La tabella dei comuni che hanno adottato il registro delle unioni civili è aggiornata al 30 gennaio 2006
Avv. Antonio Rotelli
Periodicamente ritorna, come un fenomeno carsico, un gran dibattito sulla legge anagrafica e sempre più spesso capita di sentire amenità e sciocchezze di ogni sorta. Tra queste merita una menzione speciale quella di alcuni cattedratici che hanno voluto farci sapere, in modo apocalittico, che la legge anagrafica apre in Italia le porte alla poligamia. Spero che queste pagine serviranno a fugare ogni dubbio anche su questo millantato rischio e che si conoscano meglio i Registri delle unioni civili e le attestazioni di famiglia affettiva.
La legge anagrafica italiana
In Italia l’anagrafe è regolata dalla legge n. 1228/54 (in seguito per brevità indicata come la « Legge »), nonché dal suo regolamento di attuazione approvato con il Decreto del Presidente della Repubblica n. 223/89 e successive modificazioni (in seguito per brevità il « Regolamento »).
L’anagrafe è l’ufficio deputato alla tenuta dei registri della popolazione comunale alla cui guida è posto il sindaco, sotto la vigilanza del Ministero dell’Interno e dell’ISTAT, che ha tra i suoi compiti principali quello di mantenere costantemente aggiornato il numero degli abitanti che vivono stabilmente nel territorio comunale attraverso la loro registrazione.
La registrazione della popolazione è funzionale a molteplici attività amministrative come, a mero titolo di esempio, quella della revisione semestrale delle liste elettorali comunali e l’operazione di confronto in occasione dei censimenti decennali.
La Legge organizza l’anagrafe in schedari che raccolgono in ordine alfabetico le schede individuali di tutti gli abitanti stabilmente residenti nel territorio comunale, nonché in ordine numerico progressivo le schede di famiglia e di convivenza. Ciascuna di queste ultime registra una di quelle che la dottrina giuridica chiama « situazioni di fatto » , ovvero raggruppa gli abitanti del comune in base al criterio principale del luogo di abitazione.
È così definito con chiarezza dal Regolamento il concetto di « famiglia anagrafica » quale formazione costituita da persone che coabitino e sono legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela ed anche solo da « vincoli affettivi », nonché quello di « convivenza anagrafica » quale insieme di persone normalmente e abitualmente coabitanti nello stesso comune per motivi religiosi, di cura, di assistenza, militari, di pena, e simili.
Le persone addette alla famiglia anagrafica o alla convivenza anagrafica per ragioni di impiego o di lavoro, se vi convivono abitualmente, sono considerate rispettivamente membri della famiglia, se sussistono vincoli affettivi, o altrimenti membri della convivenza, purché non costituiscano famiglie a sé stanti. Infatti le persone sole o quelle che pur coabitando con altri non sono legate a questi da nessun vincolo o per nessun motivo, costituiscono famiglia anagrafica a sé stante (art. 4, comma 2 reg.). Le persone ospitate anche abitualmente in alberghi, locande, pensioni e simili non costituiscono convivenza anagrafica.
Le definizioni di « famiglia anagrafica » e « convivenza anagrafica », che si trovano rispettivamente negli articoli 4 e 5 del Regolamento distinguono dunque due fattispecie accomunate dal fatto di riferirsi normalmente a più persone coabitanti, almeno due, con , come detto, della persona sola che può costituire famiglia anagrafica a sé stante.
Le due fattispecie — famiglia e convivenza- si distinguono, invece, per almeno un elemento, ovvero l’esistenza o la mancanza di parentela o di un vincolo affettivo tra le persone che coabitano. La prova dei vincoli affettivi viene riconosciuta alla dichiarazione che gli interessati rendono al momento della dell’iscrizione o modifica anagrafica della famiglia o della convivenza. Pertanto si ha « convivenza anagrafica » quando il motivo che lega le persone coabitanti è sociale, religioso di cura ed altro: si fa l’esempio delle persone in carcere o dei monaci e delle suore nei conventi; degli studenti o dei lavoratori fuori sede o degli anziani, qualora questi vivendo insieme dichiarano di prestarsi reciprocamente assistenza e cura. L’esistenza del vincolo affettivo, invece, è da solo sufficiente a creare la « famiglia anagrafica ».
