Rotelli contro le manipolazioni dell’Art.29

  

Buonasera a tutti.

A nome degli organizzatori del convegno ringrazio fin da subito coloro che sono intervenuti e le persone che seguiranno il convegno attraverso Radio radicale, alla quale va un ringraziamento speciale.

Ringrazio tutti i relatori che questo pomeriggio ci aiuteranno ad approfondire il tema delle “famiglie nella Costituzione”.

Ringrazio altresì le associazioni che hanno formalmente aderito al convegno e quelle che in forma diversa ci hanno fatto giungere il proprio sostegno, alcune delle quali sono qui presenti. Chiedo scusa se mi permetto di non citare tutti, ma come è possibile leggere dal programma, abbiamo un pomeriggio davvero intenso e vorremmo lasciare dello spazio per il dibattito.

A me tocca presentare il convegno — e proverò a farlo nella maniera più concisa:

Nelle ultime settimane il dibattito intorno alle famiglie di fatto, alle unioni civili, ai PACS — tutte sigle che indicano in maniera più o meno differente lo stesso tema della regolamentazione delle convivenza famigliari ad di fuori del vincolo matrimoniale — è diventato il cuore del dibattito politico. I giornali sono pieni di articoli su questo tema, specie dopo che il governo ha presentato il proprio disegno di legge sui DICO.

Tutto questo gran scrivere e parlare è ed è stato fatto spesso, troppo spesso, senza riflessione e approfondimenti. La politica peggiore ha preso il sopravvento, accompagnata e indotta da paure quasi millenaristiche: si è proclamato che siamo alla fine della famiglia — alla distruzione della società. Si è arrivato a contrapporre il bene al male e quelli che sono temi sociali e di diritto, sono stati condotti su un piano religioso. In questa bagarre pare che le istituzioni rappresentative vogliano abdicare alla propria funzione, alla propria autonomia e al proprio potere, rendendosi disponibili ad accettare dickat che provengono da stati stranieri.

Il dibattito pubblico, come abbiamo scritto nel titolo del nostro convegno, viene alterato, truccato, manipolato.

Anche il diritto e la giurisprudenza vengono truccati e manipolati a piacimento: poco più di due settimane fa, alla camera dei Deputati sono state presentate delle mozioni con le quali si voleva impegnare il governo ad intraprendere o a non intraprendere iniziative legislative in materia di unioni civili. In alcune di quelle mozioni troviamo casi emblematici di manipolazione: in una, per fare un esempio, citava in maniera selettiva e scorretta alcune sentenza della Corte costituzionale, in particolare la n. 8 del 1996 e la 166 del 1998, per affermare, in premessa, come dato di fatto incontestabile, che la Corte avrebbe escluso in modo esplicito e inequivoco la possibilità di includere le famiglie di fatto tra le formazioni sociali riconosciute e garantite dall’art. 2 della Costituzione. Se il governo avesse voluto adottare un provvedimento con il quale la realtà delle famiglie di fatto veniva riportata nell’alveo dell’art. 2, avrebbe aperto un conflitto istituzionale e un vulnus alla Costituzione, a detta del presentatore della mozione. Invece se si leggono nella loro integrità proprio le sentenze citate, ci si accorge come la Corte affermi esattamente il contrario, cioè la rilevanza delle coppie di fatto tra le formazioni sociali previste dall’art. 2 della Costituzione. Ecco quindi un esempio di trucco, che poi si ripete nel dibattito pubblico tout court.

Il nostro convegno quest’oggi approfondirà queste problematiche giuridiche senza tralasciare alcune riflessioni politiche.

Quando parliamo dell’art. 29 della Costituzione molteplici sono le fattispecie oggetto del dibattito.

Da un lato v’è la questione della possibilità nel nostro ordinamento, a Costituzione immodificata, di riconoscere l’accesso al matrimonio alle persone dello stesso sesso, coppie omosessuali.

Dall’altro c’è la questione della possibilità giuridica di creare un istituto diverso o alternativo al matrimonio — sul modello del Pacs o similare — aperto a coppie dello stesso o diverso sesso.

