Eccoci di nuovo per le strade del Paese, con i nostri colori, le nostre canzoni, le nostre vite segnate dall’esclusione sociale, dall’emarginazione da tutti i diritti sociali e civili riconosciuti alle cittadine e ai cittadini eterosessuali. Ma anche con le nostre felicità. Dalla nostra consapevolezza di aver cambiato la società e la cultura, ci viene la spinta a essere ciò che siamo: un soggetto politico e sociale riconosciuto, per questo vitale e scomodo.
Siamo di nuovo qui, a insistere ‘testardamente’, come afferma il documento del Pride di Roma, o perché, come recita ironicamente il Pride di Milano, Non togliamo il disturbo! (eventi in contemporanea il 7 giugno).
Perché cambiano le maggioranze, avvengono terremoti politici, ma non una delle nostre rivendicazioni è stata accolta. Non parliamo di questioni ideali, di tesi intellettuali, ma della carne viva della nostra gente, che continua a essere uccisa, violentata, aggredita, discriminata senza che si sia riusciti a portare a casa, nemmeno nei due anni del governo Prodi, una leggina approvata in tutti gli Stati europei di tutela da ogni forma di discriminazione. Per non parlare della triste storia infinita della clandestinità in cui continuano a dover vivere i nostri progetti d’amore, le nostre famiglie; quelle famiglie che nulla tolgono a quelle tradizionali e che sono invece la rappresentazione di una società moderna, non percepita da troppi dirigenti delle varie sinistre.
E dobbiamo dirlo con franchezza: solo una politica cieca e sorda ha potuto impedire che persino i Dico (provvedimento orrendo, e offensivo) vedessero la luce. A Bologna il 28 giugno il Pride nazionale esteriorizzerà la nostra esasperazione, che come sempre sarà interpretata in chiave ironica e auto ironica, perché continuiamo a pensare, che solo una gran risata seppellirà tutti gli omofobi di questo paese (e il maschile qui ci sta bene!).
Purtroppo però il clima è davvero pesante, la caccia al diverso, l’incitamento all’odio sono i segni più devastanti di una crisi profonda della società italiana. All’emergenza economica e finanziaria la destra ha saputo collegare la frammentazione sociale e culturale. Il dilagare della paura per il diverso, dal Rom alla trans, dalla lesbica all’adolescente fragile, ci deve interrogare. Non è possibile affrontare questo tsunami valoriale, stando ognuno nel proprio ambito. Tocca a noi, movimenti sociali reali, che sanno che ora sarà tutto più difficile, restituire una speranza di cambiamento.
Dalle donne, dagli e dalle omosessuali, dalle persone transgender, dai movimenti di promozione delle culture, della difesa ambientale, può rinascere quella speranza che sembra oggi persa. Bisogna saper osare, ricercare quei ponti, che fino a oggi non è stato possibile costruire, tra movimenti e realtà sociali che non hanno mai dialogato. Ci sarà modo di parlarne, ora è mio dovere ricordarvi che inizia la stagione dei Pride e vi aspettiamo a Milano, Roma, Biella, Catania, ma soprattutto a Bologna, per il 28 giugno!
Info: www.arcigay.it