Essendo l’anagrafe momento di registrazione di situazioni di fatto, essa non è funzionale alla costituzione di una famiglia legittima, che è tale indipendentemente dalla situazione di fatto e in virtù della semplice esistenza del vincolo giuridico del matrimonio . Perciò le famiglie legittime coabitanti costituiscono allo stesso tempo famiglie anagrafiche, mentre non tutte le famiglie anagrafiche sono famiglie legittime. Per quanto detto due coniugi non coabitanti e, in particolare, dimoranti in comuni diversi costituiscono due famiglie anagrafiche distinte, anche se non è difficile riscontrare errori da parte degli uffici anagrafici rispetto a questa specifica situazione.
In generale, quindi, l’iscrizione anagrafica di una famiglia o una convivenza non crea nuovi status giuridici.
La ratio della Legge è così facilmente rinvenibile nella funzione caratteristica dell’anagrafe che è quella, più volte ripetuta, di rispecchiare lo stato di fatto ovvero la situazione reale, registrando le persone stabilmente residenti in un determinato territorio comunale e fornendo per finalità amministrative (certificazioni) e di studio, notizie su quei raggruppamenti di persone coabitanti ed aventi i precisati vincoli, anche solo affettivi, che costituiscono appunto le « famiglie anagrafiche », o coabitanti per altri motivi che, invece, costituiscono le « convivenze anagrafiche ».
La Legge prevede per tutti l’obbligo di iscriversi nei registri anagrafici entro 20 giorni dalla fissazione della dimora in un comune o dalla costituzione di una famiglia o convivenza anagrafica, nonché di comunicare tutte le modifiche successive, pena l’applicazione di una sanzione amministrativa (combinato disposto degli artt. 13, comma 2 del regolamento e art. 11 della Legge).
Tutti gli atti anagrafici sono atti pubblici (art. 1, comma 3 della Legge).
La famiglia anagrafica legata da vincoli affettivi
Il Regolamento prevede, come illustrato, che l’esistenza del solo legame affettivo sia sufficiente per la costituzione di una famiglia anagrafica ed anzi prescrive che la sua costituzione o modificazione debba essere obbligatoriamente registrata all’anagrafe (art. 13, comma 1 lett. b) reg.) — registrazione che si può effettuare anche attraverso dichiarazione resa con una raccomandata postale (art. 13, comma 3 reg.). In mancanza di comunicazione, l’ufficio anagrafico deve procedere all’iscrizione d’ufficio, una volta che acquisisce le informazioni che comportano l’istituzione o la modificazione di posizioni anagrafiche (art. 15, comma 1 reg.). Ciascun componente della famiglia può rendere le dichiarazioni relative alle mutazioni delle posizioni anagrafiche degli altri componenti della famiglia (art. 6, comma 1 reg.).
Il certificato di residenza e quello di stato di famiglia (anagrafica) devono contenere (art. 35, comma 1 reg.) l’indicazione del comune e della data di rilascio, l’oggetto della certificazione, le generalità delle persone cui la certificazione si riferisce, la firma dell’ufficiale di anagrafe ed il timbro dell’ufficio. Il certificato deve rispecchiare la composizione familiare quale risulta dall’anagrafe all’atto del rilascio del certificato (art. 35, comma 3 reg.).
Ai sensi dell’art. 46 del DPR 445/2000, lo Stato di famiglia può anche essere sostituito da un’autocertificazione. L’ufficiale di anagrafe ha sempre il potere di verificare che la situazione di fatto precedentemente dichiarata e che si certifica o si chiede di certificare, sia ancora esistente (combinato disposto degli artt. 4 della Legge e 19 del Regolamento). In caso contrario, al richiedente il certificato verrà comminata una sanzione amministrativa per non aver provveduto nei termini a comunicare la dovuta modificazione.
È previsto altresì che possano essere richieste attestazioni o certificazioni di « ogni altra posizione desumibile dagli atti anagrafici » – ad esclusione delle informazioni relative alla professione o ai titoli di studio -, ma l’ufficiale di anagrafe può rilasciarle solo su espressa disposizione del sindaco, qualora non vi ostino gravi o particolari esigenze di pubblico interesse (art. 33, comma 2 reg.).
Tutte le persone facenti parte di una famiglia anagrafica (ma anche di una convivenza anagrafica) possono richiedere che venga loro rilasciata l’attestazione o certificazione di ogni informazione registrata nella scheda di famiglia, che riguardi la stessa famiglia e le persone che la costituiscono.