Infine v’è anche la questione delle coppie di fatto che intendono rimanere tali, nonostante abbiano creato un rapporto di tipo familiare stabile e duraturo. In questo caso, come la Corte costituzionale ci ha indicato, ogni intervento deve tutelare in primis la libertà delle coppie che non hanno voluto giuridicizzare il proprio rapporto, anche se ci sono molte questioni da risolvere, come quella della tutela del partner debole al momento della rottura del rapporto, per esempio. Questo dovremo ricordarlo in particolr modo la governo, che nel suo DDL DICO ha previsto un meccanismo automatico per il quale dall’iscrizione anagrafica derivano i benefici e i doveri che la legge vuole introdurre.

La famiglia, come ci dirà tra poco il sociologo, non è un istituto giuridico. L’istituto è il matrimonio. La famiglia è un soggetto sociale che nel tempo ha assunto e assume fisionomie sempre nuove e diverse.

Qualcuno ha anche sostenuto che il matrimonio, come la famiglia abbiano come finalità esclusiva ed unicaquella di procreare. Se questo è certamente falso da un punto di visto giuridico, altrettanto lo è dal punto di vista sociologico e antropologico. Oggi si arriva a dire che non c’è famiglia se non ci sono figli e che la famiglia non è fatta dall’amore di due persone che si amano.

Niente di più falso: questa elaborazione della famiglia e del matrimonio, anche se sorretta qualche volte da tradizione, è puramente ideologica. Ci si ostina a non voler guardare la realtà e si ragione come se le famiglie di fatto, etero o omosessuali che siano, debbano essere inventate o create dalla legge e non solo tutelate in quanto realtà esistenti.

Quanto alle coppie omosessuali si dice che sono sterili: a parte che anche quest’affermazione è solo frutto di ignoranza, perché molte famiglie omosessuali hanno figli e la presenza qui oggi delle famiglie Arcobaleno, associazione di famiglie omosessuali con figli, lo dimostra.

Le famiglie omosessuali, inoltre, non sono sterili per la società, anche quando non hanno figli: solo per fare un esempio basti pensare ai benefici che ne riceve la società e lo stato in campo sociale.

Nel dibattito di questi giorni c’è anche stato chi volendo a tutti i costi dissuadere il legislatore dall’approvare una qualsivoglia legge sulle unioni civili, ha portato ad esempio l’impatto sociale che riforme similari o il matrimonio aperto alle persone dello stesso sesso hanno avuto nei paesi dove sono state introdotto. Peccato che anche in quel caso i dati erano sempre e comunque falsi. Ci si è rifatti all’Inghilterra e ad una ricerca-analisi sullo stato della famiglia e della società britannica, presentata nei mesi scorsi dal partito conservatore. Si è spacciato questo lavoro come un ricerca fondamentale, come se non fosse un documento di una parte politica, ma del tutto indipendente e si è concluso dicendo che il grave stato di salute della famiglie e della società inglese, quale emerge da quella ricerca, è frutto dell’introduzione della Civil Partnership: peccato però che non si dica che la Civil partnership è entrata in vigore in Inghilterra nel dicembre 2005 evidentemente nel giro di un solo anno non poteva provocare quello che nel documento di scrive. Altro caso di manipolazione, se si considera che paesi dove esistono una pluralità di istituti giuridici che regolamentano le famiglie, lo stato sociale è avanzato e non ha problema di tenuta: si pensi alla Danimarca o alla dinamica Spagna.

La Corte d’Appello di Roma, lo scorso luglio, decidendo il caso della richiesta di trascrizione in Italia del matrimonio contratto in Olanda da cittadini italiani dello stesso sesso ha affermato — credo sia in assoluto la prima volta che una corte faccia quest’affermazione — che l’art. 29 della Costituzione “non costituisce di per sé ostacolo alla ricezione in ambito giuridico di nuove figure alle quali sia la società ad attribuire il senso ed il valore della esperienza “famiglia””, ma giunge putruttavia a confermare il decreto negativa di primo grado perché — appunto — ritiene non possano essere i giudici “con una forzatura in via interpretativa dell’istituto matrimoniale” a permettere l’apertura del matrimonio alle persone dello stesso sesso, ma che debba essere il legislatore. Mi chiedo come si possa affermare che l’art. 29 della Costituzione non contenga divieti al matrimonio tra persone dello stesso sesso, ma ritenere che si tratterebbe di una forzatura interpretativa il suo riconoscimento per via giurisprudenziale.

Buon convegno.


  •