Il Gay Pride di sabato? «La più grande manifestazione della sinistra sociale degli ultimi 20 anni». Eppure i leader del centro-sinistra «fanno finta di nulla». Una delusione che si aggiunge alle delusioni: niente Dico, niente nozze gay, niente diritti. Per Aurelio Mancuso, presidente nazionale del'Arcigay, è arrivato il momento di raccogliere le forze e sfidare apertamente la politica. «Non dico un partito, ma un movimento che sa spostare centinaia di migliaia di voti». E intanto partirà a breve la campagna per la restituzione delle tessere elettorali e uno sciopero fiscale.
Mancuso, che cosa sta succedendo? Fate un partito?
Ci stiamo godendo la vittoria ma stiamo anche cominciando a riflettere, per gestire la forza di un milione di persone a San Giovanni ci vogliono nervi saldi e prospettive chiare. 'Arcigay da tempo ha preso le distanze dai partiti, siamo già un movimento politico e sociale ma questo non significa poter diventare un partito. Finalmente tutto il movimento glbtq è unito, e alcune aree chiedono una presenza più forte nella politica senza mediazioni. Naturalmente si aprirà un dibattito interno, e non escludiamo di aprire delle sedi unitarie per favorirlo.
Facile immaginare che ciò nasca dalla delusione nei confronti di chi vi rappresenta in Parlamento e nel governo.
Chi fra noi ha scelto di buttarsi in politica non ha avuto successo, continuiamo ad essere sottorappresentati e a non ottenere i nostri diritti. Ecco perché oggi scegliamo un percorso diverso, la nostra agenda politica è contenuta nella piattaforma del Pride (matrimonio gay e leggi antidiscriminazione, ndr). Adesso si tratta di capire con quali strumenti mantenere la nostra unità pur conservando la pluralità tipica del movimento glbtq.
Sul palco del Pride avete chiesto una politica laica e indipendente dalle ingerenze vaticane. Perché non pensate che il cantiere della sinistra non potrebbe raccogliere le vostre rivendicazioni?
Non guardiamo a nessuna sponda politica precisa. In questo momento sono aperti tre cantieri, la costituente del Pd, la cosiddetta "cosa rossa" e la costituente socialista. I dirigenti del movimento provengono da esperienze politiche diversificate, e poiché nessuno dei tre cantieri ha scritto un percorso chiaro non ce la sentiamo di buttarci da una parte o dal'altra. Allo stesso tempo non staremo alla finestra: alle tre entità politiche diciamo che se pensano di prenscindere dalle nostre questioni si sbagliano di grosso. Ma lo facciamo come forza unitaria, come rappresentanti del popolo di San Giovanni, un soggetto politico e sociale che si è espresso a prescindere dal'appartenenza politica.
Un ultimatum.
Siamo arrabbiati, perché dopo questo enorme Pride anche la sinistra ha fatto come se non fosse accaduto nulla. Dove sono i leader? Non li sentiamo parlare. Da sempre abbiamo cercato il confronto con la politica, ora è la politica che deve dialogare con noi perché con le mediazioni non abbiamo ottenuto nulla. Non diventeremo dei qualunquisti né minacceremo di votare il centro-destra, ma se devo dire la verità ci lasciano indifferenti le persone, vogliamo i risultati.
Di che cosa non si sta accorgendo il centro-sinistra?
Concerti del 1 maggio a parte, quando avete visto così tanta gente a S. Giovanni? Il silenzio della maggioranza la dice lunga su come è messa questa sinistra. Da parte nostra, continueremo con le nostre rivendicazioni nei Pride separati di Milano sabato 23 giugno, il 30 a Torino e il 7 luglio a Catania.
Dal palco di San Giovanni hai promesso scioperi fiscali e atti di disobbedienza civile.
Li metteremo in atto. Abbiamo messo al lavoro i nostri giuristi perché trovino una tassa da non pagare, un p' come 'obiezione di coscienza sulle spese militari. Metteremo quei soldi in un fondo di solidarietà. Eppoi in autunno partirà la campagna per la restituzione delle tessere elettorali, una protesta simbolica per fare capire che non stiamo affatto scherzando.
Molti eterosessuali hanno partecipato al Pride. Ma è pur vero che la stragrande maggioranza erano omosessuali. Come la vedi?
Mi ha stupito ma non mi ha sorpreso la partecipazione del popolo delle discoteche, che normalmente non privilegia 'aspetto politico del Pride. 'eravamo tutti, e questo vorrà pur dire qualche cosa. Basta fare un raffronto: nel primo Pride del 1994 eravamo in 12mila, nel 2000 mezzo milione, oggi un milione. Eppoi al termine del corteo, durante gli interventi dal palco, moltissimi hanno deciso di rimanere ad ascoltare e questo gli altri anni non succedeva.
Se la politica continuerà a non darvi ascolto, cosa farete?
Devono stare ben attenti, 'ultimo dato scientifico diceva che il movimento glbtq poteva influenzare dalle 300mila alle 500mila persone, a destra come a sinistra visto che non tutti i gay votano a sinistra. Senza contare gli eterosessuali chestanno dalla nostra parte e vorrebbero riconoscerci i diritti che chiediamo. In questi giorni ho ricevuto moltissimi messaggi di solidarietà da parte di etero di sinistra. Tutti dello stesso tenore: siamo con voi, questa sinistra ci ha deluso.