Per quanto riguarda le scheda di famiglia, queste devono essere conformi all’esemplare predisposto dall’istituto centrale di statistica (Modello ISTAT AP/6) e devono riportate « le posizioni anagrafiche relative alla famiglia ed alle persone che la costituiscono » (art. 21, comma 1 reg.), nonché le loro modificazioni (art. 21, comma 4 reg.), con l’indicazione di uno dei componenti la famiglia quale « intestatario della scheda ».
Stesso discorso vale per la convivenza anagrafica, la cui scheda di registrazione deve essere tenuta al corrente delle mutazioni relative alla denominazione o specie di essa (art. 22 reg.).
Nelle schede individuali, invece, devono essere indicati il sesso, la data, il comune di nascita, lo stato civile, la professione, arte o mestiere abitualmente esercitato o la condizione professionale, il titolo di studio, nonché l’indirizzo dell’abitazione. L’inserimento nelle schede individuali di altre notizie, oltre a quelle già previste nella scheda stessa, può essere effettuato soltanto previa autorizzazione da parte del Ministero dell’Interno, d’intesa con l’Istituto centrale di statistica (art. 20 reg.).
I punti salienti della Legge evidenziati fin qui sono:
1) che la relazioni fondata su un legame affettivo costituisce una famiglia anagrafica;
2) che la costituzione e le modificazioni di tale famiglia devono essere registrate all’anagrafe;
3) che è possibile richiedere all’anagrafe un certificato attestante l’esistenza e la composizione della famiglia anagrafica.
L’art. 4 del Regolamento stabilisce genericamente che « un insieme » di persone possono costituire una famiglia anagrafica, ma non specifica se con ciò debbano intendersi due o più persone, posto che lo stesso articolo riconosce che una famiglia può essere costituita da una sola persona. Sicuramente un insieme coabitante formato da genitori, figli, nonni e altri parenti sono famiglia anagrafica. Se invece a convivere siano due o più persone non legate da vincoli di parentela, ma solo affettivi? Alcune ragioni di ordine sistematico suggeriscono che solo una coppia legata da vincoli affettivi possa essere considerata famiglia anagrafica. Se sono più di due persone si tratterà di una convivenza. Ciò perché da un lato il confronto degli articoli 4 e 5 mette in luce che la convivenza e la famiglia si distinguono per i particolari motivi che determinano la loro formazione: motivazioni sociali, religiose, di assistenza o di pena nel caso della convivenza; vincoli di parentela o legami affettivi nel caso della famiglia. Le ragioni affettive sono considerate rilevanti solo esclusivamente nel concetto di famiglia, anche se certamente l’affetto potrebbe essere presenta nelle convivenze, per le quali invece rileva unicamente il motivo o la natura della costituzione. Per quanta differenza possa esservi tra il concetto di famiglia legittima e famiglia anagrafica, deve ammettersi che la definizione di famiglia non può essere del tutto diversa nei due casi, talché un concetto base e unico di famiglia rimanda sempre, nel nostro ordinamento, ad una coppia di persone legate da vincoli affettivi-sessuali. Il concetto di famiglia viene poi esteso agli eventuali figli o parenti. Non si potrebbe, quindi, far rientrare nel concetto di famiglia anagrafica il caso di un rapporto poligamico che nel nostro ordinamento non trova riconoscimento. Rientrano, invece, nella definizione di famiglia anagrafica le coppie di fatto o more uxorio coabitanti in quanto formazioni sociali riconosciute e protette ai sensi dell’art. 2 della Costituzione (Corte cost., sentenze 8/96; 166/98). Allo stesso modo vi rientrano le coppie di fatto dello stesso sesso, posto che l’art. 3 della Costituzione impone di non discriminare sulla base di condizioni personali. Il riconoscimento dell’art. 2 e il divieto dell’art. 3 della Costituzione trovano conferma e rafforzamento nella Carta dei diritti fondamentali dei cittadini dell’Unione.
Famiglia anagrafica e convivenza anagrafica
Il sindaco, nella qualità di ufficiale di anagrafe, può dare disposizione agli uffici di certificare tutto quanto sia contenuto nelle schede anagrafiche, purché ciò non osti all’ordine pubblico.
Iscrivendosi all’anagrafe ciascuno fornisce i propri dati anagrafici e quelli delle altre persone che vivono con lui/lei, specificando la natura del legame intercorrente tra i coabitanti: i coniugi e i parenti indicano il rapporto di coniugio o il grado di parentela, le coppie di fatto il legame affettivo. Gli altri insiemi di persone indicano il motivo della coabitazione (cura, religioso, di pena etc.). Con i dati dichiarati l’anagrafe compila le schede individuali per ciascuno degli iscritti e le schede di famiglia o di convivenza, a seconda che si versi nell’una o nell’altra fattispecie.
