“Inquietanti le parole della preside della scuola: cos’è secondo lei il bullismo? Solo percosse o minacce a mano armata?”. Anche la scritta “Sensibilizziamo i culi diversi — SS”, nel video del ragazzo disabile picchiato in classe a Torino mesi fa, si riferiva ai gay. Secondo un’indagine europea su centinaia di studenti italiani, oltre il 53% sente spesso a scuola insultare i gay come “finocchi” e gli insegnanti non se ne accorgono.
NO all'omofobia
A scuola lo tormentavano da un anno e mezzo dicendogli che era gay, insultandolo e prendendolo in giro, e lui, uno studente di 16 anni di un istituto tecnico di Torino, racconta oggi il Corriere della Sera, non ce l’ha fatta più e si è ammazzato piantandosi un coltello nel petto e buttandosi dal quarto piano di casa.
“La protesta della madre di Marco ha permesso di sollevare il velo su un fenomeno diffuso ma invisibile. Il suicidio di adolescenti gay e lesbiche vessati dai compagni di classe, e più in generale il bullismo anti-gay tra i banchi di scuola sono realtà spesso ignorate. Il caso di Torino è solo la punta di un iceberg”.
Così il presidente nazionale di Arcigay, Sergio Lo Giudice, sul caso del ragazzo di Torino che si è tolto la vita.
Da un’indagine finanziata dall’Unione europea e condotta nei mesi scorsi da Arcigay su quasi 500 studenti e insegnanti delle scuole superiori è emerso che più della metà dei ragazzi e delle ragazze (53,5%) sente pronunciare spesso o continuamente, a scuola, parole offensive come “finocchio” per indicare maschi omosessuali o percepiti come tali. Un altro 28% le sente usare qualche volta, il 14,6% raramente, e il 3,8% mai.
Ma succede anche che dalle parole si passi ai fatti. A più del 10% degli studenti capita di vedere spesso o continuamente un ragazzo deriso, offeso o aggredito, a scuola, perché è o sembra omosessuale, e raramente qualcuno interviene a difesa della vittima. Non lo fa mai nessuno secondo il 19,2%, raramente per il 29,3%, non sa il 22,7%. I prof inoltre non se ne accorgono. Alla stessa domanda sul frequente verificarsi di episodi di derisione o aggressione risponde infatti positivamente lo 0% degli adulti intervistati, mentre l’83,6% dice di non aver mai assistito a niente di simile.
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“I docenti tendono a sottovalutare il fenomeno del bullismo anti-gay — spiega Lo Giudice — anche perché molte volte gli episodi si verificano lontano dai loro occhi e dalle loro orecchie, ad esempio durante la ricreazione, nei corridoi, in giardino. Da altre ricerche risulta inoltre che i tentativi di suicidio tra i giovani omosessuali sono il doppio di quelli dei coetanei etero”.
“Le parole della preside dell’istituto frequentato da Marco sono il segno di una inconsapevolezza inquietante della scuola italiana — denuncia Lo Giudice, che è anche insegnante in un liceo di Bologna – Cosa significa che non c’era bullismo ma solo ‘sciocchi scherzi involontariamente crudeli’? Cos’è il bullismo per la scuola italiana? Solo percosse o minacce a mano armata? Non ci si rende conto di come possa essere devastante per la serena crescita di un adolescente gay o lesbica vivere in un ambiente, com’è la scuola italiana, in cui ‘frocio’ o ‘lesbica’ sono gli insulti più ricorrenti e offensivi?”
“Di solito il fenomeno del bullismo anti-gay è aggravato dall’incomprensione della famiglia, che si aggiunge alla percezione di un diffuso rifiuto sociale. Per questo è ancor più intollerabile che, di fronte alla protesta di una madre attiva e coraggiosa, la scuola abbia minimizzato il problema”.
“Solidarietà alla mamma di Marco per la sua perdita e per il coraggio di aver denunciato le violenze che suo figlio ha subito” viene espressa da Fabio Saccà, responsabile giovani di Arcigay. “Noi giovani omosessuali non ne possiamo più di essere considerati ‘figli di serie B’, ‘studenti di serie B’, ‘cittadini di serie B’. Oggi siamo soli di fronte alla violenza e ci sono tante troppe volte ragazzi come Marco che gettano la spugna. Se gli adulti hanno a cuore la crescita di tutti e tutte i giovani, si attivino per eliminare le cause di isolamento e di esclusione nei confronti degli omosessuali”.
“Solo poche scuole italiane — continua ancora Lo Giudice – fra queste proprio una scuola torinese, l’Istituto Bodoni, hanno attivato interventi contro l’omofobia, cioè l’ostilità e il disprezzo verso le persone omosessuali. Manca del tutto una pianificazione da parte del ministero dell’Istruzione, in colpevole ritardo per motivi ideologici. Tutto questo, in un contesto in cui da parte di esponenti politici o religiosi di primo piano si susseguono ogni giorno argomentazioni razziste e pesantemente offensive nei confronti delle persone omosessuali, con grave danno della percezione di sé e dell’autostima di chi sta vivendo un processo di maturazione della propria identità”
"Sensibilizziamo i culi diversi — SS” era la frase che si vedeva campeggiare sulla lavagna di un’altra classe scolastica di Torino mentre veniva picchiato il ragazzo disabile nel noto video, finito su internet, da cui è poi scaturito il dibattito degli ultimi mesi sul bullismo. Alcuni studenti nei giorni successivi si “giustificarono”, come riportato dalla stampa, spiegando che quella frase corredata di simboli nazisti non si riferiva allo studente picchiato ma “ad una scenetta in cui degli studenti di quella classe si fingevano gay e facevano gli idioti”.