamente comprensibile se si pensa a quanto è pervasiva e comune l’omofobia (paura e disprezzo dell’omosessualità). Nelle scuole gli/le alunni/e omosessuali sono esposti quotidianamente a manifestazioni di omofobia: commenti verbali dispregiativi verso persone omosessuali o presunte tali, sanzioni verso certi comportamenti considerati inappropriati ("Dai non fare il frocio!"), soprusi fisici e a volte anche sessuali. Una curiosa ricerca di un’associazione di insegnanti ha dimostrato che un alunno sente al giorno a scuola almeno venti parole o battute antigay (GLSTN, 1997) e un’indagine italiana su giovani omosessuali, maschi e femmine, ha verificato che il 70-80% ha subito insulti verbali e il 30% anche soprusi e maltrattamenti fisici (Pietrantoni, 1996). E’ quindi comprensibile negli alunni omosessuali una progressiva perdita della motivazione scolastica, dell’autostima e una maggiore preoccupazione per la propria sicurezza.

Conclusioni

La scuola non può difendersi in una posizione neutrale di fronte a salienti tematiche sociali e civili. Non solo è "impossibile fare storia della cultura, storia della letteratura, dell’arte, della filosofia, delle religioni, fare scienze naturali e scienze sociali, senza approfondire direttamente le tematiche – sessuali, migrazione, differenze di genere – ma è altresì impossibile dimenticare che uno dei compiti della scuola è quello di educare alle norme sociali di rispetto e di tolleranza.

Essa può fare da ago della bilancia tra la famiglia e la società, dando la possibilità di conoscere e di educare là dove la diversità viene vista come un qualcosa da respingere; deve quindi contenere le schegge del razzismo e della discriminazione e non riflettere passivamente (o peggio amplificare) la subalternità e le ostilità interpersonali e intragruppali.

Il ruolo dell’insegnante nell’autoregolare i meccanismi di stigmatizzazione ed esclusione nel gruppo classe é fondamentale. E’ l’insegnante che deve far nascere, consolidare e dare un senso agli atteggiamenti di non discriminazione e di cooperazione. Inoltre la decostruzione degli stereotipi e delle modalità relazionali di prepotenza deve essere accompagnata da una ricostruzione di nuove competenze relazionali e sociali che attivino una positiva interdipendenza tra i soggetti.
La scuola deve superare la scissione tra educare e istruire, tra cognitivo e affettivo, per diventare un nuovo campo di materialità educativa. Le tematiche della sentimentalità, dell’identità sessuale e del pregiudizio sociale sono un crocevia tra elaborazione delle informazioni e comprensione affettiva, tra conoscenza ed emotività. La scuola non può risolvere la sua funzione nella mera trasmissione di contenuti, ma deve integrare la cultura intellettuale con la cultura emozionale, per gettare le basi per un autentico processo di crescita dell’allievo e per lo sviluppo delle sue capacità.
Il linguaggio della cooperazione e dell’integrazione tra le diversità umane é una sfida sì complessa, ma è una grande opportunità per tutti.

Infine, è da evidenziare che nella Regione Marche non sono stati fatti finora studi sulla realtà scolastica degli/lle adolescenti omosessuali e sui comportamenti legati alla differenza di genere. Il progetto quindi non solo colmerebbe questa lacuna, ma potrebbe essere la base per futuri interventi sociali.

Programma attività

– Definizione di questionari da distribuire agli/alle studenti, da parte dei consulenti del progetto (psicologi, docenti, ecc.). I questionari serviranno a conoscere le realtà sociale vissuta nella scuola.
– Distribuzione di questionari agli/lle studenti delle scuole superiori.
– Elaborazione dei questionari, attraverso l’ausilio dei consulenti del progetto.
– Corsi di formazione per gli insegnanti delle scuole medie superiori, tenuti da consulenti preparati e con esperienza nel settore. I corsi saranno “tarati” in base agli elementi scaturiti dai questionari.
– Pubblicazione dei risultati della ricerca, al fine di realizzare uno strumento di studio per future analisi/attività.
– Realizzazione di conferenze per rendere pubblici i risultati del lavoro.

Obbiettivi

Lo scopo del progetto è quello di intervenire sugli adolescenti delle scuole medie superiori al fine di prevenire sia le discriminazioni che le forme di bullismo a discapito di adolescenti omosessuali, stranieri e donne, causa primaria del disagio giovanile.

Campi di azione

Scuole superiori delle Province della Regione Marche (Macerata, Ancona, Pesaro, Ascoli Piceno), con ausilio di coordinatori locali.

Destinatari

– Insegnanti di scuole medie superiori
– Studenti di scuole medie superiori

Coordinamento e gestione
Circolo Arcigay — Arcilesbica Caleido
Via V. Veneto, 11 — 60122 Ancona
Tel. 071 203045 — Fax 071 203050
E-Mail [email protected]


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