Il dato del legame affettivo, raccolto attraverso il modulo di iscrizione si perde nel momento di essere trasferito nel database anagrafico, cioè non viene registrato come dato a se stante. Per comprendere quanto detto possono essere d’aiuto alcuni esempi. L’ISTAT mette a disposizione sul sito http://demo.istat.it/bil2004/index.html un ricco database statistico con i dati anagrafici di tutta Italia —il database on line è attualmente aggiornato al 31 dicembre 2004. Impostando una ricerca per provincia e città si ottengono i seguenti dati.
Comune Comuni Popolazione al 31 Dicembre 2004 Numero di famiglie Numero di convivenze Numero medio di componenti per famiglia
Maschi Femmine Totale
058091 Roma 1197120 1356753 2553873 1044000 2700 2.4
028060 Padova 99230 111591 210821 95529 253 2.2
037006 Bologna 174855 199570 374425 190035 323 2.0
038008 Ferrara 61594 70313 131907 60071 100 2.2
048017 Firenze 171462 196597 368059 174938 232 2.1
Come si può notare viene fornito il numero totale delle famiglie (anagrafiche) che include le famiglie coniugate, i parenti coabitanti e le coppie legate da vincoli affettivi. Per quanto è stato possibile sapere, prendendo informazione presso gli uffici anagrafici, sono gli stessi modelli (elettronici) elaborati dall’Istituto centrale di statistica a non contenere campi che permettano la registrazione separata delle coppie legate da vincoli affettivi. In questo modo tali coppie scompaiono dalla rilevazione e, di fatto, non esistono. Accade anche che alcune coppie affettive siano registrate come convivenze anagrafiche. A volte ciò accade su espressa richiesta delle coppie, in quanto ritengono che ciò potrebbe portare dei benefici fiscali; altre volte sono gli impiegati dell’anagrafe ad inserirle, per default, tra le convivenze: è il caso delle coppie omosessuali.
Dal momento che l’anagrafe fotografa solo le situazioni di fatto sulla base del dato della coabitazione, il mancato rilevamento delle famiglie affettive e l’inserimento di alcune di loro tra le convivenza anagrafiche, non dovrebbe avere rilievo giuridico: infatti ai membri delle famiglie (nella specie delle coppie legate da vincoli affettivi) o delle convivenze anagrafiche, non derivano diritti o obblighi direttamente dalla registrazione anagrafica — nè si creano nuovi status giuridici o posizioni soggettive privilegiate.
Tuttavia tale constatazione deve negarsi. Da un lato perché, a prescindere da qualsiasi altra considerazione, è il Regolamento stesso a prevedere (art. 4) la distinzione tra diverse famiglie anagrafiche (« Agli effetti anagrafici per famiglia si intende un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozioni, tutela o da vincoli affettivi ») e tale distinzione va mentenuta; dall’altro perché la certificazione anagrafica di coppia affettiva è funzionale al miglior esercizio di alcuni diritti che il legislatore ha riconosciuto in maniera disomogenea alle coppie di fatto: si pensi per esempio alla legge 53 del 2000 che riconosce alla lavoratrice e al lavoratore il diritto ad un permesso retribuito di tre giorni lavorativi al'anno in caso di decesso o di documentata grave infermità del convivente, purché la stabile convivenza con il lavoratore o la lavoratrice risulti da certificazione anagrafica (art. 4). Oppure si pensi alla legge sui consultori (n. 405/75), all’ordinamento penitenziario (n. n. 354/75), all’art. 199, comma 3 c.p.p. o all’art. 572 c.p.
In tutti questi casi i diritti o le facoltà riconosciute possono essere goduti a condizione che si dia prova dell’esistenza della relazione affettiva di coppia e tale prova può essere fornita dalla produzione di un certificato anagrafico. In alcuni casi, come si e visto, è la legge stessa a prevedere che la prova sia data proprio con la certificazione anagrafica.
La giurisprudenza ha chiarito che la certificazione anagrafica, proprio perché attesta una situazione di fatto, ha il valore di una presunzione semplice, quindi sempre confutabile. In tal senso essa si pone sullo stesso piano di un atto notorio o di una dichiarazione resa davanti al notaio, con l’indubbio vantaggio di non avere costi.
La vicenda dei registri delle unioni civili
Da oltre un decennio in Italia si torna a parlare spesso dei registri delle unioni civili (per brevità in seguito indicati solo con Registri) e lo si fa mettendoli in stretto rapporto con la Legge anagrafica.
