Un'immagine del Pride 2003 a Gerusalemme
Alla fine le logiche di guerra hanno avuto nuovamente la meglio ed il World Gay Pride previsto per il 10 novembre è stato nuovamente rinviato. 'attacco sferrato ieri dal'esercito israeliano a Beit Hanoun, con 'uccisione di 19 palestinesi, ha reso nuovamente incandescente 'atmosfera in Israele e consigliato gli organizzatori di annullare per la terza volta 'evento, sostituendolo con una manifestazione stanziale al chiuso.
La manifestazione era in programma già per 'agosto 2005. Sarebbe stata la seconda volta di un Pride di scala mondiale, dopo il primo World Pride del 2000 che aveva visto sfilare centinaia di migliaia di persone a Roma. Ma lo sgombero dei coloni dalla striscia di Gaza e il conseguente assorbimento di tutte le forze del'ordine avevano prodotto il rifiuto del'autorizzazione. Un Gay Pride a Gerusalemme, sia pure su scala locale, si era poi tenuto lo stesso in giugno, nonostante le violente proteste delle forze di estrema destra e delle organizzazioni fondamentaliste religiose. In realtà, alla base del divieto 'era stato un altro fatto: un appello firmato dai rappresentanti delle diverse religioni presenti a Gerusalemme: i due rabbini capo di Israele, i tre patriarchi cristiani – il cattolico latino, 'armeno e il greco ortodosso – e due sceicchi musulmani.
'evento era stato spostato al'agosto 2006. Non erano mancate in quei giorni le polemiche interne al movimento omosessuale internazionale rispetto al'ipotesi di tenere un Pride in un paese impegnato in u'aspra guerra come quella contro Hezbollah. Ma anche in quella occasione la concomitanza fra le proteste religiose e la difficile situazione creata dalla guerra avevano prodotto 'annullamento del Pride.
Oggi la notizia del terzo annullamento. O, peggio, del ridimensionamento ad una manifestazione tipo "riserva indiana", chiusa dietro le mura dello stadio del'università di Gerusalemme. Salterà, forse, così anche la "parata delle bestie", la contromanifestazione pensata dalla comunità ultra ortodossa che aveva sollevato 'indignazione delle associazioni animaliste per 'intenzione espressa dagli organizzatori di portare in piazza asini, mucche e cavalli. In realtà, accanto a questa colorita iniziativa, gli ebrei ultra ortodossi avevano messo in campo azioni ben più violente, con scontri con la polizia e incendi di cassonetti. Uno scenario già visto nei mesi scorsi nel'Europa del'Est.
Anche il Pride di Mosca, impedito nel maggio scorso dalle violenze di estremisti di destra e fanatici ortodossi, aveva visto ricrearsi 'alleanza dei leader religiosi contro i diritti umani di gay, lesbiche, bisessuali e transgender. Anche in quella occasione il nunzio vaticano era sceso in campo per chiedere formalmente che le autorità politiche rifiutassero 'autorizzazione.
La novità di questi giorni è la discesa in campo di Benedetto XVI in persona. È a nome del papa di Roma, infatti, che il nunzio apostolico in Israele ha chiesto al ministro degli Esteri israeliano Tzipi Livni di non consentire lo svolgimento della manifestazione organizzata dal'associazione Open House.
Alcuni fondamentalisti religiosi, nei giorni scorsi, imprecavano contro una manifestazione che, a loro dire, sarebbe la causa delle continue guerre nel paese. Sarebbe bello che la rinuncia al World Pride aiutasse la pace in Israele. Ma 'è da scommettere che 'armonia ritrovata dai leader religiosi contro i diritti gay non reggerà in modo altrettanto solido di fronte al tema della pace in Medio oriente.