Tutto comincia di giovedì, il giorno caro a Giove, e qualche tuono nel cielo e tra le componenti del movimento glbt si fa sentire.
Si chiama «mobilitazione permanente», è stata concordata il 14 gennaio in u’assemblea accalorata che ha scandito le iniziative in campo. Giovedì 25 gennaio la fiaccolata a Montecitorio, il 10 marzo la grande manifestazione per la laicità, passando per febbraio che vedrà azioni locali di protesta e il corteo nazionale «No vat», in cui si riconosce una parte del movimento.
Infine, il 9 giugno il mega pride unitario nella capitale. Ricordate quello del’anno giubilare? Segnò una svolta. Sette anni dopo (sette, numero biblico) si rilancia.
Le fiaccole accese non erano poche giovedì pomeriggio sul tappeto di sampietrini stretto tra la facciata col grande orologio e il palazzo del ministero della famiglia. La Bindi però non ‘era, il consiglio dei ministri era riunito e provvedeva alle liberalizzazioni. Benzina, ricariche telefoniche, ticket aerei…, abbiamo saltato qualcosa? No, la liberalizzazione delle coppie di fatto non era in elenco. Il consiglio parlerà del’argomento, con il ddl preannunciato, probabilmente entrò la metà di febbraio e poi il tutto dovrebbe passare in commissione giustizia al Senato.
E le fiaccole? Erano luci di attesa, di rabbia, o di rimpianto? Per dare il senso del clima descriviamo uno dei volantini circolati anche la mattina, al’incontro tra Fassino, segretario dei ds, e gayleft, la consulta omosex del medesimo partito. Il volantino listato a lutto riproduce uno struzzo con la testa sotto la sabbia e la scritta cubitale: «È venuta a mancare al’affetto della comunità Speranza Pacs, ne danno il triste annuncio le figlie: Adozione, Successione e Pensione». Davvero il pacs e i suoi derivati sono archiviati nelle aspettative del movimento? Di patto di solidarietà non si parla più, lo esige il realismo. Franco Grillini dinanzi a Fassino cita «la legge». «La legge deve avere due elementi irrinunciabili: deve esplicitare che si riferisce anche alle coppie dello stesso sesso, deve far valere ‘opponibilità dei diritti a terzi. La manifestazione del dieci marzo viene fatta per un motivo: perché si tenga fede alla parola data».
E Anna Paola Concia, portavoce gayleft: «Abbiamo criticato la corsa al ribasso, il tentativo, anche del nostro Partito, di spiegare i contenuti della legge, di rassicurare solo le gerarchie ecclesiastiche, una parte di mondo cattolico, su quello che la legge non è!». Fassino, che ha ribadito di essere a fianco della consulta nella battaglia per diritti esigibili, segnalando però la difficoltà dei numeri al Senato, ha assistito anche a interventi da «conto alla rovescia» sulle orme del gesto di Aurelio Mancuso, che ha dichiarato di uscire dai Ds.
Agata Ruscica, gayleft Siracusa: «Le mie amiche spagnole dicono che ‘Italia è un paese bello ma arretrato, io dico che è poco coraggioso. Vorrei che a sposare me e la mia compagna fosse Piero, Piero Zapatero! Aspetto il 26 agosto, celebriamo 25 anni di convivenza, se allora mi sentirò presa in giro andrò via dai Ds». E Alessandro Zan, Gayleft Veneto: «Sono molto poco fiducioso, tengo fermo il principio della parità di diritti per le persone omosex». La parola pacs, come è evidente, è svanita. Non sembri pignoleria questo nostro soffermarci, Liberi tutti ha parlato di pacs quando ancora sembrava un refuso, un errore di stampa al posto di «pax». Adesso, si fanno strada due termini nel movimento che finiscono nel medesimo modo: patrimonio, ed è chiaro, perché tutto ha preso il «la» con la querelle sulla successione, e matrimonio. ‘Eurispes dice che un terzo degli italiani è pro nozze gay. La partenza per chi vuole alzare il tiro non è delle peggiori. Tremula? Ma consistente, come le fiaccole a Montecitorio.
Eccoci, ogni luce, una voce. Rossana Praitano, presidente circolo Mario Mieli: «Stiamo facendo la veglia allo stato di malattia dei diritti, non arretreremo, faremo rircorsi costituzionali, il nostro obiettivo è la parità». Lilli, la sua compagna: «Non ci vogliono vedere come coppie, negano ‘amore omosessuale». Francesco Magali, 40 anni: «In Parlamento ‘è un gioco delle parti, se otterremo qualcosa sarà talmente di poco conto che nessuno si avvarrà della legge. Io voglio il riconoscimento della relazione affettiva, e dunque il matrimonio come principio di uguaglianza, a prescindere che io mi sposi o meno». Claudio Casale, presidente Gam (Gruppo alternativi motociclisti) ed esponente di Leather club: «Certo che sono qui, il movimento tutto ha deciso di ricompattarsi, non mi basta un disegno di legge, io voglio il matrimonio».
Enrico Giordani presidente del Comog, Coordinamento moto gay e lesbico, e Fabio stanno insieme da nove anni e si sono simbolicamente pacsati un anno e mezzo fa, adesso Enrico dice: «La parola accertamento mi offende, a nessuno, ministri compresi, piacerebbe che qualcuno venisse ad accertare i sentimenti. Credevamo che questo governo fosse amico». Ornella Oliva, trentenne: «Non mi sento rappresentata dai nostri politici, mi ferisce molto sentir dire, cosa che avviene tutti i giorni, che ‘amore per la mia donna vale meno, che è inferiore a quello di un uomo per sua moglie». Renata Lozzi, sindacalista Cgil: «Zapatero ha dato dignità. A questo punto vogliamo il matrimonio».
Ci sono tutte le sigle romane ad accendere le luci sotto la pioggia (DìGay project, Agedo, Arcilesbica, Arcigay ecc.). ‘è Maria Gigliola Toniollo, figura storica dei Nuovi diritti Cgil: «Sono sopraffatta dallo spettacolo deteriore che stanno dando tutti i parlamentari, minoranza compresa. ‘è una mancanza di conoscenza del diritto che spaventa. E i toni e i modi del discutere sono da allucinazione collettiva. Non capisco il senso delle leggi e delle mozioni proposte, sarebbero eque se per gli omosex ci fosse anche il matrimonio. I cittadini sono tutti uguali: lo abbiamo dimenticato?».