Per comprendere appieno l’importanza dei Registri, va tenuto conto del fatto che in Italia, ancora oggi, manca una disciplina della famiglia di fatto, nonostante la sua larga diffusione e la continua crescita. Se ci limitiamo a guardare gli altri paesi dell’Unione europea osserviamo che da anni ormai esistono diversi modelli di regolamentazione delle relazioni di coppia non fondate sul matrimonio: si va da norme minime poste a baluardo delle coppie che vogliono rimanere di fatto alla creazione di nuovi istituti giuridici o di contratti che permettono alle coppie di registrarsi e di regolare i propri rapporti. Da ultimo l’art. 9 della Carta di Nizza ha ribadito il diritto di tutti di formarsi una famiglia a prescindere dalla scelta di sposarsi.
In Italia proprio nel momento in cui i comuni cominciarono ad approvare i Registri si riuscì finalmente a portare le famiglie di fatto al centro del dibattito politico. La loro forza simbolica è stata fondamentale, nonostante che ancora oggi la discussione sulle famiglie di fatto sia in corso, senza che si siano fatti sostanziali passi in avanti sul piano legislativo.
Il primo registro fu istituito nell’ottobre del 1993 dal comune di Empoli e annullato successivamente da una pronuncia del CO.RE.CO. (Comitato Regionale di Controllo — ufficio oggi non più esistente), confermata dal T.A.R. Toscana.
Su tali pronunce negative — a cui si aggiunsero quelle di altri CO.RE.CO. che annullavano i registri istituiti in altre città toscane-, influì non poco la convinzione che i registri fossero istituiti ad unico vantaggio delle coppie omosessuali, con la creazione di nuovi status giuridici: si pensava in qualche modo che si fosse trovata la strada per permettere agli omosessuali di concludere una sorta di matrimonio. Ovviamente si trattava di grossolane sviste, perché ai Registri hanno sempre potuto accedere coppie dello stesso sesso e di sesso diverso, come successivamente riconosciuto dalla dottrina e dai giudici amministrativi che hanno fatto rientrare nella definizione di unione civile:
a) le coppie di persone di sesso diverso coabitanti che non vogliono o non possono sposarsi;
b) le persone che, per varie ragioni (età, ristrettezze economiche) decidono di coabitare per motivi di mutua assistenza e solidarietà;
c) le coppie di persone dello stesso sesso coabitanti legate da vincoli affettivi.
Le ipotesi a) e c), come è facile desumere, rientrano certamente nella definizione di famiglia anagrafica, ma quella sotto b) ben potrebbe rientrare nella definizione di « convivenza anagrafica », dal momento che in questa seconda definizione rientra la coabitazione per motivi di cura e assistenza – dovendo escludersi che il riferimento a cura ed assistenza presente nella definizione di convivenza anagrafica rimandi alla convivenza che si ha all’interno di ospedali o istituti di cura, in quanto il Regolamento stabilisce espressamente che non si deve effettuare l’iscrizione anagrafica, né d’ufficio, né a richiesta dell’interessato, quando si tratta di persone ricoverate in istituti di cura, di qualsiasi natura, se la permanenza nel comune, quindi nella struttura, sia inferiore a due anni (art. 8, lett. b).
Tuttavia la possibilità di costituire una famiglia anagrafica legata da vincoli affettivi o una convivenza anagrafica, quando non si tratti palesemente di convivenza come nei casi di istituti di pena o conventi, è rimessa totalmente ai dichiaranti che possono dichiarare la sussistenza o meno del vincolo affettivo, scegliendo così di ricadere nell’una o nell’altra ipotesi.
