C'è uno [Barbato, ndr.] che prende a sputi un altro, siamo al Senato, i due sono colleghi di partito. Provvedimento disciplinare immediato. Espulsione. Punito l'agressore: no l'aggredito. L'espulso è lo sputato.
C´è un altro [il senatore Nino Strano, ndr.] che urla "frocio, checca squallida, mafioso" all´indirizzo di un conterraneo: siciliani entrambi. Quello che urla è un omofobo? No, è un omosessuale dichiarato. Ride, carezza e fa buffetti ai colleghi a fine seduta stappa una bottiglia di champagne rovesciandolo sulla moquette e mangia, in aula, una fetta di mortadella (capìta la fine allusione?) con le mani. Ci sono tre compagni di partito che votano uno sì, uno no, uno si astiene. C´è un senatore in sedia a rotelle, uno col tutore a un braccio, uno con le stampelle e un altro che esce dall´aula su una barella di juta, svenuto. C´è un collasso generale di civiltà, un corto circuito di senso. E´ questo il teatro in cui finisce a meno di metà mandato il governo Prodi. Uno spettacolo ogni minuto sorprendente in cui sempre succede proprio quel che non ha logica e tutti ridono, intanto, tutti festeggiano ed applaudono urlando. "Non è un´osteria", sono queste le parole con cui alle nove di sera Franco Marini chiude la seduta e la vita del governo. Resta da pulire la moquette.
Anche Romano Prodi ha sorriso molto in questa giornata infinitamente lunga in cui tutti ma proprio tutti gli hanno rimproverato di aver voluto portare il governo alla conta dei voti in Senato, perdente a priori viste le defezioni di Mastella e di Dini, solo per "testardaggine" (D´Onofrio, Udc), per "risolvere le beghe dentro il Partito democratico" (Matteoli, An), dal "nostro gruppo non ha mai avuto né un inciampo né un rischio, può fidarsi di noi" (Anna Finocchiaro, Unione, per chiarire la fedeltà del gruppo al capo del governo evidentemente in dubbio), per risentimento personale verso Veltroni. Ha sorriso ed ha scherzato molto a lungo col suo compagno di banco Tommaso Padoa Schioppa, ha raccolto i biglietti di Alfredo Biondi annuendo, ha scherzato con tutti a dissimulare un´amarezza evidente. Persino mentre Mastella declamava Neruda ("poeta comunista", ha opportunamente chiarito di lì a poco Milziade Caprilli di Rifondazione, segnalando l´ennesima smagliatura di senso) Prodi ha leggerissimamente chinato la testa e molto lievemente sorriso. Tutto, ma Neruda – "Lentamente muore" – non se lo aspettava.
Tuttavia l´ultimo giorno del governo Prodi, morto per cinque voti mancanti (156-161), passerà alla storia minore delle cronache parlamentari come quello in cui un senatore eletto nella maggioranza fu aggredito per aver detto di votare con la maggioranza medesima, fu per questo preso a sputi e a insulti cosicchè svenne. Da qui conviene dunque cominciare. Stefano Cusumano detto Nuccio ("Stefanuccio"), siciliano di Sciacca, è un senatore dell´Udeur di Mastella con qualche trascorso giudiziario che lui stesso nella dichiarazione di voto rammenta: "Sono uscito a testa alta da nove anni di processi, mi sono difeso in silenzio". E´ lì per dire che, contrariamente alle indicazioni di Mastella, voterà sì alla fiducia. Lo fa con una veemenza e con un afflato che fanno temere per la sua saluta in corso di orazione. Non appena conclude Tommaso Barbato, suo compagno di partito, si gli scaglia contro gridando "pezzo di merda" e fa il gesto di sputare. I commessi lo trattengono. Dal lato opposto dell´aula un senatore incongruamente munito di occhiali neri da sole (non ci sono finestre, nessun riverbero in aula) e di maglioncino rosso legato sulle spalle gli urla prima "mafioso e venduto", poi "checca squallida, frocio". Si tratta di Nino Strano, catanese, già protagonista dei fischi a Ciampi durante un precedente voto di fiducia a Prodi. Strano è uno dei pochissimi omosessuali dichiarati eletti in An. Franco Zeffirelli gli dedicò il suo "Storia di una capinera". Cusumano impallidisce. Qualcuno dai banchi di centrodestra strilla "hai fatto assumere il tuo segretario!", Oreste Tofani di An chiarisce che l´assunzione ("in un ente pubblico!") risale al 23 gennaio, l´altro ieri. Cusumano si accascia. Marini sospende la seduta, il senatore è steso sui banchi. Gli slacciano la cintura dei pantaloni, è svenuto, lo caricano su una barella di tela e lo portano via. Anche Mastella ha fatto sapere che non si sente tanto bene. Ha avuto un malore, annuncia, arriva col medico. Entra da solo in aula, invece. La direzione dell´Udeur nel breve volgere di un´ora, non si vede dove riunita, ha deciso la sospensione dal partito del colpevole: Cusumano, non Barbato. Cusumano per aver "tradito". Barbato lo sputante, poveretto, "era sotto stress" dice Mastella che prima di entrare in aula non smette di recitare la giaculatoria della sua "persecuzione giudiziaria": e la moglie, e i figli, e i suoceri e i consuoceri. Quando entra in aula è lirico, invece. Abbraccia Cossiga. Declama Neruda. "Lentamente muore chi non cambia abitudini, chi evita una passione, chi veste sempre gli stessi colori". Quattro minuti, tanto dura la poesia e la fine della residua speranza di Prodi nel frattempo minata, nell´ordine, da: 1) la nebulosa dichiarazione di voto contrario di Domenico Fisichella ("sono dimissionario, voterò se anche gli altri dimissionari lo fanno". Franca Rame capisce che si parla anche di lei, immediatamente telefona per chiarimenti). 2) Il no di Turigliatto applaudito con scherno e sollievo dalla destra. 3) Il "non rinnoviamo la fiducia" del diniano Scalera. I senatori eletti con Dini sono tre. Con una coreografica distribuzione di parti in commedia voteranno così: Dini no, D´Amico sì, Scalera astenuto.
La morte del governo è dunque già chiara verso le sei di sera. Arriva Massimo D´Alema reduce da un altro funerale, quello di Arrigo Boldrini. Parla Cossiga che annuncia il suo sì anche se "ad una crisi al cardiopalma presto o tardi segue l´ictus, poi l´emorragia cerebrale". Parla D´Onofrio, Udc: "Sta cercando di liberarsi del Partito democratico di cui è presidente?". Poi Caprilli di Rifondazione, un bell´intervento anche nella parte del "comunista Neruda", Vannino Chiti applaude. Finocchiaro, che in apertura aveva ricordato Guido Rossa (battimani in piedi di tutta l´assemblea, raro momento di dignità corale) accusa Mastella di "far cadere il governo per fatto politico personale". Mastella è già fuori dall´aula, però. Poco a poco tutti i ministri scemano. Molti di loro hanno appuntamenti serali in tv. Quando si passa alla conta dei voti l´unica sorpresa è l´assenza di Andreotti: aveva annunciato il sostegno, è andato a casa invece. Si vede che ha capito che non serviva restare. Anche Prodi del resto è già uscito. Quando Marini proclama il risultato i banchi del governo sono vuoti. Il presidente sfiduciato è a Palazzo Chigi, escono Rutelli e Gentiloni, gli autisti fuori sgommano. A Palazzo Madama resta il gruppo di An che urla di giubilo e stappa champagne. Prosecco, anzi.