Il Garante della Privacy abbatte il muro dell’outing

  

È indubbio che il pronunciamento del Garante sulla Privacy che ha dato torto a Beppe Convertini, il cosidetto "fidanzatino d’Italia", nella querelle contro il portale internet Gay.it, potrebbe finalmente permettere di mettere alla berlina tutti i supposti macho eterosessuali famosi, che invece velano una vita privata ben diversa.

L’outing è uno strumento politico utilizzato dal movimento omosessuale in alcuni paesi occidentali, per smascherare soprattutto politici, preti, personaggi noti ultra-conservatori omofobi.

Il caso italiano è ben più leggero e riguarda una persona del mondo dello spettacolo che si è intestardita a negare l’evidenza, documentata con diverse foto.

Non ci sfugge però, che questa vicenda potrebbe finalmente sollecitare i mass media italiani non ad aprire un nuovo ed inutile filone di gossip casareccio, ma di documentare come una schiera di personaggi pubblici tutti i giorni attaccano e discriminano le persone LGBT e, poi nascondono relazioni ed amori omosessuali.

Questa vicenda superbamente condotta dal portale Gay.it, rivela che anche in Italia c’è speranza e che si possono intraprendere azioni nuove e finalmente liberare l’Italia dalla cappa soffocante del bugiardo conformismo.

Aurelio Mancuso – presidente nazionale Arcigay

LA DIFFERENZA TRA OUTING E COMING OUT

Il termine outing, dall’avverbio inglese "Out" ("fuori") è stato sostenuto (e soprattutto praticato nei fatti) negli Stati Uniti, a partire dal 1990 circa, come arma politica di difesa contro l’ipocrisia dei gay conservatori che, per allontanare da sé i sospetti di omosessualità, si rivelavano particolarmente fanatici nella deprecazione e addirittura nella persecuzione pubblica dell’omosessualità.

In Italia l’outing è spesso confuso con l’espressione coming out ("uscire allo scoperto"), che indica invece l’atto di qualcuno che dichiara volontariamente – e non in modo forzato, quindi – di essere omosessuale.

Il movimento LGBT italiano non ha mai fatto uso dell’outing contro l’ipocrisia soprattutto per motivi legali, dato che in base alla legge potrebbe configurarsi il reato di diffamazione. Il giudice valuta solo se l’affermazione sia diffamante in sé e per sé, indipendentemente dal fatto che sia vera o no, a meno che il querelante consenta "ampia facoltà di prova" come in questo caso.

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