Proprio partendo dalla definizione di famiglia anagrafica data dalla Legge, a cui si rifacevano, i Registri furono affidati all’ufficio anagrafico, ritenendo con ciò di non violare la competenza esclusiva dello Stato nella regolamentazione dell’anagrafe (Corte cost., sent. 730/88): si sosteneva che il Registro non costituisse un tipo nuovo e differente, ma solo una sottospecie dei registri già esistenti e istituiti dallo Stato, di cui non modificava il funzionamento. I dati in esso raccolti erano, infatti, già presenti nei registri anagrafici, ma si riteneva di valorizzarli per fini ulteriori rispetto a quelli propri dell’anagrafe, nel circoscritto ambito delle competenze comunali. Però nelle prime pronunce della giustizia amministrativa si statuiva che i comuni non avessero la facoltà di creare simili Registri, in quanto i giudici riscontravano esattamente il contrario:
– si violava la disciplina anagrafica, riservata in via esclusiva allo Stato;
– si creavano nuovi status giuridici, potere sempre riservata allo Stato;
– si creavano nuove situazioni intersoggettive, dando valore giuridico ad unioni di cui l’ordinamento statale non recava positivo riconoscimento, come “dato di aggregazione sociale, con valore di presupposto requisito di speciale capacità o attitudine ad essere titolari di poteri e doveri giuridici” (TAR Toscana, sez. I, 09/02/1996, n. 49). Il riconoscimento delle unioni come “fatti sociali giuridicamente rilevanti” si riteneva che violasse addirittura gli articoli 2 e 3 della Costituzione, ma non l’art. 29, ritenuto del tutto estraneo alla vicenda delle coppie di fatto.
Successivamente, questo orientamento giurisprudenziale è stato ribaltato dalla stessa sezione dello stesso TAR Toscana, che al contrario ha riconosciuto nell’istituzione dei registri delle unioni civili un’espressione dell’autonomia comunale (che ha tra le fonti la legge 142/90, in particolare gli artt. 2 e 9), nell’ambito della quale vi è la possibilità di tenere registri particolari e settoriali, organizzati secondo dati ed elementi obbligatoriamente contenuti nei registri anagrafici.
Secondo il TAR, infatti, lungi dal rappresentare una disciplina concorrente o integrativa della materia anagrafica da parte dell’ente comunale, il Registro è invece un legittimo strumento attraverso il quale il comune persegue proprie finalità, nell’ambito delle proprie competenze. A facilitare il nuovo orientamento aveva inciso certamente la decisione del comune, in questo caso quello di Firenze, di non affidare più il Registro all’ufficio anagrafico, ma ad altro ufficio, in modo da allontanare il sospetto di voler violare il campo delle competenze esclusive dello Stato.
I giudici hanno riconosciuto tra l’altro che i Registri non creano nuovi status, ma hanno fondamentalmente una funzione di pubblicità, oltre che rappresentare per i cittadini una possibilità e non un obbligo di iscrizione, esistente invece per i registri anagrafici. Quanto infine all’affermazione secondo cui le coppie di fatto sarebbero fatti sociali senza rilievo giuridico — ed anzi il dargliene sarebbe contrario alla Costituzione in mancanza di una legge dello Stato — per i giudici è completamente destituita di fondamento, poiché già alcune leggi dello stato danno rilievo giuridico a tali coppie e la stessa Corte Costituzionale (sent. nn. 237/86, 281/94, 8/96, 166/98) riconosce « l’ambito di operatività dell’art. 2 della Costituzione, a termine del quale anche un consolidato rapporto di fatto può essere tutelato come espressione del principio solidaristico del quale è permeato l’ordinamento giuridico, e il principio di eguaglianza espresso nell’art. 3 della Costituzione impone a tutti i soggetti istituzionali della “Repubblica”, e quindi anche ai comuni (arg. ex art. 5 Cost.), di eliminare qualsiasi ostacolo si frapponga al rispetto della persona umana da tutelare nella sua diversità » (TAR Toscana, sez. I, 11 giugno 2001, n. 1041).
Quindi, in conclusione, riprendendo un concetto espresso nel paragrafo precedente, l’iscrizione nei registri anagrafici delle famiglie e delle convivenze, non costituisce un vincolo giuridico a cui si ricollegano effetti propri, diversi da quelli anagrafici, ma ad essa possono fare e fanno riferimento il legislatore e gli enti locali nell’ambito della propria autonomia in varie occasioni in cui si fa derivare un qualche diritto o beneficio dall’esistenza di una situazione di fatto certificabile, nella sua esistenza e nella durata. L’iscrizione nell’anagrafe assolve questa funzione di certificazione.
I registri delle unioni civili ugualmente non determinano per gli iscritti vincoli giuridici a cui si ricollegano effetti propri, ma ad essi gli enti locali che li istituiscono possono fare riferimento per fini che ritengano degni di tutela.
Un esempio che spesso è stato fatto in riferimento a benefici riconnessi alla convivenza è la legislazione regionale in materia di assegnazione degli alloggi di edilizia pubblica.
