Dopo l'ennesima intervista apparsa il 28 dicembre su La Stampa della senatrice Binetti, dove ribadisce che gli omosessuali sono malati, ci chiediamo come sia possibile per gli ormai pochi, in alcuni casi pure coraggiosi, gay e lesbiche rimasti dentro il PD convivere con questa campionessa del clerical fascismo italiano.
Sicuramente il movimento lgbt italiano non può ritenere un serio interlocutore un partito che non ha messo alla porta una senatrice che orgogliosamente propaganda e agisce affinché le persone lgbt siano discriminate e curate in barba a tutte le legislazioni internazionali, le determinazioni scientifiche, le regole deontologiche.
La senatrice Binetti sostiene idee identiche al nazismo, al fascismo e a tutti i regimi dittatoriali di destra e di sinistra che hanno internato e ucciso centinaia di migliaia d'omosessuali, senza che ciò provochi scandalo e presa di distanza da parte d'alcun esponente del PD; il passo successivo si chiama collaborazionismo.
Ci spiace Walter: la tua lettera di ieri è insufficiente per due ragioni. La prima perché sostieni che la Binetti sbaglia ma non ne trai le logiche conseguenze e la seconda perché gli strumenti che individui per tutelare e riconoscere la cittadinanza lgbt sono alla tua portata, essendo il segretario del partito di riferimento del governo che in questi due anni non è stato in grado di realizzare nulla.
La Binetti dà voce ad un potere antico da sempre presente dentro la chiesa cattolica che ha ripreso coraggio, che intende sulla pelle delle persone lgbt rafforzare una posizione di forza dentro la politica italiana; chiunque sostenga, taccia, non si opponga a questo disegno ne diventa concretamente complice.
Aurelio Mancuso
presidente nazionale Arcigay
La lettera di Veltroni su www.lastampa.it del 27/12/2007
Caro Direttore,
va riconosciuto al Suo giornale il merito di prestare una particolare attenzione al tema dei diritti civili e di promuovere sull’argomento un confronto non rituale tra opinioni diverse.
In particolare, nei giorni scorsi, ha suscitato scalpore la riproposizione, da parte della senatrice Binetti, della tesi che considera l’omosessualità come una malattia, in quanto tale meritevole solo di essere curata. Si tratta, a mio modo di vedere, di una tesi sbagliata e pericolosa. È una tesi sbagliata perché l’omosessualità è una condizione umana, che non ha senso alcuno ridurre a una patologia e che deve essere rispettata in quanto tale. Ma è anche una tesi pericolosa, perché induce, o almeno asseconda, il misconoscimento dei diritti delle persone omosessuali di condurre una vita normale, senza subire discriminazioni sociali o addirittura, come purtroppo capita ancora con preoccupante frequenza, soprattutto nei riguardi dei più giovani, atti di persecuzione e di violenza, fisica e psicologica.
Nella campagna elettorale per l’elezione diretta del segretario del Pd ho preso pubblicamente un impegno che intendo onorare. Ho detto che il Partito democratico lavorerà, in Parlamento e nel Paese, per contrastare, con la legge, con le buone pratiche amministrative, con l’impegno culturale e civile, ogni forma di intolleranza e discriminazione, tanto più se violenta, correlata con l’orientamento sessuale delle persone. Il primo impegno è il sostegno in Parlamento al disegno di legge del governo contro la violenza sessuale, nel testo di larga convergenza approvato dalla Commissione Giustizia della Camera.
Allo stesso modo, il Partito democratico lavorerà per dare seguito al preciso impegno assunto nel 2006 da tutta l’Unione davanti agli elettori: il riconoscimento con legge nazionale dei diritti delle persone che vivono nelle unioni di fatto, indipendentemente dal loro orientamento sessuale. In Senato sono all’esame della Commissione Giustizia numerose proposte. I senatori del Pd sono impegnati a costruire il consenso più ampio possibile attorno a un testo che segni un deciso passo in avanti. Penso infatti che il Paese possa e debba unirsi e non dividersi su temi così decisivi per la nostra convivenza civile e che in quanto tali non possono andare soggetti al variare delle maggioranze di governo.