Comuni che hanno deliberato e istituito i registri delle unioni civili
Stabilito che l’istituzione dei Registri delle unioni civili è legittima fuori dall’ufficio anagrafico, in numerosi comuni sono state avanzate proposte di istituzione dei registri delle unioni civili. Spesso queste proposte hanno scatenato estenuanti bagarre, con lunghi strascichi sulla stampa e anatemi lanciati dalle autorità ecclesiastiche.
Nella maggior parte dei comuni dove è stato posto all’ordine del giorno, il Consiglio comunale ha deliberato in favore dell’istituzione del Registro (tra i comuni maggiori che l’hanno respinto figurano, per esempio, Brescia, Torino, Trieste e Latina), in genere delegando ad un successivo provvedimento della giunta l’effettiva formazione del Registro. Non sono mancati, però, casi di Consigli comunali che hanno provveduto anche all’approvazione del Regolamento attuativo del Registro. In alcuni comuni, al contrario, pur essendo stato deliberato dal Consiglio, il registro non è mai stato effettivamente istituito.
In alcuni comuni anziché utilizzare la locuzione “Registri delle unioni di civili”, si è usata quella di “Elenco delle unioni civili”, a volte prevedendo due sezioni distinte: una per le coppie legate da vincoli affettivi ed una per le persone conviventi al fine di prestarsi vicendevolmente assistenza morale e materiale.
Nella tabella che segue sono elencati i comuni che hanno istituito il registro, distinguendo tra quelli che lo hanno deliberato e quelli che lo hanno effettivamente costituito facendolo funzionare. È necessario puntualizzare che laddove il campo “Provvedimento istitutivo della Giunta” è vuoto, è da intendere che non è stato possibile verificare se in quel comune il registro sia stato effettivamente istituito o meno e non che effettivamente il registro manchi.
Si ringrazia chi contribuirà a completare o integrare la tabella che segue.
Comuni Delibera del Consiglio comunale Istituzione effettiva da parte della Giunta
1 Empoli 21/10/1993 sì
2 Cogoleto 18/01/1994
3 Pisa 07/07/1997 sì
4 Firenze 20/07/1998 24/07/2001
5 Ivrea (TO) giugno 1998
6 Voghera 21/07/1998 sì
7 Arezzo 24/09/1998
8 Scandicci 29/09/1998 sì
9 Fano (PU) 17/11/1998 sì
10 Ferrara 23/12/1998 2005
11 Gallarate (VA)
12 San Canzian D’Isonzo (GO)
13 Campi Bisenzio (FI)
14 Desio (MI) 16/12/1998
15 Spello 1999
16 San Sepolcro (AR) 1999
17 Inzago (MI) 28/06/1999 sì
18 Montebruno (GE) giugno 2000 sì
19 San Giovanni Valdarno (AR) 2000
20 Trezzo sull’Adda
21 Gubbio marzo 2002 sì
22 Bagheria (PA) 22/01/2003
23 Rivoli (TO) febbraio 2003 sì
24 Perugia 10/03/2003 sì
25 Bolzano 03/04/2003 sì
26 Rovereto luglio 2003
27 Terni 15/09/2000 sì
28 Casalgrande (RE) ottobre 2003
29 Pizzo Calabro luglio 2004 sì
30 Piombino dicembre 2004 07/02/2006
(Regolamento approvato dal Consiglio comunale)
31 Savona 23/03/2005
32 Rosignano (LI) aprile 2000 17 /05/2005
33 Cannara 2005 sì
34 Pistoia 05/7/2005 sì
35 Arco (TN) 09/11/2005
36 San Marcello pistoiese (PT) 28/11/2005
37 Roma — X municipio 22/12/2005 sì
38 Viareggio 11/01/2006
39 Isola Dovarese (CR) 26/11/2005
40 Castel nuovo ne Monti (RE)
41 Piombino 15/12/2004 02/02/2006
(Regolamento approvato dal Consiglio comunale)
42 Trento 25/01/2006 20/02/2006
43 Atzara (NU) 21/01/2006 sì
44 Livorno sì sì
45 Cecina (LI) 15/06/2005 23/08/2005
46 Tarquinia (VT) sì sì
47 Arco (TN) 09/11/2005 06/12/2005
48 Bastia Umbra 22/12/2005 sì
49 Foligno (PG) 19/11/2005 sì
50 Assago (MI) 28/02/2006 01/06/2006
51 Macerata 19/04/2006
52 Sovicille (SI) 11/07/2006
53 Ancona 09/01/2007
54 Colle Valdelsa 09/01/2007
55 Porto Torres (SS) 25/01/2007
Nell’elenco non figurano Bologna e Padova le quali, come meglio si dirà appresso, non hanno istituito un Registro, ma hanno preferito dare piena applicazione alla legge anagrafica autorizzando il rilascio di un’attestazione di famiglia affettiva.
Va rilevato, infine, che i Registri laddove sono stati istituiti non hanno visto l’iscrizione di moltissime coppie. Il perchè può ritrovarsi in motivi diversi; tra questi vanno considerati il prevalente valore simbolico dell’iscrizione, la mancata pubblicizzazione dei Registri e, connesso a quest’ultimo motivo, la probabile non compresa ragione, da parte delle coppie legate da vincoli affettivi già iscritte all’anagrafe, di tornare ad iscriversi.
Attestati di costituzione di Famiglia Affettiva
Come accennato poco sopra, le città di Bologna e Padova hanno optato per una soluzione differente rispetto all’istituzione del Registro.
Il già richiamato art. 33, comma 2 del Regolamento riconosce direttamente al sindaco il potere di autorizzare il rilascio di certificati o attestazioni che contengano ogni altro dato, desumibile dai registri anagrafici, che usualmente non compaia nei certificati di stato di famiglia e di residenza.
Esclusi quei dati che il Regolamento stesso prevede che non si debbano certificare, nello stato di famiglia manca proprio il dato relativo al legame affettivo che caratterizza la fattispecie famiglia anagrafica. Dal momento che, come detto in precedenza, il legame affettivo è un dato che l’anagrafe deve raccogliere perchè lo impongono la Legge e il Regolamento (non fosse altro per distinguere la famiglia anagrafica affettiva dalle convivenze anagrafiche), allora il sindaco può ordinare all’anagrafe, se richiestogli, un’attestazione nella quale si certifichi che la coppia richiedente è una coppia di fatto legata da vincoli affettivi.
Nel comune di Bologna l’ « Attestato di costituzione di Famiglia Affettiva » si rilascia su disposizione del sindaco dal 1999.
A Padova invece, di recente, si è previsto il rilascio dell’ « Attestazione di famiglia basata su legami affettivi », a seguito di una delibera del Consiglio comunale che impegna il sindaco a disporre il suo rilascio, sulla base dell’art. 33, comma 2 del Regolamento. Questo articolo, come detto, prevede che è già nel potere del sindaco disporre direttamente il rilascio di una simile certificazione, senza che sia necessario passare per una delibera del consiglio comunale. Tuttavia tale deliberazione, ancorché superflua, ha un chiaro significato politico.
Il rilascio dell’attestazione di famiglia anagrafica affettiva costituisce applicazione corretta ed efficace della legge anagrafica: corretta perché si da piena attuazione alla Legge che distingue le relazioni affettive da altre forme di convivenza; efficace perché permette alle coppie che lo richiedono di poterlo utilizzare per esercitare quei diritti, sopra ricordati, che la legge già oggi gli riconosce.
Rispetto al Registro delle unioni civili il rilascio del certificato ha il vantaggio di non comportare una doppia iscrizione, una anagrafica ed una nel registro: tutte le coppie conviventi per ragioni affettive, essendo già iscritte all’anagrafe, è sufficiente che si rechino all’ufficio anagrafico a richiedere la certificazione (a condizione che l’esistenza del vincolo affettivo sia stato dichiarato al momento dell’iscrizione all’anagrafe). Un altro vantaggio indiretto del certificato è quello di far superare il problema relativo alla tenuta del Registro presso un ufficio comunale che non sia quello anagrafico.
In relazione al rilascio del certificato può farsi anche un’altra considerazione importante: dal momento che le coppie legate da vincoli affettivi sono già iscritte all’anagrafe e, c’è da supporre, la quasi totalità è registrata in relazione a questo vincolo, sarebbe possibile conoscere da subito il numero complessivo di coppie esistenti già oggi in ciascun comune. L’art. 34, comma 2 del Regolamento stabilisce infatti che: « Ove il comune disponga di idonee apparecchiature, l’ufficiale di anagrafe rilascia dati anagrafici, resi anonimi ed aggregati, agli interessati che ne facciano richiesta per fini statistici e di ricerca ». L’amministrazione comunale ed il sindaco potrebbero disporre, se richiesto, che venga elaborato il numero delle coppie affettive residenti nel territorio comunale. Tale elaborazione ha sicuramente un costo, ma dal momento che oggi ancora non si dispone di rilevazioni statistiche certe sulle coppie esistenti, questo potrebbe essere uno utile strumento di pressione politica.